Saggi

Stephen Hawking? Lo riconosco ma non so chi sia

di Marco Ferrazzoli

Alla 15esima edizione, l'Annuario di Observa Science in Society conferma lacune e contraddizioni dell'opinione pubblica italiana su scienza, tecnologia e società. L'esposizione mediatica è forte ma il livello di alfabetismo debole, le opinioni articolate ma ambivalenti. Un problema di istruzione generale più che di informazione specifica

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Nel 2018 il livello di alfabetismo scientifico ha recuperato alcuni punti: nonostante ciò, poco meno della metà degli italiani conosce correttamente la funzione degli antibiotici e sa che gli elettroni sono più piccoli degli atomi, mentre il 37% non sa o non è certo neppure che il Sole non è un pianeta. Tra i giovani e i laureati la percentuale di chi risponde correttamente a tutte e tre queste domande supera appena il 40% e la quota più alta di chi non sa rispondere a nessuna delle tre si trova tra gli italiani ultrasessantenni con basso titolo di studio. A dirlo, l'Osservatorio scienza tecnologia e società nella quindicesima edizione dell''Annuario scienza tecnologia e società' di Observa Science in Society, che quest'anno ha aggiunto due domande: se è vero che l'azoto è l'elemento più diffuso nell'aria e che il bit è l'unità di misura della quantità di informazione. Sorprendentemente, la quota di risposte corrette alla prima domanda è maggiore di quella alla seconda.

Persino star come Craig Venter e l'astrofisica Marica Branchesi, inserita da Time tra le cento personalità più influenti del 2018, sono sconosciuti a più di sette cittadini su dieci, mentre va meno peggio a Fabiola Giannotti, Ilaria Capua, Stephen Hawking e Carlo Rubbia. Due italiani su tre sanno chi sia il premio Nobel e senatore a vita, ma tra i più giovani la sua notorietà si ferma al 32%, mentre Stephen Hawking è riconosciuto dal 93% come viso ma dal solo 57% come nome. L'“alfabetismo scientifico visuale” misurato col riconoscimento delle fotografie del test nucleare Trinity, dell'immagine della Tavola periodica degli elementi, di Margherita Hack, Hawking, Rubbia e Gianotti ha poi dato risultati vari.

Eppure la fruizione di contenuti scientifici e tecnologici attraverso i media resta alta: almeno una volta al mese quasi il 90% degli italiani guarda trasmissioni televisive e circa il 70% ne legge su quotidiani, siti o blog. Sono considerate più credibili come fonti le conferenze di ricercatori e le riviste di divulgazione, seguite da siti degli istituti di ricerca e programmi televisivi, profili social di istituti e ricercatori, pagine dedicate di quotidiani e programmi radiofonici. All'emergere di nuovi temi di scienza e tecnologia, però, il 21% di chi cerca informazioni chiede a parenti e amici.

L'esposizione mediatica forte e il livello di alfabetismo debole producono opinioni ambivalenti, lacune e contraddizioni, attribuibili al basso livello di istruzione generale più che alla scarsa informazione specifica. Il 77% degli italiani ritiene che scienza e tecnologia cambino troppo velocemente la nostra vita e il 52% le considera le maggiori responsabili dei problemi ambientali, eppure il 72% pensa che solo la scienza possa dirci la verità sull'uomo e sulla natura e il 54% che in Italia la religione limiti la libertà di ricerca. Quasi nove su dieci reputano che l'Italia investa troppo poco in questo settore ma la quota favorevole all'obbligatorietà delle vaccinazioni (compresa quella contro l'influenza) è del 54%, pur se in crescita. Più del 90% ritiene che solo i medici sappiano cosa è meglio per la nostra salute, ma oltre la metà dichiara di aver adottato una terapia senza consultarli!

Un'indagine condotta tra dipartimenti universitari e istituti di ricerca italiani rileva inoltre che nell'ultimo anno più del 90% ha organizzato almeno un open day, workshop o visita guidata, oltre l'80% dibattiti o workshop presso le scuole, più del 70% ha partecipato a eventi quali festival: attività finalizzate soprattutto a obiettivi istituzionali quali la diffusione dei risultati della ricerca, cui si associano strumenti quali comunicati stampa, interviste e articoli (almeno una volta al mese per circa il 30%). Meno frequente l'interazione con la tv, che pure è la fonte preferita dai cittadini; analogamente, le istituzioni di ricerca investono comunemente in siti, blog e social media ma sono meno presenti su YouTube e Instagram, cioè i canali preferiti dai più giovani.

Per quanto concerne le relazioni media delle unità di ricerca, sono frequenti o molto frequenti nel 36% dei casi, mentre il 5% non è stato mai contattato da giornalisti nell'ultimo anno. Il 67% usa lo staff della propria istituzione, il 27% ne ha uno proprio e il 5% non ne ha alcuno. Il personale che svolge attività di comunicazione lo fa in esclusiva solo nel 54% dei casi, circa l'80% ha esperienze precedenti anche se in solo un quarto dei casi come professionista, inoltre poco più della metà ha una preparazione specifica in comunicazione (anche breve) e più del 60% viene da formazione umanistica.

Le prime tre motivazioni indicate quali finalità della comunicazione pubblica della scienza (Public Communication of Science and Technology–PCST) sono: rispondere alla terza missione, far conoscere la propria ricerca e attrarre finanziamenti. L'azione comunicativa è relativa soprattutto agli aspetti più innovativi e rilevanti per la vita quotidiana e più attuali per i dibattiti. Poco meno del 15% ritiene che la propria ricerca sia di scarso interesse per i giornalisti e che mantenere relazioni media non sia compito dei ricercatori.

 

titolo: Observa Science in Society - Annuario scienza tecnologia e società
categoria: Saggi
autore/i: Pellegrini Giuseppe, Saracino Barbara 
editore: Il Mulino
pagine: 190
prezzo: € 17.00