Saggi: Meno

Beethoven e i suoi tempi "lenti"

Copertina del volume Percezione e creazione musicale
di Alice Mado Proverbio

"Percezione e creazione musicale" (Zanichelli) di Alice Mado Proverbio ripercorre le parabole esistenziali di 17 grandi compositori e virtuosi da un punto di vista neuropatologico. Dall’emisfero destro di Ravel al glioma di Gershwin fino ai deliri di Schumann, una riflessione sulla relazione tra genio musicale e follia. Su gentile concessione dell'editore, riportiamo uno stralcio

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Schindler in un articolo del 1854 pubblicato su una rivista locale, riferisce che la ditta di cronometri Mälzel aveva immesso nel mercato un primo metronomo più lento e voluminoso, sul quale Beethoven avrebbe stabilito la maggior parte delle indicazioni metronomiche fino al 1817, e successivamente un modello più piccolo, che a suo dire avrebbe scandito il tempo più rapidamente (speriamo per non coprire le sue mancanze come assistente). Non solo lo stesso numero indicato sull’asta dei due non corrispondeva allo stesso tempo, ma il congegno più piccolo [cioè il più nuovo] dava in genere un battito [a parità di tacca] più veloce. Secondo questa tesi il primo metronomo di Mälzel (1815), a parità di tacca, avrebbe scandito una pulsazione più lenta dei modelli successivi; Beethoven avrebbe quindi inteso tempi più lenti rispetto a ciò che apparentemente indicano i suoi metronomi.

Studi meccanici successivi (Nottebohm, 1872) hanno poi dimostrato che questa interpretazione sarebbe del tutto infondata, in quanto i due modelli della Mälzel sarebbero stati identici sotto il profilo della prestazione. Rimane comunque il dato di fatto che molte delle indicazioni metronomiche di Beethoven appaiono estremamente rapide a esecutori e direttori d’orchestra di ogni epoca. Si tratta di un errore di lettura del metronomo o va ricondotto al carattere energico e irascibile del compositore? Cercheremo di capirlo in questo paragrafo.

Un interessante studio di Martin-Castro e Ucar (2020, pubblicazione curata dall’autrice del presente volume) ha esaminato la meccanica del metronomo della Mälzel, simile a quello utilizzato da Beethoven, per stabilire se l’ipotesi di Schindler fosse infondata e per verificare se ci fossero problemi di lettura che potessero dare luogo a letture ambigue. Inoltre, sono stati analizzati per la prima volta i tempi reali di esecuzione di 36 sinfonie complete di Beethoven da parte di molteplici direttori, per verificare se questi ultimi seguissero le indicazioni o tendessero a rallentarle, cosa che indicherebbe che non sono genuinamente convinti che le indicazioni riflettano la volontà del compositore. Negli anni Ottanta, infatti, il movimento a favore di performance storicamente informate (Historically Informed Performances o HIP), costituitosi con l’"intento di eseguire la musica alla maniera dell’epoca musicale in cui è stata concepita", ha incolpato il Romanticismo e le scuole di direzione d’orchestra post-wagneriane di aver rallentato troppo le esecuzioni della musica di Beethoven (Young, 1991). Altri hanno contestato l’autenticità e la validità soggettiva delle indicazioni metronomiche, sostenendo che queste non trasmetterebbero le intenzioni originali del compositore, esaminando anche fonti documentarie per verificare possibili errori di copiatura.

Il metronomo consiste in due masse attaccate a un’asta: la massa più pesante rimane fissa all’estremità inferiore (nascosta alla vista); la massa superiore, il pesetto più leggero visibile esternamente, può essere invece alzato o abbassato sull’asticella per cambiarne la frequenza dell’oscillazione. In questo modo, si può impostare il tempo desiderato e determinarne il tempo in bpm (battiti per minuto), leggendo i numeretti sulla scala. L’asta oscillante è fissata alla struttura del metronomo mentre, per compensare l’attrito, una ruota di scappamento a molla caricabile a mano, che produce anche i caratteristici ticchettii udibili del metronomo, viene aggiunta al sistema come forza d’impulso.

Sulle base delle foto e dei brevetti originali disponibili del metronomo, Martin-Castro e Ucar (2020) hanno sviluppato un modello matematico del metronomo basato su un doppio pendolo, perfezionato con tre tipi di correzioni per prendere in considerazione l’ampiezza dell’oscillazione del metronomo, l’attrito del suo meccanismo, la forza dell’impulso e, soprattutto, la massa della sua asta, che era stata trascurata in studi precedenti.

Sulla base dei calcoli è stato quindi ricostruito un reale metronomo Mälzel, il quale è stato utilizzato per tutte le possibili prove di attrito (come già Talbot, 1971), distorsioni, mancanza di lubrificazione, rallentamenti e difetti meccanici possibili. Non è emersa nessuna perturbazione che possa spiegare un rallentamento dei tempi, se non un misallineamento della scala rispetto al pesetto, oppure un problema di lettura. In dettaglio, l’unica “perturbazione” che farebbe sì che il metronomo scorra un po’ più lentamente in modo omogeneo, come suggeriscono le direzioni tardo romantiche, è uno spostamento della scala rispetto al pesetto/asticella di circa 16 mm e il pesetto era alto (guarda caso) 15 mm, una distanza pari a 12 battiti al minuto (bpm) sulla scala del tempo. Nella figura 10.4 è visibile il pesetto montato sull’asticella del metronomo di Beethoven, che indica in alto 108 e in basso 120, dando quindi luogo a una lettura ambigua. L’immagine ingrandita dell’iscrizione autografa per mano del compositore sulla prima pagina della nona sinfonia (Beethoven, 1822), rivela proprio questo dubbio del compositore: «108 oder 120 Mälzel», dove oder significa “o” in tedesco, e “Mälzel” si riferisce al metronomo di Mälzel. Alcuni studiosi hanno interpretato questo testo come prova dello stato mentale deteriorato o indeciso di Beethoven (Beck, 1954). Secondo Martin-Castro e Ucar (2020), questa innocente annotazione costituisce solo la prova scritta che, dopo anni di utilizzo del metronomo, ci fu un momento, almeno, in cui Beethoven non era realmente sicuro di come leggerlo. In alternativa, è possibile che il suo aiutante fosse incompetente o incapace. Forse Beethoven era confuso a volte, per la sua mancanza di esperienza nell’uso del dispositivo. O forse, era confusa la persona che effettivamente usava il metronomo mentre il compositore provava il pezzo al piano.

Sappiamo per esempio che fu suo nipote, Karl, ad annotare i tempi della nona sinfonia (Stadlen, 1967).

La parte più interessante dello studio di Martin-Castro e Ucar (2020) riguarda l’analisi dei tempi di direzione reali delle sinfonie di Beethoven, così come da registrazioni sinfoniche su CD.

Gli autori hanno analizzato le registrazioni complete delle sinfonie di Beethoven eseguite da 36 diversi direttori d’orchestra di diversi stili e periodi di tempo, che vanno dagli anni Quaranta agli anni Duemiladieci. Sono stati misurati “i tempi” di esecuzione di queste registrazioni in modo automatico attraverso algoritmi dedicati (Percival e Tzanetakis, 2013). I 36 direttori d’orchestra sono stati suddivisi in tre sottogruppi e classificati come “storicamente informati” (HIP, da Historically Informed Performance) sotto l’influenza HIP, e infine romantici. I direttori includevano per esempio: Barenboim, Bernstein, Böhm, Chailly, Davis, Klemperer, Muti, Solti, Toscanini, Walter (per i dettagli si veda la figura 10.5). L’analisi dei dati mostra che i tempi seguiti da tutti i direttori d’orchestra presi in considerazione sono sempre mediamente più lenti delle indicazioni di Beethoven: i direttori HIP (in rosso) o influenzati da HIP (in verde) sono autori di 12 delle 15 interpretazioni più veloci, ma purtuttavia più lenti di quanto indicato da Beethoven.

Questa deviazione appare sistematica e interessa omogeneamente sia i tempi veloci (parte superiore della figura) sia i tempi lenti (parte inferiore). Questo supporta l’ipotesi di un tempo percettivo sottostante, particolarmente evidente nelle esecuzioni romantiche, che influisce involontariamente anche sugli esecutori storicamente informati, nonostante i loro sforzi coscienti di seguire le indicazioni di Beethoven. Secondo Martin-Castro e Ucar (2020), questa deviazione omogenea tra i tempi reali di esecuzione e le indicazioni metronomiche di Beethoven sarebbe da imputare o a un problema di lettura del suo assistente, oppure a un problema della scala, spostata rispetto all’asta di circa 16 mm (come è stato ricostruito matematicamente in questo studio). Ciò potrebbe accadere se, per qualche motivo, il suo meccanismo fosse caduto all’interno della scatola (quando è stato portato in riparazione, per esempio) o se la scala fosse stata mal posizionata durante il suo montaggio. Questo studio non è risolutivo della questione ma almeno ha appurato che tutti i direttori sono in realtà restii a seguire pedissequamente le indicazioni rinvenute e si fidano maggiormente della propria sensibilità.

Titolo:  Percezione e creazione musicale
Categoria: Saggi
Autore/i: Alice Mado Proverbio
Editore:  Zanichelli
Pagine: 224
Prezzo: 28,00

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