Saggi

Chi è il proprietario della vita?

di M. F.

Roberto Esposito propone un saggio “biopolitico”, che va da Boezio alla tradizione liberale, fino a Peter Singer e Hugo Engelhardt, secondo i quali la scelta sull'esistenza di “bambini deformi” o “malati irrecuperabili” va lasciata a chi ne ha la potestà. Secondo Hobbes, invece, i diritti si trasferiscono allo Stato per essere difesi “dall'aggressività reciproca di uomini che competono per assicurarsi risorse scarse” e aver garantita “una vita accettabile sul piano dei bisogni e delle necessità primarie”

Pubblicato il

Il saggio di Roberto Esposito 'Termini della politica' si muove tra il filone culturale che possiamo definire “biopolitico”, secondo cui bisogna distinguere tra vita vegetativa e incosciente e vita cerebrale e relazionale, e la filosofia della persona, influenzata dalle formulazioni dogmatiche cristiane e dalla concezione giuridica romana. E affronta temi quali il primato filosofico-politico della componente soggettiva e il concetto di persona, a partire da Boezio fino alla tradizione liberale di Locke e Mill, secondo cui ciascuno è proprietario del proprio corpo e dunque autorizzato a farne ciò che crede.

Tra gli altri autori citati, ovviamente Freud, con “l'individuazione di un fondo impersonale in ciò che siamo abituati a definire personalità” e “uno scambio vertiginoso tra identità e alterità”. E poi Simone Weil, Bergson, Deleuze, Foucault, ma soprattutto Peter Singer e Hugo Engelhardt i quali, “rifacendosi espressamente al diritto romano e in particolare alla formulazione di Gaio", distinguono tra due categorie di uomini, dei quali solo i primi sarebbero ascrivibili a pieno titolo alla categoria di persona, mentre i secondi sarebbero definibili solo come 'membri della specie homo sapiens'”. Per esempio, sostiene Engelhardt, “se si tratta di bambini deformi o di malati irrecuperabili", le persone che ne hanno potestà "potranno liberamente decidere se conservarli in vita o farli scivolare nella morte”, così come avviene con un animale.

Il senso del termine “biopolitico” è chiaro anche in Hobbes, secondo cui “il problema fondamentale della politica non è quello del governo della cosa pubblica o quello della distribuzione del potere” ma quello “primario e preliminare della conservazione della vita messa a rischio da conflitti potenzialmente distruttivi”: la difesa della “vita dei sudditi […] dall'aggressività reciproca di uomini che competono per assicurarsi risorse scarse” e assicurata dallo “Stato Leviatano cui tutti trasferiscono i propri diritti”, capace di "mettere paura con le sue leggi" e di "assicurare a tutti una vita accettabile sul piano dei bisogni e delle necessità primarie”. A conferma, l'autore ricorda che alla domanda se “esiste un'essenza della politica” anche Carl Schmitt in un suo celebre saggio rispondeva indicando l'opposizione tra amico e nemico.

Nell'impegnativo excursus, Esposito tocca anche temi apparentemente marginali rispetto al tema ma interessanti, quali le “opere pubbliche non finite, rimaste incompiute, lasciate a metà, in disuso e in dissesto” che devastano tanta parte del nostro territorio, “uno spreco colossale di denaro pubblico sottratto al suo uso legittimo” per costruzioni spesso “di palese inutilità fin dalla fase della progettazione” quali, nel comune di Giarre, “uno stadio per il gioco del polo con diecimila posti”, per di più “impiantato su un terreno troppo ripido per reggerlo”.

 

titolo: Termini della politica
categoria: Saggi
autore/i: Esposito Roberto 
editore: Mimesis
pagine: 200
prezzo: € 16.00