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I terremoti tra geologia e mito

geologia
di Alessandro Frandi

I popoli antichi hanno elaborato narrazioni anche per cercare di rispondere a domande fondamentali per l'uomo, tra cui quelle sulla natura. La mitologia spesso descrive l'origine di una civiltà, di una religione, di usi e costumi di un popolo, oppure rielabora eventi del passato. Si possono anche riconoscere eventi geologici del passato attraverso l'interpretazione di questi racconti? Ce lo spiega Luigi Piccardi, geologo dell'Istituto di geoscienze e georisorse del Cnr

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Gli eventi catastrofici naturali hanno in genere tempi di ricorrenza lunghi, dell'ordine di secoli, e uno stesso evento può risultare catastrofico o meno a seconda del momento e del luogo in cui si verifica. Società insediatesi in aree soggette a rischi possono quindi trovarsi impreparate di fronte a simili eventi; la memoria di questi eventi distruttivi si perde col tempo. Per esempio, se il Vesuvio avesse eruttato con maggiore frequenza forse non si sarebbe mai costruito intorno alle sue pendici. Lo studio geologico della mitologia è pertanto un utile campo multidisciplinare, che analizza le narrazioni per ricavarne informazioni su eventi geologici passati e dati sulla stima dei rischi.

“Nello studio delle fonti storiche si arriva inevitabilmente a chiedersi dove sia il limite fra storia e leggenda. Per questo i racconti vengono setacciati alla ricerca di informazioni anche dai geologi, soprattutto per aree o per periodi con scarsità di notizie più attendibili. L'origine geologica di alcuni miti è del resto assodata”, spiega Luigi Piccardi dell'Istituto di geoscienze e georisorse (Igg) del Consiglio nazionale delle ricerche. “Più abbordabili per l'interpretazione sono i miti specifici che hanno un forte aggancio col territorio, ad esempio essendo riferiti a particolari luoghi sacri. Tanto più quando si tratti di terremoti e del Mediterraneo, culla della nostra civiltà e notoriamente area ad elevata sismicità. Segni indelebili lasciati dai terremoti si ritrovano non solo nella storia e nell'archeologia locali, ma anche nella cultura e nelle narrazioni religiose. Anche le relazioni storiche, del resto, non sono mai state del tutto scevre dal senso soprannaturale dell'evento. Il terremoto è talmente impressionante che spesso distinguere fra realtà e interpretazione, soprattutto nel successivo dilagare di notizie e voci, risulterebbe difficile anche ai testimoni più oggettivi”.

La conoscenza dei processi tettonici attivi permette di capire come i terremoti siano stati percepiti dalle culture del passato. Delfi è uno dei più importanti siti archeologici della Grecia, sede del principale oracolo di Apollo, il più venerato del mondo antico. Secondo la tradizione, le proprietà divinatorie dell'oracolo derivavano da una voragine aperta nella terra. “Delfi si trova direttamente sopra una delle principali faglie sismiche antitetiche del Golfo di Corinto e delimita il monte Parnaso a sud. Combinando i dati tettonici con le prove archeologiche e le fonti storiche, insieme a uno studio dei miti, sembra che il terremoto di Elice del 373 a.C. abbia attivato non solo la faglia principale del Golfo di Corinto a Elice, ma anche quella di Delfi. La presenza di una faglia attiva direttamente sotto i templi del più antico santuario suggerisce che la mitologica voragine oracolare potrebbe essere stata un'antica frattura sismica superficiale”, conclude il ricercatore del Cnr-Igg.

Fonte: Luigi Piccardi, Istituto di geoscienze e georisorse , email luigi.piccardi@igg.cnr.it

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