Focus: Sonno e sogno

Che notte, col Sole alto!

Alberto salvati in Antartide
di Alberto Salvati

Come si dorme quando la notte non c'è (o c'è sempre)? A raccontarcelo, descrivendo la particolari condizioni atmosferiche e climatiche polari, è Alberto Salvati. Ci scrive dalla stazione Concordia in Antartide dove si trova per svolgere studi scientifici, con il team italo-francese all’interno del Pnra

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Scrivo dall’Antartide, esattamente dalla base scientifica italo-francese Concordia, situata sul plateau antartico, in uno dei luoghi più inospitali remoti ed estremi del Pianeta. Per comprendere quanto il sonno, come anche altre importanti funzioni vitali, venga a essere alterato nel luogo in cui mi trovo e in cui, nella spedizione scientifica invernale del 2020, sono vissuto per più di quindici mesi consecutivi, penso sia necessario farne presente la particolarità.

La base poggia su uno strato di ghiaccio spesso più di 3 Km ed è situata all’interno del più grande deserto della Terra, fatto solo di ghiaccio, dove non c’è vita di nessun tipo, a parte quella di noi ricercatori e tecnici, in grado di vivere qui solo grazie alla tecnologia della stazione e agli speciali equipaggiamenti che ci vengono forniti dal Programma Nazionale di Ricerche in Antartide. Qui è come se vivessimo a 4.000 metri di altitudine, con carenza di ossigeno e problemi di ipossia. Da febbraio a novembre la base diviene irraggiungibile a causa delle temperature e della lunga notte polare, si scene anche sotto i -80°C e il buio dura più di tre mesi.

L’isolamento e l'oscurità sono due importanti fattori che influenzano negativamente il nostro sonno. Ma anche quando in estate non va molto meglio, perché il sole splende per tutto il giorno, ininterrottamente per circa tre mesi e per avere un po' di buio nelle ore “notturne” dobbiamo oscurare i vetri con le tapparelle. Il ritmo circadiano è profondamente alterato da questi lunghissimi periodi alternati di oscurità e luce continue e gli espedienti riescono solo in minima parte a mitigare gli effetti negativi. Per evitare di essera completamente “sfasati”, ad esempio, è obbligatorio che tutto il personale in base rispetti gli orari dei pasti: colazione tra le 7.00 e le 8.00, pranzo alle 12.00 e cena alle 19.30. Questo aiuta a mantenere un ritmo “normale”, ad andare a letto e ad alzarci in ore regolari; inoltre contribuisce ad aumentare la socialità all’interno della base, facendo sì che ci si ritrovi tutti insieme durante i pasti e le pause tra una fase lavorativa e l’altra.

Alberto Salvati

Anche l’aria molto secca e la carenza di ossigeno giocano un ruolo negativo sulla qualità e quantità del nostro sonno. Cerchiamo di mitigare questo fastidio mettendo nelle nostre camerette degli umidificatori, oppure lasciamo a terra degli stracci umidi o stendiamo il bucato ancora bagnato su stampelle e fili.

Sono pochi coloro che qui riescono a dormire abbastanza e bene. Talvolta capita di vedere qualcuno che gira in base come uno zombi e si accascia sul primo posto in cui può sedersi: oramai capiamo subito che la notte è andata male e che per lui sarà una brutta giornata. Inevitabilmente, anche le attività lavorative ne risentono. Non aver dormito bene influisce fortemente, sia su chi svolge lavori manuali, come spalare la neve, sia su chi deve concentrarsi su lavori di concetto come può essere la calibrazione di un telescopio.

Certo, i disturbi del sonno dipendono anche dalla durata della permanenza a Concordia: da pochi giorni ai circa tre mesi di chi copre la campagna estiva, fino ad arrivare a più di un anno per chi partecipa alla campagna invernale. La durata dipende dai progetti in cui si è impegnati e, più in generale, dalle attività scientifiche e logistiche previste nella spedizione. Attività che, ricordiamo, avvengono nell’ambito del Pnra (Programma nazionale di ricerche in Antartide), finanziato dal Mur e avente come enti attuatori il Cnr, l’Enea e l’Ogs.

Le condizioni in cui si vive a Concordia rendono questa base quanto di più simile ci sia rispetto ad una stazione remota su un altro pianeta; per questo l’Agenzia spaziale europea (Esa), che sta progettando futuri viaggi spaziali verso altri pianeti, e altri Istituti di ricerca italiani e francesi sono interessati a come noi e i nostri corpi cerchiamo di adattarci a queste condizioni ostili ed estreme e a come le nostre funzioni vitali vengano alterate da questo ambiente. Numerosi studi biomedici condotti qui in base riguardano proprio il sonno: la sua alterazione in termini di qualità e quantità, la latenza nell’insorgenza, la frammentazione, l’alterazione del ciclo giorno-notte connessa al basso livello di ossigeno e ad altre condizioni (isolamento, confinamento, luce) che possono portare a problemi funzionali e di salute. Per questi studi ci sottoponiamo a fare un po' da cavie, per il bene della ricerca scientifica, a lunghi esperimenti, analisi costanti, questionari approfonditissimi e frequenti monitoraggi anche con sensori applicati sul nostro corpo.

Credo di aver esaurito lo spazio a disposizione per questo pezzo e non vi posso parlare degli interessanti sogni che si fanno a Concordia, d’altronde potrete ben immaginare che già essere qui è un sogno. Quindi, considerato che qui è quasi mezzanotte, do un’occhiata fuori al sole che splende e inutilmente cerca di scaldare questo ambiente alieno, abbasso la tapparella della finestra e vi auguro buona notte!

Fonte: Alberto Salvati, Ufficio Ict, e-mail: alberto.salvati@cnr.it