Focus: Terra

Città sostenibili: un futuro verde per la Terra

Auto elettrica
di Silvia Perrella

Le città sostenibili sono aree urbane progettate per ridurre l'impatto ambientale, migliorare la qualità della vita e promuovere un uso responsabile delle risorse. Si concentrano su soluzioni ecologiche come l'energia rinnovabile, l'integrazione di trasporti pubblici green, lo sviluppo di infrastrutture eco-compatibili e la riduzione delle emissioni di CO2. Bruno De Cinti dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Cnr e Carlo Beatrice dell’Istituto di scienze e tecnologie per l'energia e la mobilità sostenibili del Cnr ci aiutano a capire come funzionano queste nuove realtà, il cui obiettivo è quello di creare uno spazio urbano che sia vivibile, economico e rispettoso della natura per le generazioni future

Pubblicato il

Il nostro Pianeta è un ecosistema complesso in cui ogni elemento è interconnesso. La Giornata mondiale della Terra, che si celebra il 22 aprile, è un’occasione per riflettere sull’ambiente e sull'importanza di tutelarlo e di investire in città sostenibili, un’azione importante per migliorare la qualità della vita e per contribuire alla protezione del Pianeta, promuovendo modelli di sviluppo che rispettino l'ecosistema e favoriscano un futuro più equilibrato per le generazioni future.

A questo proposito, un ruolo importante è svolto dalle foreste urbane, aree verdi, come boschi e giardini, integrate all'interno delle città, che offrono numerosi benefici, tra cui la purificazione dell'aria, la regolazione della temperatura e la promozione della biodiversità. In un contesto di città sostenibili, le foreste urbane contribuiscono a ridurre l'inquinamento, migliorare il benessere dei cittadini e affrontare i cambiamenti climatici, creando spazi più sani e vivibili. “Nonostante le nostre città siano a tutti gli effetti ambienti fortemente antropizzati, spesso con limitati elementi di naturalità, flora e fauna riescono ugualmente a insediarsi e affermarsi. Sono sufficienti piccole superfici verdi, spazi abbandonati o ambienti di origine artificiale opportunamente gestiti, a creare microhabitat in grado di raggiungere inaspettati livelli di biodiversità. La biodiversità urbana aumenta la complessità e contestualmente la stabilità della cosiddetta ‘foresta urbana’, la quale fornisce anche molti altri servizi ecosistemici”, afferma Bruno De Cinti dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri (Iret) del Cnr.

"La biodiversità urbana non può prescindere dalla presenza dei grandi alberi. Questi, crescendo e invecchiando, generano una grande varietà di micro-habitat, ma provocano anche preoccupazioni legate alla sicurezza dei luoghi”, prosegue l’esperto. “Quando un albero cade causa spesso, come irrazionale conseguenza, l’abbattimento di molti altri alberi di caratteristiche simili, senza che siano indagati i reali motivi per cui l’evento è accaduto. Per quanto riguarda i grandi alberi, la loro stabilità viene tradizionalmente monitorata visivamente o strumentalmente pianta per pianta e oggi, grazie alla tecnologia, tale processo può essere automatizzato. Il Cnr-Iret, in collaborazione con l’Università degli studi della Tuscia e la sua società spin-off Terrasystem S.r.l., sta sviluppando sensori in grado di memorizzare il movimento degli alberi in relazione all’intensità del vento, individuare il verificarsi di anomalie e inviare early-alert”, precisa De Cinti.

Città sostenibile

Non si può parlare di città sostenibili senza considerare i cosiddetti “trasporti green", ossia sistemi che utilizzano tecnologie ecologiche per ridurre l'impatto ambientale, come autobus elettrici, tram a energia solare o metropolitane a basse emissioni. "Il Green Deal europeo vuole rendere l'Unione Europea sostenibile e climaticamente neutrale entro il 2050, e per raggiungere questo traguardo sono state messe in atto diverse misure nei settori chiave agricoltura, energia e mobilità. Sebbene il settore trasporti sia uno dei principali contributori alle emissioni climalteranti (a livello europeo circa il 25-30% delle emissioni globali) è anche quello più dinamico e complesso da evolvere verso la sostenibilità ambientale e il percorso di transizione si sta rivelando particolarmente sfidante rispetto a quanto stimato all’epoca del lancio del Green Deal a causa di vari fattori. La forte dipendenza dai combustibili fossili, ad esempio, richiede un percorso di abbandono molto più lungo di quanto previsto, senza contare che lo svecchiamento del parco circolante vetusto sta progressivamente rallentando negli anni (quello dell’Italia e tra i più vecchi dell’Europa)”, spiega Carlo Beatrice dell’Istituto di scienze e tecnologie per l'energia e la mobilità sostenibili (Stems) del Cnr. “La transizione, inoltre, è strettamente legata alle abitudini e ai comportamenti individuali. Cambiare le abitudini di trasporto, come passare dall'auto privata a motore termico all’auto elettrica e soprattutto ai mezzi pubblici (Tpl) o alla bicicletta, richiede un cambiamento culturale e sociale significativo, soprattutto per il Tpl”.

Le auto elettriche, che ormai da qualche anno circolano nelle nostre città, sono davvero a impatto zero? E quali sono le loro eventuali criticità? Rappresentano il futuro oppure esistono valide alternative alla mobilità sostenibile? “I veicoli elettrici rappresentano una soluzione fondamentale per un trasporto urbano più pulito, grazie all'assenza di emissioni nocive e all'elevata efficienza energetica, ideali per brevi distanze. Tuttavia, è cruciale riconoscere che il loro impatto ambientale non è nullo. La sfida principale risiede nella sostenibilità del ciclo produttivo, in particolare delle batterie, che richiede un elevato consumo energetico e l'estrazione di materiali con un impatto ambientale significativo. La transizione verso una mobilità sostenibile per i veicoli pesanti richiederà probabilmente l'impiego di tecnologie diverse dall'elettrico puro, come i biocarburanti avanzati e l'idrogeno. Tuttavia, la velocità di questa transizione è strettamente legata alla nostra capacità di risolvere le complesse problematiche tecniche ed economiche che queste soluzioni comportano”, continua l’esperto.

Lo sviluppo e la diffusione dei sistemi di trasporto intelligenti cooperativi (C-Its), rappresenta un'evoluzione fondamentale nel campo della mobilità, con un potenziale trasformativo che tocca diversi aspetti cruciali per il futuro dei trasporti e delle nostre città. “L'implementazione Its si configura come fattore di progresso nei sistemi di mobilità, con benefici tangibili in termini di efficienza e sicurezza (attraverso la riduzione degli incidenti nel caso del trasporto su strada, in linea con la strategia ‘Vision Zero’ dell’Europa: zero morti al 2050), ottimizzazione dei flussi energetici, mitigazione delle emissioni inquinanti e dell'impatto acustico, nonché ampliamento dell'accessibilità alla mobilità individuale e delle merci, con un'attenzione specifica all'inclusione sociale, con riferimento alla generazione Z e alla popolazione anziana. Si evidenzia, altresì, come la domanda di tali tecnologie sia destinata a generare nuove opportunità occupazionali per l'acquisizione di competenze digitali specialistiche e l'implementazione di modelli di business innovativi”, chiarisce Beatrice.

Nonostante le sfide ancora presenti, il potenziale trasformativo della mobilità intelligente è comunque enorme e rappresenta una delle principali direzioni per un trasporto più efficiente, sicuro, sostenibile e accessibile. “È necessario lo sviluppo di diverse tecnologie chiave, che possono essere raggruppate in quattro ambiti principali: tecnologie di base per la guida autonoma (sensoristica avanzata, software di controllo ed AI, geolocalizzazione ad alta precisione), tecnologie per la connettività (comunicazioni Vehicle-to-Everything -V2X, wireless 5G, Cloud-V2X, ecc.), tecnologie per la cooperazione (scambio di informazioni tra veicoli, infrastrutture stradali ecc.), tecnologie per l'infrastruttura (smart roads, centri di controllo, stazioni di ricarica/rifornimento automatizzati, ecc.). Oltre a ciò, sarà fondamentale considerare anche gli aspetti normativi, sociali ed etici legati alla diffusione dei veicoli autonomi”, conclude il ricercatore del Cnr-Stems.

Fonte: Bruno De Cinti, Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri, bruno.decinti@cnr.it; Carlo Beatrice Istituto di scienze e tecnologie per l'energia e la mobilità sostenibili, carlo.beatrice@stems.cnr.it