Focus: Corpo

Entità dello spazio

Nebulosa
di Luciano Anselmo

A illustrare cosa sono i corpi celesti e le loro caratteristiche è l'astrofisico Luciano Anselmo dell’Istituto di scienza e tecnologie dell'informazione del Cnr che illustra le proprietà di stelle, pianeti, lune e asteroidi. Ma anche degli oggetti celesti, ad esempio galassie, nebulose, ammassi stellari e sistemi planetari

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Anche se i termini “corpo” e “oggetto” celeste sono sovente utilizzati come sinonimi, in astronomia si preferisce associare il primo a singole entità compatte, mentre il secondo viene utilizzato per indicare strutture più complesse, meno omogenee e coese, spesso costituite da più “corpi”. Stelle, pianeti, lune e asteroidi sono quindi tipici esemplari di corpi celesti, mentre tra gli oggetti celesti possiamo annoverare, per esempio, le galassie, le nebulose, gli ammassi stellari e i sistemi planetari.

Le dimensioni e l’età dell’universo conosciuto, nonché le leggi della fisica, sono tali da consentire alla materia di aggregarsi in una grande varietà di modi, pure limitando l’attenzione ai soli corpi celesti propriamente detti. Le stelle ne sono certamente l’esempio più lampante. Nonostante siano, in linea di principio, dei corpi relativamente semplici, cioè delle gigantesche palle di gas tenute insieme dalla forza di gravità, possono avere dimensioni, masse, luminosità, colori, storie e durate molto differenti, a causa delle complesse interazioni che coinvolgono tutte e quattro le forze fondamentali della natura - gravità, elettromagnetismo, forza nucleare forte, forza nucleare debole - e della varietà di masse e composizione con cui possono nascere.

Anche ignorando le stelle in fase esplosiva, che espellendo copiosamente materia nello spazio dovrebbero essere considerate più “oggetti” che “corpi” celesti, la varietà osservata è straordinaria. Partendo dalla massa, si può andare da 1/20 a 200 volte quella del nostro Sole e si ritiene che, poco dopo la nascita dell’Universo conosciuto, fossero possibili anche stelle molto più massicce. Se il contenuto di materia può variare di un fattore 1.000, la luminosità può farlo addirittura di 10 miliardi di volte, passando da stelle 10.000 volte meno luminose del Sole ad altre che lo surclassano di centinaia di migliaia, o anche di oltre un milione di volte. Quanto ai colori, poi, il picco della radiazione elettromagnetica emessa, funzione della temperatura superficiale, può andare dall’infrarosso all’ultravioletto, che i nostri occhi non possono vedere, passando per tutto lo spettro visibile, dal rosso al violetto. La vita, infine, può durare da poche centinaia di migliaia di anni, per le stelle più massicce e luminose, capaci di consumare in fretta le loro riserve di combustibile nucleare, a migliaia di miliardi di anni, cioè centinaia di volte l’età del nostro universo, per le stelle di massa e luminosità inferiore. 

Pianeta

Ma è proprio quando le stelle muoiono che danno origine ai corpi celesti forse più stupefacenti. Gran parte di esse, una volta esaurita la possibilità di produrre energia con la fusione nucleare di elementi più leggeri e aver espulso nello spazio una considerevole frazione della loro massa, non riescono più infatti a controbilanciare la forza di gravità e collassano fino a formare dei corpi, le nane bianche, in cui una quantità di materia paragonabile a quella del Sole viene a trovarsi compressa in una sfera delle dimensioni della nostra terra. Le densità medie di cui stiamo parlando sono dell’ordine di una tonnellata per centimetro cubo.

Quando a morire è una stella supergigante, tra le 10 e le 25 masse solari, l’esaurimento del combustibile nucleare innesca una serie di processi che culminano con l’espulsione di gran parte della massa stellare, dando origine a un tipo di supernova e a un nucleo collassato, che prende il nome di stella di neutroni. In essa, una quantità di materia compresa tra una e due masse solari viene a trovarsi compressa in una sfera con un raggio dell’ordine di 10 km appena, raggiungendo le densità che si trovano solo nei nuclei atomici. In un certo senso, quindi, una stella di neutroni può essere considerata un nucleo atomico grande come una città, con diverse centinaia di milioni di tonnellate di materia concentrate in un solo centimetro cubo.

Ma è solo quando muoiono e collassano stelle ancora più grandi che la gravità riesce a prendere il sopravvento su tutte le altre forze, dando origine ai buchi neri. In questo caso niente può arrestare la compressione della materia e viene a formarsi una regione di spazio, separata dall’esterno dal cosiddetto orizzonte degli eventi, da cui nulla, luce compresa, può uscire. Perché possa formarsi un buco nero dal collasso di un nucleo stellare è necessario che quest’ultimo abbia una massa almeno 2 o 3 volte superiore a quella del Sole. Il corpo risultante, trascurando la rotazione, avrà un raggio, proporzionale alla massa, pari a circa 3 km per massa solare.

Secondo la Relatività generale i buchi neri non possono che crescere nel tempo, risucchiando progressivamente altra materia e diventando ancora più grandi. Nel centro delle galassie, dove la materia è stata, e continua a essere, particolarmente abbondante, ne esistono pertanto di mastodontici. Il campo è in rapida evoluzione, le misure sono difficili e le stime spesso incerte e controverse, ma sarebbero stati addirittura osservati dei buchi neri con una massa decine di miliardi di volte quella del sole, tali quindi da far impallidire il buco nero gigante che si trova nel centro della nostra galassia, 10.000 volte più piccolo.

Fonte: Luciano Anselmo, Istituto di scienza e tecnologie dell'informazione “Alessandro Faedo”, luciano.anselmo@isti.cnr.it, tel. 050/3152952