L'eredità di Pitagora
Il nome dello studioso che fondò la sua scuola a Crotone è indissolubilmente associato al famoso 'teorema’, ma il suo contributo spazia in molte altre sfere del sapere: dalla filosofia all’astronomia, fino alla musica. E all’invenzione del 'monocordo’, strumento musicale e scientifico della storia, riproposto in 'Agorà' una mostra divulgativa del Cnr
La Calabria ricorda con un parco letterario a Crotone la figura intellettuale di Pitagora, lo studioso nato a Samo nel 575 a.C. e che proprio nella città della Magna Grecia fondò la sua scuola. Un modo per far conoscere al vasto pubblico la sua eredità e le grandi innovazioni di cui fu promotore in varie discipline.
Se, infatti, per gli studenti il nome di Pitagora è legato al famigerato 'teorema’ - che tra l’altro era già noto ai Cinesi e con ogni probabilità anche a Egizi e Babilonesi - l’insieme di dottrine e frammenti giunti fino a noi testimoniano importanti contributi in matematica, ma anche in campo astronomico, cosmologico, filosofico e musicale. Di quest’ultimo aspetto è un esempio il 'monocordo’, una sorta di arcaica chitarra costituita da una sola corda, che leggenda vuole sia stata inventata proprio da Pitagora per indagare le relazioni tra accordi musicali e frazioni.
Lo strumento, ritenuto il primo esperimento scientifico della storia, è stato ricostruito da un team di progettisti dell’Ufficio comunicazione informazione e Urp del Cnr di Genova in occasione dell’allestimento di 'Agorà’, mostra interattiva dedicata allo sviluppo del pensiero scientifico-tecnologico nell’antichità, con particolare attenzione al contributo dei grandi scienziati e filosofi dell’area mediterranea.
“Si narra che un giorno, mentre passeggiava, Pitagora sentì un fabbro che, picchiando su un’incudine e usando martelli diversi, produceva suoni differenti”, spiega Luca Balletti dell’Urp-Cnr, tra i curatori della mostra. “Si fermò a contemplare i ferri e notò che la differenza di peso dei martelli poteva essere collegata al suono emesso. Giungendo al suo laboratorio provò ad applicare questo concetto a uno strumento molto semplice, costituito da una sola corda tirata su una struttura in legno, e a scoprire così i rapporti numerici legati ai vari intervalli musicali. In pratica, dividendo la corda dello strumento in due parti uguali, Pitagora notò che la nota risultante era di un'ottava più alta della nota prodotta dalla corda intera: metà corda vibrava due volte più velocemente della corda intera. Se poi la stessa corda veniva divisa in tre parti uguali, il rapporto era di 3 a 1, e così via. Tali rapporti numerici, come 2:1, 3:2, 4:3, vennero denominati da Pitagora 'archetipi della forma’, dato che erano dimostrazioni dell'armonia e dell'equilibrio del mondo”.
Per lo studioso il monocordo era qualcosa di più di un semplice strumento musicale: era la chiave per capire la 'musica celeste’ che regola l’universo. “Pitagora soleva dire: 'Studiate il monocordo e scoprirete i segreti dell'universo’. E applicò le leggi sugli intervalli armonici a tutti i fenomeni naturali, dimostrando la relazione armonica insita in elementi, pianeti e costellazioni”, prosegue Balletti. “Parlò anche di 'musica delle sfere’, riferendosi al 'suono’ prodotto dalla rotazione dei corpi planetari che si spostavano lungo le loro orbite, un suono che poteva essere percepito da chi era stato educato con coscienza iniziatica ad ascoltarlo. La sua idea di usare la matematica come linguaggio per descrivere la natura è stata un punto di riferimento nello sviluppo della scienza moderna: dopo di lui, per secoli, gli scienziati hanno fatto ipotesi sulla relazione tra il movimento di corpi celesti e il suono. Keplero stesso utilizzò il principio del monocordo per studiare l'ellittica orbitale dei pianeti intorno al sole”.
L’exhibit riprodotto nella mostra del Cnr, che a oggi è stata allestita nelle città di Genova e Brescia e in Cina, nell’ambito dell’edizione 2011 dell’International Science & Art Exhibition di Shanghai, permette ai visitatori di rivivere l’esperienza originale di Pitagora. “Ma non aspettatevi suoni celestiali”, avverte Balletti. “La scala diatonica di Pitagora, infatti, rispettava perfettamente intervalli e grandezze matematiche ma produce una scala che al nostro orecchio di oggi, abituato alle scale 'temperate’ accordate in tempi successivi, appare del tutto stonata”.
Francesca Gorini
Fonte: Luca Balletti, Ufficio Comunicazione e Urp del Cnr, tel. 010/6598787