Focus: Sonno e sogno

Salvare la Terra: una necessità

Pianeta inquinato
di Fabio Trincardi

Fabio Trincardi, direttore del Dipartimento scienze del sistema Terra e tecnologie per l'ambiente, espone le condizioni affinché l’uomo riesca a mantenersi entro i nove limiti planetari per salvare il Pianeta. È un progetto, e non un sogno, che dobbiamo perseguire e contribuire a realizzare. E che possiamo raggiungere grazie all’economia circolare

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Ci sono nove limiti planetari entro i quali dovremmo mantenerci o rientrare, dato che alcuni sono già ampiamente superati. Il clima è il primo limite planetario ed è quello per cui abbiamo oltrepassato le condizioni di stabilità, e la prova più lampante di ciò è la destabilizzazione di tutta la criosfera del Pianeta. Avere calotte di ghiaccio perenne, in Groenlandia e in Antartide, è il requisito fondamentale per raffreddare la Terra e mantenerla nello stato stabile. I ghiacci, inoltre, riflettono la radiazione infrarossa verso lo spazio e la soppressione di questo effetto a causa della loro fusione rappresenta il punto di non ritorno (la soglia oltre la quale un cambiamento è irreversibile) più allarmante dell’intero sistema Terra. Ad esempio, con solo 1.2° di riscaldamento antropico, già raggiunti, non possiamo più impedire la fusione dei ghiacciai della Groenlandia, che perde 10 mila m3 di ghiaccio al secondo. La fusione della calotta glaciale della Groenlandia innalzerebbe il livello del mare di sette metri in tutto il mondo, minacciando centinaia di megalopoli sulla costa. La Groenlandia è solo una delle calotte polari della Terra ed è minuscola rispetto all’Antartide, che fino a pochi anni fa si pensava non fosse perturbato dai cambiamenti climatici. Oggi è invece destabilizzata tutta la sua parte ovest, col potenziale contributo di altri 5 metri al livello del mare globale. La temperatura della Terra dipende dalla concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera. Il 1988 è l’anno in cui viene varcato il limite, quando la concentrazione raggiunge 350 ppm di CO2. Da quel momento rischiamo di causare cambiamenti che porteranno il riscaldamento sempre più fuori controllo. Oggi abbiamo raggiunto una concentrazione di circa 420 ppm di CO2 e stiamo iniziando a sperimentare cosa significhi vivere nella zona a rischio dei limiti climatici: frequenza e durata dei periodi di siccità, ondate di calore, inondazioni, fusione accelerata dei ghiacciai e disgelo del permafrost, incendi delle foreste. Oltre le 450 ppm si entra in una fase di altissimo rischio per l’umanità. Il limite dell’aumento climatico è di 1,5° e siamo già a 1,2°. Restare dentro la zona di sicurezza comporta raggiungere un’economia libera dai combustibili fossili entro il 2050, cioè in meno di 30 anni.

Poi c’è la biodiversità, che  sta subendo una drammatica perdita e si sta avvicinando a un punto di non ritorno: la sesta estinzione, la prima causata da una sola specie. La biodiversità sta subendo un degrado che non ha precedenti nella storia dell’essere umano. Un milione di specie su un totale di 8 è minacciato di estinzione. In appena 70 anni l’umanità ha spazzato via il 69% delle specie selvatiche che abitano il Pianeta. In realtà, per nutrire 8 miliardi di persone avremmo bisogno di una natura perfettamente funzionante. Molte specie di insetti impollinatori sono estinte o in via di estinzione, ma circa il 70% delle colture dipende dall’impollinazione degli insetti. Solo il 30% degli uccelli è selvatico e le specie selvatiche di mammiferi pesano solo il 4% di tutti i mammiferi. Una delle foreste più grandi rimaste al mondo, l’Amazzonia, è uno dei fattori fondamentali della stabilità climatica della Terra. Già ridotta del 25% dai disboscamenti è ora in fase di "savanizzazione", con una stagione secca sempre più lunga. Se la foresta diviene savana gli alberi muoiono, e viene liberata CO2 nell’atmosfera con aumento dell’effetto serra: si calcolano 200 miliardi di tonnellate di anidride carbonica nei prossimi 30 anni, pari a tutta quella emessa nel mondo negli ultimi 5.

Passiamo all’acqua dolce, una delle basi della vita di ogni società. Ognuno di noi ha bisogno di 3.000 litri di acqua dolce a persona ogni giorno soltanto per restare in vita. 50 litri per lavarci e per bere, 100 per lavare e per le faccende casalinghe, 150 ne usano le industrie. Tutto il resto, circa 2.500 litri, sono per produrre tutto il cibo che mangiamo. Oggi ci troviamo ancora in una zona sicura per quanto riguarda l’acqua dolce, ma ci stiamo spostando in fretta verso la zona di pericolo.

Plastica in mare

I nutrienti (fosforo e azoto), sono un limite planetario ampiamente oltrepassato; si tratta di componenti essenziali dei fertilizzanti con i quali cerchiamo di aumentare la resa in agricoltura e zootecnia. Giunti al mare i fertilizzanti causano il processo di eutrofizzazione con conseguente riduzione dell’ossigeno; alla fine di questo processo si generano centinaia di zone morte, estese per migliaia di chilometri quadrati.

Poi c’è l’acidificazione degli oceani, dovuta alla CO2, assorbita dall’atmosfera, che diventa acido carbonico. Senza gli oceani la concentrazione di anidride carbonica in atmosfera sarebbe oltre 600 ppm, ma il prezzo è che i mari sono diventati più acidi del 26% e continueranno ad acidificarsi, vista la continua crescita della CO2. Questo cambiamento del Ph può a sua volta causare estinzioni; molluschi e coralli si troveranno senza guscio o senza scheletro e dovranno adattarsi a strategie di sopravvivenza completamente nuove, se possibili.

I suoli, invece, avrebbero la capacità di assorbire enormi volumi di CO2, ma sono sempre più utilizzati, cementati e impermeabilizzati. L’uomo sposta ormai più materiali inerti di quanto sia il carico solido di tutti i fiumi del mondo. Occorre un programma di rigenerazione per non oltrepassare definitivamente anche questo limite planetario.

Le sostanze inquinanti sono ben 100 mila: materiali creati dall’uomo - scorie nucleari, inquinanti organici persistenti, microplastiche, metalli pesanti, polveri sottili provenienti dai combustibili fossili e aerosol - che interagiscono con l’ambiente in modo catastrofico. Gli effetti di queste sostanze e le loro amplificazioni sono ancora poco noti. Aggiungiamo l’inquinamento atmosferico, che causa 7 milioni di vittime all’anno e accorcia di tre anni l’aspettativa di vita media. È legato all’economia del petrolio, alla disorganizzazione dei trasporti, della produzione e delle città.

Il buco dell’ozono è l’unico limite verso il quale ci stiamo muovendo nella direzione giusta. Tale gas intercetta le radiazioni UV nocive per l'ambiente e per la nostra salute. Quando il buco dell’ozono, causato dal rilascio in atmosfera di sostanze chimiche inquinanti, è stato scoperto sopra l’Antartide, negli anni ’80, si è scatenato il panico. Le nazioni hanno però iniziato a eliminare gradualmente le emissioni di queste sostanze dando prova di riuscire a gestire globalmente un pericolo per il mondo. È la strada da seguire anche per gli altri limiti planetari.

Un esempio che dimostra come ci siano reali possibilità per il futuro. Un cambiamento di vitale importanza sarebbe l’economia circolare, che punta al recupero delle materie prime contenute in ciò che per l’economia lineare è "scarto". Questo approccio permetterebbe di rientrare in tutti i limiti planetari sopra riassunti. Ma non solo. Piantare nuovi alberi è la soluzione più efficiente che abbiamo per assorbire CO2 e prevenire l’erosione dei terreni. Un'altra leva che ciascuno di noi può usare per risparmiare il Pianeta è il cibo: consumarne meno, abbattere gli sprechi, che oggi sono enormi, e cambiare regime alimentari. Adottare una dieta “italiana”, ad esempio, con meno proteine animali e cibi sani, ci riporterebbe all’interno di molti limiti come clima (meno disboscamenti), biodiversità (meno zootecnia intensiva e pascoli per poche specie di ruminanti lasciando posto a ecosistemi più complessi e naturali), nutrienti (si ridurrebbe la necessità di azoto e fosforo). Per la prima volta disponiamo infine di una conoscenza integrata, abbiamo cioè la capacità di agire consapevoli di essere la coscienza della Terra, il suo "cervello", assicurandoci che il nostro Pianeta resti sano e resiliente. La casa perfetta, innanzitutto per noi.

Fonte: Fabio Trincardi, Dipartimento scienze del sistema terra e tecnologie per l'ambiente, e-mail: direttore.dta@cnr.it