Marconi e i brevetti
Il premio Nobel depositò il suo primo brevetto per la trasmissione di informazioni via radio senza l'uso di fili elettrici a Londra, nel 1896, quando aveva solo 22 anni. L'anno dopo, per sviluppare quella tecnologia, fondò un'impresa. Un caso esemplare degli effetti positivi derivanti dalle applicazioni della ricerca
Secondo il rapporto annuale dell'Ufficio europeo brevetti (Epo) presentato lo scorso marzo, l'Italia si classifica al decimo posto tra i Paesi comunitari richiedenti la protezione brevettuale ma è quello con il tasso di crescita più elevato (4,5%). La tendenza del Belpaese è dunque abbastanza positiva, anche se ai primi posti per numero di richieste depositate presso l'Epo ci sono Stati Uniti (25%), Germania (16%), Giappone (13%) e Francia (7%).
"I brevetti depositati da Guglielmo Marconi, sono una settantina, riguardano le trasmissioni senza fili e propongono ogni volta soluzioni migliorative della tecnica sviluppata in precedenza”, ricorda Riccardo Pietrabissa, docente presso il Politecnico di Milano e membro del Consiglio scientifico del Cnr. "Il più noto è senz'altro il primo, per un sistema di telegrafia senza fili, del 1896. Marconi era un appassionato studioso dell'elettricità e dei fenomeni elettromagnetici, temi che nell'Europa di fine '800 impegnavano molti studiosi e fisici nei loro laboratori. Grazie alle scoperte Marconi affrontò e risolse il problema della trasmissione di informazioni via radio, senza l'uso di connessioni con fili elettrici”.
Un'invenzione che Marconi fu però costretto a depositare fuori dall'Italia, a Londra, dove riuscì a trovare i capitali necessari per brevettarla subito e per avviare un'impresa industriale in grado di costruire i primi apparecchi radio ricetrasmittenti. “Il giovane Guglielmo era consapevole del valore economico della sua invenzione e delle possibili evoluzioni che hanno poi, di fatto, portato alla realizzazione della radio, della televisione e allo straordinario sviluppo delle telecomunicazioni che è sotto gli occhi di tutti”, prosegue Pietrabissa. “E infatti nel 1897, a 23 anni, fondò in Inghilterra la Wireless Telegraph Trading Signal co.Ltd, per lo sviluppo della tecnologia basata sul brevetto che aveva depositato l'anno prima. La concessione gli consentì di assicurarsi i diritti dello sfruttamento della sua invenzione e lo sviluppo dell'impresa, che nel 1900 prese il nome di Marconi Wireless Telegraph co.Ltd”.
La storia di Marconi è esemplare di come la conoscenza scientifica possa favorire l'innovazione industriale e generare benefici sociali. “Le scoperte in quanto tali non sono brevettabili, lo sono le invenzioni se sono nuove, originali e industrializzabili: le proprietà delle onde elettromagnetiche non si poterono brevettare, ma lo strumento che sfrutta tali proprietà per trasmettere e ricevere segnali si", precisa il consigliere.
È importante dunque che i risultati della ricerca scientifica vengano valorizzati, nelle loro possibili applicazioni. Al Cnr, e in generale nei centri di ricerca, è ciò che da sempre si persegue insieme alla ricerca di base. E il numero di brevetti provenienti da nuova conoscenza scientifica, come anche il numero di start-up che li sfruttano, è crescente”, conclude Pietrabissa. “Certamente questo processo in Italia presenta alcune difficoltà, simili a quello incontrate a fine 800 da Marconi, che per superarle è andato in Gran Bretagna. Anche oggi i giovani inventori start-upper viaggiano, soprattutto in rete, alla ricerca di finanziatori. È importante ricordare sempre che le innovazioni che cambiano il mondo derivano dalla conoscenza e dalla ricerca scientifica, fonte primaria di qualsiasi progresso”.
Rita Bugliosi
Fonte: Riccardo Pietrabissa, Consiglio scientifico del Cnr, tel. 02/2399251 , e-mail: riccardo.pietrabissa@polimi.it