Nidi di plastica
Le sule del Mediterraneo usano anche questo materiale: un serio pericolo per la sopravvivenza dei piccoli di questi uccelli marini. È quanto emerge da uno studio italo-francese cui ha partecipato l'Istituto di scienze marine del Cnr
Le sule sono uccelli pelagici diffusi in tutte le coste atlantiche: di recente sono tornati a popolare anche le coste mediterranee, in particolare il Sud della Francia e la costa tirrenica del Nord Italia. Da alcuni anni, tuttavia, è stato notato che il materiale utilizzato per la costruzione dei loro nidi è prevalentemente di origine antropogenica e, soprattutto, ricco di plastiche. Un aspetto che mette a rischio la sopravvivenza dei piccoli e, conseguentemente, dell'intera specie. Il dato deriva dall'osservazione di due siti di nidificazione – in Italia a Portovenere (Sp) e in Francia a Carry-le-Rouet, a 30 Km da Marsiglia - effettuata da un team di ricerca italo-francese, al quale ha preso parte l'Istituto di scienze marine (Ismar) del Cnr di Lerici (La Spezia), in collaborazione con il Centro ricerca Enea di Santa Teresa (Sp).
“I nidi delle coppie prese in esame presentano già di per sé una caratteristica particolare: anziché essere costruiti su scogliere, come fa la maggior parte delle sule atlantiche, sono realizzati su strutture artificiali come moli, pontili galleggianti e barche”, rileva la ricercatrice Silvia Merlino del Cnr-Ismar. “Abbiamo quindi confrontato il materiale usato per la nidificazione e visto che ciò che i due nidi hanno in comune è la grande quantità di oggetti di plastica, in prevalenza detriti marini antropogenici. I materiali antropogenici sono risultati dannosi al punto di provocare la morte di alcuni giovani esemplari (in gergo ornitologico pulli) o di ritardare l'involo, cioè il momento dell'abbandono del nido. Ma effetti negativi sono stati riscontrati anche sugli adulti, come ad esempio oggetti di plastica impigliati nel becco degli esemplari studiati”.
Le plastiche rinvenute sono state ulteriormente analizzate tramite tecniche di spettroscopia, grazie alla collaborazione dei ricercatori del centro ricerche Enea Casaccia di Roma, e il nido di Portovenere è risultato contenere un'alta percentuale di frammenti di polipropilene (Pp) e polietilene (Pe) provenienti da reti di mitilicoltura, residuo di un'attività economica tipica di tutto il golfo spezino. Il nido francese presenta invece numerosi frammenti di vetroresina e una più ampia varietà di oggetti in plastica, con presenza anche di nylon e poliestere.
“Monitoraggi effettuati nell'area di Portovenere dal 2013 al 2016 mostrano che la percentuale di plastica sulle spiagge intorno al sito di nidificazione è molto alta, circa il 75-80% di tutti i materiali trovati; di questi, circa il 15% è costituito da retine della mitilicoltura”, aggiunge la ricercatrice. “Nella costruzione del nido, le sule sembrano preferire oggetti di materiale plastico a quelli naturali forse proprio per la loro abbondanza e facile reperibilità, ma questo fenomeno comporta rischi sempre maggiori per la sopravvivenza dell'intera popolazione, già di per sé esigua, che ha colonizzato le nostre coste. Una maggior attenzione alle politiche locali di smaltimento rifiuti potrebbe senz'altro contribuire a migliorare la situazione”.
Allo studio hanno collaborato Lega italiana protezione uccelli (Lipu), Ligue pour la protection des oiseaux (Lpo-Paca, region Provence-Alpes-Côte-d'Azur, Francia) e alcuni ricercatori dell'Istituto statale per la prevenzione e la ricerca ambientale (Ispra) di Ozzano Taro (Bo). Oltre a monitorare negli ultimi anni le coppie di sule durante la loro nidificazione, il team ha tentato di favorire la ricollocazione dei nidi dagli ambienti portuali a scogliere prossime ai siti scelti dagli uccelli stessi, senza esito. Anche questa insolita abitudine sembra difficile da eliminare negli uccelli.
Fonte: Silvia Merlino , Istituto di scienze marine - sede secondaria di Lerici (La Spezia), tel. 0187/1788902, email silvia.merlino@sp.ismar.cnr.it