“La distruzione della foresta amazzonica avviene a grande distanza da noi, però dobbiamo preoccuparcene non solamente per una ragione emotiva, ma per gli effetti negativi che arrivano anche alle nostre latitudini”, spiega Giorgio Matteucci, direttore dell'Istituto per i sistemi agricoli e forestali del Mediterraneo (Isafom) del Cnr. “Partiamo dalla scala globale: l'aspetto più grave sono le emissioni di anidride carbonica (CO2) causate dall'incendio. Ogni anno, circa il 10% delle emissioni globali di gas serra sono legate agli incendi. L'aumento della superficie di foresta che va a fuoco - in Amazzonia ma anche in Siberia e in tutta l'area boreale - determina un aumento delle emissioni in atmosfera che sono la causa principale del cambiamento climatico. Inoltre, la foresta perduta non assorbirà CO2 per diversi decenni, dunque alla maggiore anidride carbonica si aggiunge anche il suo minore assorbimento. Due fattori negativi concomitanti”.
Ma il problema non è solo questo. La preoccupazione riguarda anche l'impatto sul ciclo dell'acqua. "La foresta amazzonica determina direttamente circa il 70% delle precipitazioni nell'area e in tutto il sub-continente”, continua il direttore del Cnr-Isafom. “C'è poi la perdita irreparabile della biodiversità vegetale e animale: per caratteristiche ecologiche e climatiche, la foresta tropicale è l'ecosistema che presenta la maggiore diversità di specie, in buona parte ancora sconosciute. E gli incendi possono provocarne definitivamente la scomparsa, facendoci perdere così anche specie vegetali in grado di fornire principi attivi per medicinali nuovi o migliori rispetto agli esistenti. Infine, c'è da considerare l'emissione di polveri e particelle carboniose, con impatto negativo sulla salute”.
Le foto "finte", come quelle dell'incendio amazzonico, sono dunque certamente da evitare, ma in qualche modo servono a ricordarci che la Terra va salvaguardata, perché tutelarla vuol dire proteggere noi stessi e la nostra salute.
Fonte: Giorgio Matteucci, Istituto per i sistemi agricoli e forestali del Mediterraneo, e-mail: giorgio.matteucci@isafom.cnr.it -