Narrativa: Inclusione

Dormiamoci sopra. Ma con la luce accesa

Copertina del volume Lei non sa che sonno ho io
di Alessia Cosseddu

Si può scherzare sulle malattie? E se a farlo è il malato? Alice Geri nel suo “Lei non sa che sonno ho io” racconta il disturbo di cui soffre sin da bambina: il sonnambulismo. Un libro divertente, ma anche toccante, che mostra questa malattia in un modo diverso rispetto all’immaginario comune

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Lo schiaffo di Will Smith al comico Chris Rock che, nella cerimonia degli Oscar, ironizzava sull’alopecia della moglie Jada Pinkett Smith, oltre ad aver invaso la rete di meme, ha fatto discutere tanto sull’uso della violenza. Ma, senza voler giustificare il comportamento del Premio Oscar Smith, guardiamo a un altro aspetto della vicenda. Si può ironizzare sulle malattie? La risposta è: quasi mai, ma dipende. Dipende dal contesto e dal buon senso. Di sicuro si può se a farlo è il malato stesso. Ed è quello che fa Alice Geri nel suo libro “Lei non sa che sonno ho io” (Porto Seguro), in cui racconta della malattia con cui convive fin da piccola: il sonnambulismo.

Comunemente, immaginiamo un sonnambulo vagare di notte a occhi chiusi e con le braccia tese. Alice col suo racconto riesce a sfatare questo e altri falsi miti sui sonnambuli: “Un sonnambulo è semplicemente una persona che, mentre sta dormendo, fa cose”. Sonnambulismo o pavor nocturno o parasonnia, in effetti, non si sente parlare molto di questo disturbo. L’autrice ci aiuta a conoscerlo meglio, raccontando alcuni episodi che vanno dal surreale al divertente, fino a momenti più difficili o seri: “L’obiettivo di questo libro è soprattutto farvi ridere, scomponendo qualcosa di potenzialmente spaventoso per trasformarlo in qualcosa di esilarante”.

L’ironia è un talento e chi ne è dotato può ritenersi fortunato. Se poi, come nel caso di Alice, è accompagnata all’intelligenza, di sicuro aiuta ad affrontare situazioni che altrimenti sarebbero insopportabili. Usata, talvolta a sproposito, come sinonimo di leggerezza, l’ironia può invece aiutare a scardinare molti pregiudizi e a guardare più a fondo in noi stessi e negli altri. Nella narrazione, infatti, l’autrice parla anche dell’incontro con persone che soffrono di altre patologie: alcune (poche) come la sua, altre molto diverse e in alcuni casi più gravi, cosa che la fa sentire addirittura “fortunata” nel confronto con chi ne soffre.

Ci sono poi domande ricorrenti che l’autrice sente rivolgersi, e una in particolare che la infastidisce: “È vero che un sonnambulo non va svegliato perché diventa aggressivo?”. L’essere associata a qualcosa di pericoloso le fa sempre un po’ male: “Da ragazzina preferivo far ridere di me che fare avere paura di me”.

Il libro racconta della difficile convivenza con inquilini più o meno comprensivi, ai quali non raccontava subito del suo disturbo e che all’inizio non capivano perché dormisse con la luce accesa, della difficoltà nella vita di coppia causata dal suo “problema notturno”, dei tanti ricoveri e delle terapie andate a vuoto, delle preoccupazioni dei suoi familiari.

Tra ricoveri ospedalieri, privazione del sonno, terapie farmacologiche più o meno efficaci, convivenze (soprattutto notturne) esilaranti e talvolta preoccupanti, il volume di Alice Geri fa conoscere una malattia della quale si parla poco, ma che può dare problemi anche a livello sociale e psicologico, a seconda di come la si affronta. L’importante è dormici su, ma con la luce accesa.

Titolo: Lei non sa che sonno ho io
categoria: Narrativa
autore: Geri Alice
editore: Porto Seguro
pagine: 192
prezzo: € 15,90