Clima e ambiente, parole vincenti
Isola di calore, bomba d'acqua, gelicidio, effetto e gas serra, rischio di estinzione, buco nell'ozono, resilienza, global warming, climate change… La consapevolezza su questi argomenti è passata anche per la capacità di coniare e diffondere termini e locuzioni di impatto. Ma la realtà è complessa e non sempre è possibile spiegare l'attività di ricerca evitando banalizzazioni e stereotipi
In una multimedialità pur caotica, contraddistinta dal sensazionalismo e dalle contrapposizioni manichee, dove spesso domina lo strillo frettoloso e semplificatorio, i temi riconducibili al cosiddetto 'clima-ambiente' hanno sortito un indubbio successo. Nel 2017, attingendo dalla banca dati Ecostampa che genera la rassegna stampa del Cnr, risultano: 437 uscite con 'isola-e di calore', 466 con 'bomba-e d'acqua', 1.781 per 'gelicidio' (il cui boom risale alla fine dell'anno scorso: nel 2016 si contano appena 57 uscite, nei primi 10 mesi del 2017 soltanto 313), 4.161 e 8.140 per due locuzioni ormai consuete come 'effetto serra' 'gas serra', 5.282 per 'rischio (di) estinzione', 335 per 'buco+ozono', ben 12.895 per 'resilienza'. È il segno di come la sedimentazione di questi argomenti nell'immaginario collettivo e mediale passi anche per la capacità di coniare e diffondere termini ed espressioni di impatto, comprese e adottate dal pubblico anche se talvolta con qualche imprecisione.
Tanto parlare, discutere, confrontarsi ha consentito un cambiamento di sensibilità ecologica, una maggiore consapevolezza delle responsabilità che l'uomo si deve assumere verso il Pianeta, adottando comportamenti che consentano la salvaguardia delle risorse naturali e riducano l'impatto antropico sull'ambiente. Ricercatori e divulgatori hanno saputo trasferire i risultati scientifici in termini efficaci, con una narrativa che in parte rimanda, per metafore e struttura, ad archetipi quali l'Apocalisse, il Diluvio universale o il giardino edenico. Gli esempi citati di effetto serra e buco nell'ozono sono indicativi: un fenomeno fisico spiegato con immagini semplici. Un altro esempio di come l'attenzione dei media sia alta quando si riescono a produrre dati chiari e comprensibili è la nota stampa della Banca dati di climatologia storica Isac-Cnr diffusa nel dicembre scorso per informare che il 2017 è stato l'anno meno piovoso dal 1800 a oggi, oltre che il quarto per temperature: una notizia ripresa in centinaia di articoli e servizi su tutti i principali siti web e testate radiotv e cartacee. Il problema è che questa facilità di trasferimento al pubblico non è sempre possibile: la realtà è complessa e l'attività di ricerca deve renderne conto, senza banalizzazioni stereotipate.
Tentando un confronto quantitativo tra altre parole 'scientifiche' di particolare visibilità e rilevanza – con l'avvertenza che certi paragoni vanno letti con cautela, anche per il rischio di falsi positivi - solo dal 1 gennaio al 4 febbraio 2018 'global warming' conta già 301 uscite, 'riscaldamento globale' 725, 'climate change' 1.081, 'cambiamento-i climatico-i' 4.377, la radice 'clima-' compare addirittura in 27.716 articoli, quella 'meteo-' in 12.302, 'inquina-' in 15.808. Sono numeri da prendere con le molle, ma si consideri che nello stesso periodo la radice 'tumor-' conta 8.906 uscite, 'cancro' 6.396, 'vaccin-' 8.916.
Certo, su questo successo mediatico e linguistico si possono sollevare alcune eccezioni. Per esempio la predilezione per il 'catastrofismo' che, secondo studi come 'Apocalypse Soon?' dell'Università di Berkeley, rischia di innescare reazioni di scetticismo o rassegnazione. Scorrendo a caso qualche titolo dalla stampa, il tono allarmistico sembra in effetti prevalere: 'Il mondo sta finendo', 'Il messaggio del clima impazzito', 'Allarme umidità', 'L'Italia tropicale. Tra bombe d'acqua e siccità eventi sempre più estremi', 'Clima estemo'. Va poi notato come il dibattito su questo tema sia condizionato da aspetti politici, basti pensare a quanto abbiano inciso in senso opposto le diverse presidenze statunitensi: dall'accoppiata Bill Clinton-Al Gore a Donald Trump, alla Casa Bianca pare avvenuta una rivoluzione. È anche vero che “è aumentato il peso di chi fonda le proprie convinzioni in materia di clima sulla propria esperienza diretta di estati sempre più calde e inverni meno freddi: da circa quattro su dieci nel 2001 a quasi il 50% nel 2013”, come riporta l'annuario 'Scienza e società 2014' di Observa. Il che è comprensibile, per quanto l'esperienza diretta del meteo sia cosa molto diversa dallo studio del clima.
Detto ciò, come scrive Renato Sartini nel saggio 'Global Warming' in 'Parola di scienziato': “Nell'ambito dei grandi temi scientifici dell'ultimo decennio, quello del cosiddetto Global Warming ha occupato un posto di primo piano nell'agenda pubblica internazionale, coinvolgendo in un dibattito spesso rovente i media, la politica, le associazioni ambientaliste, gli industriali e la comunità scientifica internazionale”.