Osservando il microcosmo
Lo studio dei movimenti di cellule e microorganismi è un utile strumento per migliorare la conoscenza nelle scienze della vita e del Pianeta: dal rilievo della presenza di batteri negli alimenti alla tutela degli ecosistemi acquatici, fino alla diagnostica medica. Pietro Ferraro, dirigente di ricerca dell'Istituto di scienze applicate e sistemi intelligenti "Eduardo Caianiello" del Cnr, descrive la sua attività di indagine in questo ambito
Considerando i limiti del nostro senso visivo, nella scala del microcosmo tutto appare immobile. Ogni forma di vita è però caratterizzata dalla dinamica, dal movimento. L’invenzione del microscopio - "occhialino per vedere le cose minime", come lo definì Galileo - ha ribaltato completamente la prospettiva e ha aperto la strada alla microbiologia e alla batteriologia. Ma cosa c’è ancora da studiare e imparare osservando "le cose minime”, al giorno d’oggi? “Le cellule si replicano e si muovono in modo complesso e studiarne il movimento consente di capire i meccanismi alla base della loro cinetica”, spiega Pietro Ferraro, dirigente di ricerca dell’Istituto di scienze applicate e sistemi intelligenti "Eduardo Caianiello" (Isasi) del Cnr, da anni impegnato in attività di studio del movimento di cellule e di microorganismi. “Lo scopo è riuscire a controllare i processi che regolano il movimento delle cellule per arrivare infine a pilotarle, in modo completo, in vitro in laboratorio. Controllare compiutamente questi processi consentirebbe di ingegnerizzare la fabbricazione di porzioni di tessuti complessi o addirittura di organi nuovi”.
Nell’organismo, le cellule si muovono in un ambiente tridimensionale. “Un microscopio olografico coglie ogni piccolo movimento in un volume 3D invece che su di una superficie bidimensionale come di norma accade nella microscopia”, chiarisce il ricercatore. “Questo ha il vantaggio non trascurabile di essere non-invasivo e non distruttivo, ovvero evita l’impiego di sostanze chimiche che fungono da coloranti per permettere la visualizzazione in fluorescenza. Misure del movimento di particelle adese alle cellule possono anche essere utilizzate per studiare la meccano-biologia, ovvero il comportamento meccanico delle cellule”.
Esistono metodi ottici semplici e non invasivi rivolti a individuare la presenza di batteri analizzando il loro incessante movimento. Disporre di tali tecniche può, ad esempio, garantire la salubrità degli alimenti o migliorarne i processi di conservazione. Un’altra applicazione riguarda la tutela degli ecosistemi acquatici (mare, laghi, fiumi). “Preservare queste realtà implica necessariamente monitorare la qualità delle acque. In alcuni casi, gli stessi organismi che vivono in acqua possono fungere da sentinelle ambientali. Per esempio, la presenza di inquinanti può modificare il comportamento degli organismi e i loro complessi pattern di movimento”, continua Ferraro. “La nostra ricerca è quindi indirizzata a studiare i movimenti degli organismi per capire come la presenza di inquinanti nell’habitat acquatico possa alterare o meno i pattern di movimento”.
Ferraro, insieme ai suoi collaboratori, ha recentemente utilizzato metodi olografici per analizzare i movimenti tipici di un genere di fitoplancton, l’alga Tetraselmis. “Essa possiede dei flagelli sulla sua superficie che agiscono come se fossero delle pinne e sono quindi in grado di generare la propulsione veloce di queste alghe. Grazie alla caratteristica 3D del microscopio olografico, si è in grado di tracciare i complessi movimenti a spirale di tali organismi flagellati”, chiarisce Ferraro. “Variazioni di questi tipici movimenti si suppone possano essere correlate all’inquinamento come, ad esempio, la presenza di sostanze chimiche o di metalli pesanti che altererebbero i movimenti della Tetraselmis”.
Spostandoci nel campo della diagnostica medica, in futuro si potrà fare affidamento anche su nuove piattaforme tecnologiche denominate “Lab on a chip”, un vero e proprio laboratorio tascabile nel quale si combinano canali microfluidici e microscopi. “L’analisi accurata della rotazione di cellule che viaggino lungo questi capillari microfluidici permette di ottenere la tomografia in flusso di ogni singola cellula inquadrata dall’obiettivo di microcopio. A differenza della ben nota Tac, invece di ruotare lo strumento a RaggiX, si fa ruotare il paziente che in questo caso è la singola cellula”, aggiunge l’esperto. “Sono in corso ricerche per utilizzare questa tecnologia come un citometro in flusso per scovare ad esempio cellule tumorali circolanti nel sangue, in modo da diagnosticare tempestivamente eventuali patologie o per visualizzare nanoparticelle di grafene, che possono essere vettori di farmaci che agiscono sulla singola cellula”.
La configurazione tascabile di questa tecnologia, permette di superare i confini del laboratorio di analisi. In futuro il chip consentirà di portare le funzionalità diagnostiche direttamente dal paziente evitando, ad esempio, alle persone anziane di recarsi presso un centro diagnostico. Inoltre, potrà essere usato in Paesi in via di sviluppo e laddove manchino adeguate strutture per lo studio e la classificazione dei campioni.
Fonte: Pietro Ferraro, Istituto di scienze applicate e sistemi intelligenti "Eduardo Caianiello”, e-mail: pietro.ferraro@cnr.it