“La matematica, la geometria, l'algebra, le macchine eccetera sono state e sono per Sinisgalli una continua lucida e insieme un po' febbrile metafora” scriveva il Corriere della Sera nel 1970, in un commento posto a esergo di questa nuova edizione di “Calcoli e fandonie”, pubblicato per la prima volta nel 1968. Un anno fatale, rimasto come simbolo di quel mito progressista del quale la contestazione giovanile era al tempo stesso espressione e antagonista e che aveva il proprio faro nell'avanzamento tecnologico ed economico, congiunti per tramite dello sviluppo industriale. Sembra trascorsa un'era, rispetto ai nostri tempi di transizione ecologica e digitale.
Proprio per questo però è interessante sfogliare di nuovo un libro che “aveva la fisionomia di un diario politecnico” e radunava una serie di considerazioni scientifiche, architettoniche, letterarie, artistiche, che avevano accompagnato l'ingegnere e poeta negli anni Sessanta segnati per l'appunto dai processi di industrializzazione del Paese. “Calcoli e fandonie” è anche il ritratto di un intellettuale che ha continuato a credere nella modernità come unica via di miglioramento della condizione umana. Un ottimismo, o forse un utopismo, che dovrebbe farci riflettere anche su quello con il quale oggi traguardiamo nuovi orizzonti senza forse coglierne le asperità.
I pensieri e le riflessioni di Leonardo Sinisgalli (Montemurro Potenza 1908-Roma 1981) qui raccolti sono diversi per lunghezze (in taluni casi si tratta di semplici aforismi), qualità e argomenti. Ma nel complesso aiutano a tratteggiare una delle figure più originali nella letteratura italiana del Novecento. “Poeta-ingegnere” per definizione, come si è detto, ma anche critico d'arte ed esperto di architettura: fu responsabile della pubblicità (l'anima del commercio, si diceva un tempo, e quindi anche dell'industria) per Olivetti, Alfa Romeo, Pirelli, Finmeccanica, Eni e Alitalia. Ha fondato e diretto le riviste industriali Pirelli, Civiltà delle macchine, Il Quadrifoglio. Tanto per dire come, ai tempi, mettere la parola poetica al servizio di certi temi, e di certi padroni, non fosse ritenuto affatto uno scandalo: anche se poi, con il fatidico '68, la prospettiva ideologica e culturale cambiò radicalmente.
Si parla molto di Scienza, con la maiuscola, in queste pagine, per dire che “tende a generalizzare a chiudere l'universo in una sola formula. La poesia diventa sempre più dispersiva e non-significante”, “La poesia trarrà pochi vantaggi dalla scienza”, “scoprire l'antimateria è come definire la poesia. Si lavora al limite si rischia la catastrofe”. Nell'abbinamento o antagonismo con la poesia, che come si vede ricorre frequente, si coglie più di un filo di scetticismo verso la seconda: “I piccoli poeti che tu adori, letti da quattro gatti”, “Il Poeta lascia pochissime testimonianze della sua onorabilità. Dimentica quello che ha scritto”, “La pianificazione non serve alla poesia, serve all'industria. L'industria è seria, l'arte è futile”, “il dilettante usa un gergo patetico viscerale. Non riesce a manipolare i calcoli analogici. Si commuove quando scrive poesie”.
Interessanti anche i cenni più occasionali ad antimateria, algebra, geologia, ingegneria e quelli riferiti a coevi dell'autore, come Gennaro Masullo, Enrico Mattei, Le Corbusier, Fontana, i poeti Quasimodo e Gatto, fisici come Majorana e Fermi. E poi i frequenti ricordi del Sud, di Montemurro, dei Sassi, indici di una nostalgia irrisolta, forse di un senso di colpa verso un mondo arcaico, abbandonato e stravolto dal progresso materiale.
titolo: Calcoli e fandonie
categoria: Narrativa
autore/i: Sinisgalli Leonardo
editore: Hacca
pagine: 150
prezzo: € 15.00