Saggi

La cultura? Questione di sentimenti

di Marco Ferrazzoli

Ne 'Lo strano ordine delle cose', Antonio Damasio evidenzia l'importanza degli affetti umani e delle emozioni nell'impresa culturale umana. Il dolore e la sofferenza, il benessere e il piacere, la compassione, per esempio, che però si legano ai processi chimici della circolazione sanguigna, delle ghiandole endocrine, del sistema nervoso. Un complesso sistema, detto “omeostasi”

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'Lo strano ordine delle cose' di Antonio Damasio è dedicato al mondo degli affetti, delle emozioni e dei sentimenti, al quale “non viene attribuita l'importanza che effettivamente hanno quali ispiratori supervisori e mediatori dell'impresa culturale umana”. Come ha avuto origine la cultura? A questa domanda “si risponde spesso chiamando in causa un'importante facoltà della mente umana, il linguaggio verbale”, oppure la selezione naturale operante al livello dei geni. L'idea dell'autore è che il principale motore delle attività culturali siano stati sentimenti come il dolore e la sofferenza, il benessere e il piacere, la compassione: si consideri per esempio la medicina, che ebbe inizio non come svago intellettuale ma per rispondere ai segnali che ci dicono se la nostra salute è a posto o ci avvertono degli esordi di possibili malattie.

I processi della circolazione sanguigna, delle ghiandole endocrine, del sistema nervoso, etc. assicurano che acqua, ossigeno e sostanze nutrienti assicurino al nostro organismo l'energia necessaria: l'idea guida del libro è che anche i nostri modi di pensare siano l'espressione a livello mentale di questo complesso sistema detto “omeostasi” (con un termine coniato dal fisiologo Walter Cannon dalla radice greca homeo, “simile”, cui hanno fatto seguito “allostasti”, “eterostasi” e “omeodinamica”). “Il fondamento stesso” della selezione naturale, che a sua volta favorisce geni e organismi nella competizione evolutiva, è legata a questo “filo funzionale che collega le forme di vita primitive alla straordinaria alleanza tra corpi e sistemi nervosi”, un “insieme fondamentale di operazioni al cuore della vita”, il “potente imperativo” che porta a “perdurare e prevalere”. Come scrive Spinoza nell'Etica: “Ogni cosa, per quanto è in essa, si sforza di perseverare nel suo essere”.

La creatività “affonda le radici nella vita” ed “è dotata di un preciso mandato: resistere e proiettarsi nel futuro”, sostiene Damasio. Secondo l'autore, professore di Neuroscienze, psicologia e filosofia alla University of Southern California, già autore di titoli come 'Emozione e coscienza' e 'Il sé viene dalla mente', un'omeostasi insufficiente si lega a sentimenti negativi, mentre livelli omeostatici appropriati esprimono sentimenti positivi e schiudono opportunità vantaggiose. Damasio però chiarisce di non voler ridurre i fenomeni culturali alle loro radici biologiche: “Le scienze da sole, senza la luce che viene dalle arti e dalle discipline umanistiche, non possono illuminare la totalità dell'esperienza umana”.

A partire dalle cellule pro-cariote prive di nucleo (nate da 4 a 3,7 miliardi di anni fa, mentre l'inizio della Terra è di circa 10 miliardi di anni fa), l'omeostasi ha determinato un lungo processo di selezione genetica: cellule eucariote con nuclei (2 miliardi di anni fa), organismi complessi multicellulari (700-600 milioni di anni fa), “sistemi del corpo intero” quali quelli circolatorio, endocrino, immunitario e nervoso (500 milioni di anni fa). Infine, in tempi molto più vicini a noi, menti coscienti: comparsa di Homo Sapiens circa 200 mila anni fa, transizione dai cacciatori-raccoglitori all'agricoltura circa 12 mila anni fa, civiltà in Mesopotamia ed Egitto 3500-3200 a.C.. A darci la parola “cultura” è però l'antica Roma, intendendo così che quanto vale per la terra vale anche per l'anima dell'uomo (significativamente, la parola torna anche per la creazione di microrganismi in laboratorio). C'è insomma un legame lessicale e concettuale stretto tra i comportamenti umani e quelli di altre forme di vita, anche le più antiche e semplici come i batteri, che si affidano a molecole chimiche per percepire il numero di individui dei gruppi di cui fanno parte e reagire di conseguenza: cooperare, fronteggiare le avversità, competere, conquistare spazio e risorse. Una diversità di “comportamenti” notevole, anche se dettata da uno schema automatico che non ci permette di dire se questi organismi unicellulari privi di nucleo “fanno cose intelligenti”.

Come giudicare il due per cento delle specie d'insetti, tra cui formiche, api, vespe e termiti, capace di comportamenti sociali che, per complessità, rivaleggiano con molte imprese umane? O quelli di primati come i bonobo? Nel 1879 Claude Bernard in 'Leçons sur les phénomènes de la vie communs aux animaux et aux végétaux' avanzò addirittura l'idea che piante e animali abbiano esigenze fondamentali simili. Stabilire una linea di demarcazione del mondo mentale, cosciente, consapevole e culturale che spesso attribuiamo in esclusiva all'uomo non è quindi facile. Così come non lo è datare l'inizio della vita da cui discendiamo o della cultura cui apparteniamo, per esempio “non sappiamo esattamente quando gli esseri umani hanno cominciato a piangere di dolore” anche se abbiamo rinvenuto alcuni artefatti in luoghi di sepoltura e caverne risalenti a 50 mila anni fa.

Le nostre conoscenze al riguardo progrediscono con passo lento e margini di incertezza. Si pensi alla parola “metabolismo”, dal greco “cambiamento”, che definisce l'aggregazione di molecole capaci di perpetuare sé stesse mediante reazioni chimiche che includono il catabolismo, cioè la distruzione che rilascia energia, e l'anabolismo, la costruzione che invece ne consuma, coniata alla fine del XIX secolo. La molecola della vita e del suo inizio fu scoperta nel 1953 da Francis Crick, James Watson e Rosalind Franklin con la struttura a doppia elica del Dna, ma Crick ha pensato a lungo che la vita venisse da astronavi extraterrestri, versione sostenuta persino da Enrico Fermi. Mentre la teoria eziologica del “brodo primordiale”, che vede tra i fautori Richard Dawkins, ipotizza alcune condizioni favorevoli, come camini termici e tempeste di fulmini, che avrebbero permesso a determinate molecole e sostanze di avviare le attività proto-metaboliche. Si parla anche di “autopoiesi” per ipotizzare che la vita si sia generata da sé. In tutti i casi, accettando l'idea di una matrice comune, noi e qualunque altra cellula faremmo “parte di un unico gigantesco organismo dagli infiniti tentacoli, l'unico e il solo”.

Ma “qual è l'aspetto caratteristico della vita?” si domanda Erwin Schrodinger: è che essa va “facendo qualcosa”, per quanto poi qualunque dinamica si estingua in conseguenza dell'attrito, della riduzione di differenza di potenziale elettrico, della conduzione della temperatura, finché il sistema non diviene morto, materia inerte, raggiungendo uno stato permanente di equilibrio termodinamico o “entropia massima”. L'obiettivo del processo omeostatico sarebbe allora gestire l'energia e tendere alla differenza termica zero, alla “morte”? È evidente la contraddizione con quanto si affermava prima, cioè che l'omeostasi risponde a una proiezione di forza, tesa al futuro, motore dell'evoluzione, perché la vita continui.

Una parte interessante del saggio riguarda infine la capacità degli organismi di generare immagini e rappresentare il mondo, anch'essa non così esclusiva dell'uomo se non per quanto riguarda la “cartografia” o le narrazioni che, dopo la comparsa delle lingue, combinano elementi verbali e non verbali. Anche altri organismi possono infatti percepire la presenza di un simile quando vi vengono a contatto, in tal senso la creazione di immagini è dunque propria di tutti i sistemi nervosi complessi. I nostri cinque sensi, che Damasio chiama “portali sensoriali”, evidenziando come quattro siano siti in cavità circoscritte, collaborano tra loro: soprattutto occhio e orecchio “traducono in forma di mappa” le immagini del mondo esterno, assieme alle sonde sensoriali situate sulla pelle, agli organi interni viscerali come cuore e polmoni e ai recettori del gusto posti negli intestini, “chiaro retaggio dei giorni in cui i visceri e i relativi sistemi nervosi erano gli unici attori”. Queste immagini sono quelle che noi descriviamo come “benessere”, “affaticamento”, “malessere”, “dolore”, “piacere”, “palpitazioni”, “bruciore di stomaco” o “coliche”. A questi, il nostro scheletro osseo e i muscoli scheletrici annessi consentono di dare i seguiti “volontari” come spostarci, manipolare oggetti, parlare e scrivere, ballare, suonare la musica, azionare macchinari.

 

titolo: Lo strano ordine delle cose
categoria: Saggi
autore/i: Damasio Antonio 
editore: Adelphi
pagine: 350
prezzo: € 29.00