Focus: Volare

Come imparare a volare dagli uccelli

Uccello
di Beatrice Rapisarda

L’osservazione del volo degli uccelli ha sempre affascinato l’essere umano. Ma come fanno questi animali a volare con tanta grazia ed efficienza? E come siamo riusciti a imitarli con le moderne tute alari? Ne abbiamo parlato con Andrea Viviano dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Cnr

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Gli uccelli rappresentano il culmine di milioni di anni di evoluzione, che li ha portati a sviluppare strutture anatomiche perfettamente adattate al volo. Le loro ossa, leggere ma resistenti, sono formate da una struttura cava, attraversata da microscopici trabecolati che ne riducono il peso senza comprometterne la robustezza. Le penne, disposte in modo da creare un’efficace superficie aerodinamica, sono dotate di un sistema di barbe e barbule che si agganciano come una zip, garantendo compattezza e flessibilità. Le remiganti, in particolare, svolgono un ruolo essenziale: funzionano come vere e proprie pale che spingono l'aria. Il “motore” del volo sono i muscoli pettorali, straordinariamente potenti, che generano la spinta necessaria per il decollo e per volare dove il movimento attivo delle ali richiede un notevole sforzo muscolare. Questi muscoli possono costituire fino al 30% del peso totale dell'uccello.

“Il volo degli uccelli è una dimostrazione perfetta dei principi della fisica in azione. Quattro forze entrano in gioco: la portanza, la spinta, la resistenza e la forza di gravità”, spiega Andrea Viviano dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri (Iret) del Consiglio nazionale delle ricerche. “La portanza, generata dalla particolare conformazione dell’ala, permette all’uccello di sollevarsi sfruttando la differenza di pressione tra la parte superiore e inferiore dell’ala: quando l'aria incontra l'ala, si divide in due flussi, quello superiore si muove più velocemente di quello inferiore, creando una differenza di pressione che ‘risucchia’ l'ala verso l'alto. La spinta è la forza che permette di avanzare ed è generata dal battito delle ali, che spingono l'aria all'indietro con un principio simile a quello della propulsione in acqua. La gravità agisce costantemente contro il volo, ma gli adattamenti evolutivi degli uccelli, tra cui ossa cave e sacchi aeriferi, permettono loro di contrastarla in modo efficiente. Infine, la resistenza aerodinamica si oppone al movimento ed è minimizzata grazie alla forma aerodinamica del corpo. Gli uccelli sono maestri nel bilanciare queste forze, adattando continuamente l'orientamento delle ali per mantenere il controllo del volo”.

Lo studio della dinamica del volo ha ispirato numerose innovazioni nel campo aeronautico e sportivo. In particolare, lo studio del volo planato ha ispirato la progettazione della wingsuit, la tuta alare. “Questa tuta rappresenta un esempio di come la comprensione dei principi aerodinamici naturali possa essere applicata alla tecnologia: indossando una wingsuit, il corpo umano assume un profilo aerodinamico che consente la planata, con il tessuto tecnico che si gonfia per creare superfici portanti simili alle ali degli uccelli”, afferma il ricercatore. “Tuttavia, a differenza degli uccelli, un pilota in wingsuit non è in grado di generare una spinta attiva e può solo trasformare l’altitudine in distanza percorsa”.

Wingsuit

Il volo planato non è però un'esclusiva degli uccelli. Alcuni mammiferi hanno sviluppato adattamenti simili per sfruttare le correnti d'aria e muoversi tra gli alberi. La loro morfologia ha fornito spunti preziosi per lo sviluppo delle tute alari. “Gli scoiattoli volanti, ad esempio, possiedono una membrana di pelle elastica chiamata patagio, che si estende dai polsi alle caviglie. Quando aprono le zampe, questa membrana si tende come un paracadute, permettendo loro di planare per oltre 100 metri. Altri esempi sono il colugo, noto anche come lemure volante, e i petauri dello zucchero, piccoli marsupiali australiani esperti nell'arte del volo planato. A differenza degli uccelli, questi mammiferi non possono generare una spinta attiva, quindi il loro volo è in realtà una planata controllata”, continua Viviano.

Sono molti gli studi sulla biomeccanica del volo, orientati anche a migliorare il volo aerodinamico di strumenti tecnologici come aerei pilotati da remoto o droni. Diversi di queste ricerche utilizzano le gallerie del vento, che consentono ai ricercatori di osservare l'animale in volo in condizioni ambientali controllate e monitorate grazie a delle telecamere ad alta velocità che registrano i dettagli dei movimenti delle ali.

La ricerca sul volo degli uccelli si avvale anche di tecnologie avanzate di tracciamento per analizzare il comportamento migratorio e le strategie di volo in natura, studi utili all’ingegneria per comprenderne i meccanismi e riprodurne i principi e la meccanica. “A tal riguardo, al Cnr-Iret siamo attivamente coinvolti nello studio della migrazione di rapaci come il falco pescatore e dell’albanella minore nonché di altre specie di uccelli marini come la gazza minore. Grazie all’impiego di dispositivi Gps-Gsm, possiamo monitorare in tempo reale le traiettorie degli uccelli migratori, analizzando come queste specie sfruttino i venti e le correnti ascensionali - termiche - per ottimizzare il dispendio energetico durante le lunghe traversate, che possono estendersi per migliaia di chilometri su scala intercontinentale” aggiunge Flavio Monti del Cnr-Iret.

“L’adattamento al volo non si limita alla morfologia alare e alla spinta muscolare, ma comprende anche la capacità di rispondere alle condizioni atmosferiche, comprese quelle estreme, come dimostrano alcune ricerche condotte dal nostro Istituto. I risultati di questi studi hanno anche un’applicazione pratica: lo sviluppo di sistemi intelligenti per il controllo del volo umano assistito. Studi simili in strutture sperimentali hanno già portato a miglioramenti significativi anche nella progettazione delle wingsuit, con l’introduzione di tessuti più leggeri e aerodinamici e di sistemi di controllo avanzati che permettono ai piloti una maggiore precisione nelle manovre”, precisa Viviano, che conclude: “L’integrazione di nuove tecnologie, come materiali adattivi e propulsori miniaturizzati, potrebbe avvicinare sempre di più l’uomo al sogno ancestrale di volare in modo indipendente, non solo planando, ma anche guadagnando quota come i veri padroni del cielo”.

Fonte: Andrea Viviano, Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri, andrea.viviano@iret.cnr.it