Faccia a faccia: Facciamo il punto

Anfibi, che passione!

Emanuele Biggi
di Alessia Cosseddu

Emanuele Biggi è da dieci anni co-conduttore, insieme a Sveva Sagramola, del programma di Rai3, “Geo”. Fotografo, naturalista e appassionato fin da bambino di insetti, ragni e anfibi, è riuscito a fare della sua passione un mestiere diventando così divulgatore e ideatore di numerose mostre scientifiche, tra cui “Amphibia”, organizzata in collaborazione con il Cnr e con il Museo di Storia Naturale “G. Doria” di Genova, dove sarà visitabile fino al 26 maggio

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Fin da bambino, Emanuele Biggi ha coltivato una profonda passione per gli anfibi, i rettili e gli artropodi, interesse che ha continuato a sviluppare nel corso degli anni. Dopo aver conseguito la laurea in scienze naturali e completato un dottorato di ricerca in scienze ambientali, ha dedicato con entusiasmo il suo impegno allo studio e alla conservazione di questi piccoli animali. La sua principale modalità di divulgazione per le tematiche a lui care è la fotografia naturalistica. Dal 2013, ha assunto il ruolo di co-conduttore nel programma televisivo “Geo”, affiancando Sveva Sagramola. La sua lunga collaborazione con l'amico e collega Francesco Tomasinelli ha portato all’ideazione e all’allestimento di mostre scientifiche, tra cui “Kryptòs” e “Amphibia”, quest'ultima realizzata in collaborazione con l'Unità comunicazione del Cnr e con il Museo di Storia Naturale “G. Doria” di Genova.

10 anni di “Geo”. In questo decennio, quali sono state le tematiche scientifiche più in voga?

Inizialmente, emergeva principalmente un forte interesse per le tematiche naturalistiche, prevalentemente di storia naturale. Nel corso del tempo, ho notato un'evoluzione verso argomenti legati all'ambiente, con una crescente attenzione alla sostenibilità. Sia gli autori che gli spettatori hanno gradualmente spostato il loro interesse verso questioni ambientali cruciali, come l'uso eccessivo di plastica monouso o la sostenibilità nelle pratiche agricole, per citare due esempi significativi. Per quanto riguarda il mio ruolo di co-conduttore insieme a Sveva, mi sono ritagliato uno spazio dedicato alle interviste focalizzate sulla conservazione della natura e degli ecosistemi, un tema che mi sta particolarmente a cuore.

Collabora con la mostra “Amphibia”, organizzata in collaborazione con l'Unità Comunicazione del Cnr, visitabile fino al prossimo 26 maggio a Genova. Ce ne parla?

L’esposizione è un’idea mia e di Francesco Tomasinelli e curata da noi con le nostre fotografie. Gli animali vivi presentati sono, in buona parte, di nostra proprietà e li abbiamo esposti anche in altre mostre che abbiamo organizzato in giro per l'Italia. Ci sono anche filmati, una parte dei qualii girati da me o da Francesco, quindi è un lavoro a tutto tondo, per raccontare e far trasparire la grande diversità di questo mondo, che pensiamo sempre legato solo a rospi e raganelle, ma che è molto più vario. La complessità di questi animali è sfaccettata; ad esempio, c’è anche il gruppo delle cecilie, che nessuno conosce e che da noi non sono neanche presenti, che sono un gruppo di anfibi che, seppur sottorappresentato e quindi numericamente meno presente, è comunque importante. Insomma, è una mostra che ha cercato di dare luce a ciò che, per me, rappresenta il mondo più bello che esista: quello degli animali anfibi. Da un lato, perché è stata la mia passione fin da bambino, e dall'altro, perché ritengo sia importante portare alla luce anche alcune delle problematiche legate alla conservazione di questi animali che sono, attualmente, i vertebrati più minacciati al mondo e su cui penso, quindi, sia doveroso documentare tematiche legate alla loro conservazione.

Locandina mostra Amphibia

Nella vostra trasmissione, date voce agli esperti. Ospitate spesso anche ricercatori e ricercatrici del Cnr. Pensa che il pubblico abbia imparato a riconoscere l’importanza delle fonti?

È una cosa su cui puntiamo molto per le tante tematiche scientifiche trattate, ospitando appunto ricercatori del Cnr o di altri enti come, ad esempio, l’Ispra per la gestione tecnica della conservazione dell’ambiente e della natura. È importante dare voce a persone titolate a parlare di certi argomenti perché, ad esempio, hanno svolto ricerche riconosciute dalla comunità scientifica in quell’ambito. I nostri autori - Marco Castellazzi, Rosario Cutolo, Caterina Manganella e Chiara Romano - sono molto attenti a questo aspetto, perciò, c’è un importante lavoro di squadra che precede quello che poi facciamo in studio io e Sveva. Questo impegno si riflette anche sul pubblico, che apprezza la competenza dei nostri ospiti nei loro rispettivi campi di studio. Spesso riceviamo complimenti dai telespettatori, che riconoscono il valore del fatto che i nostri ospiti parlano di materie di cui sono esperti, diventando in qualche modo referenti autorevoli in quel campo specifico.

Cosa possono fare scienza e divulgazione per chi nega che ci sia un cambiamento climatico in atto?

Continuare a fare quello che attualmente fanno: parlarne e informare. Purtroppo vedo che anche chi ha una posizione elevata, di influenza o di potere decisionale, ancora oggi nega il cambiamento climatico. Quindi, ciò che dobbiamo fare come comunicatori della scienza e come ricercatori è proseguire sul binario della divulgazione dei risultati e dei dati che vengono forniti dalla scienza e che vanno ad avvalorare certe tesi scientifiche, raccontano quella che è la tendenza climatica come conseguente ed evidente impatto dell’attività umana, dimostrando che procede a una velocità sicuramente non naturale. Se un giorno, la scienza stessa dimostrasse che ci stiamo sbagliando, sarei il primo a esserne contento. La scienza si alimenta del dubbio e di azioni di verifica per progredire, cercando di perfezionare i risultati ottenuti. Altre volte, invece, li confuta attraverso risultati ancora più “performanti”, discutendo scientificamente con i dati, non con le opinioni.

Fotografia e divulgazione. Possiamo dire che per lei rappresentano una passione che è anche diventata una professione. Che messaggio dà ai giovani che vorrebbero seguire le loro passioni ma che in tal modo difficilmente riuscirebbero a garantirsi un futuro stabile?

Se la passione è forte, come la mia per gli anfibi, suggerisco di affrontare le difficoltà senza arrendersi. Ad esempio, il desiderio di lavorare con gli animali può comportare fatica, sporco o situazioni sgradevoli legate al contatto con la natura. La chiave è non demordere e valutare se la strada intrapresa è davvero quella desiderata, evitando idealizzazioni. Collaborare è altrettanto cruciale: la rete consente connessioni autentiche, come la mia lunga collaborazione con Francesco Tomasinelli, socio e compagno di sventure nelle spedizioni fotografiche e nelle mostre scientifiche. Iniziare da soli per prevalere anziché trovare una via è un errore comune, pertanto, consiglio di mettersi in rete, fare esperienze con altri e accumulare competenze. Con il tempo, si può acquisire l'esperienza curricolare necessaria per progredire, che si tratti di ricerca o di altri ambiti.

La trasmissione “Geo” permette ai telespettatori di “viaggiare” seppur in modo virtuale. Qual è il viaggio (vero) che non ha mai fatto e vorrebbe fare?

Quello principale che spero di poter fare quest'anno come viaggio di nozze è in Australia, dove ci sono animali, tossici e velenosi, che sono in assoluto quelli che sogno di più di vedere. Inoltre, è un paese che non ho non ho mai visitato. Per fortuna è il sogno anche della mia futura moglie, quindi dovremmo riuscire a realizzarlo. Un altro posto che vorrei vedere come spedizione fotografico-scientifica è la Nuova Guinea, un luogo che ha ancora quell'aura di inesplorato e che permette, quindi, di trovare specie uniche e di acquisire nuove conoscenze.  Mi piacerebbe andarci come fotografo di una spedizione scientifica e di poter documentare non solo gli animali e la natura, ma anche il lavoro degli scienziati.

E magari scoprire un nuovo anfibio o un insetto che chiameranno col suo nome

Sarebbe bello. Devo dire però che mi ha fatto molto piacere quando Tiziano Cossignani, direttore del “Museo Malacologico” di Cupra Marittima, mi ha dedicato una sottospecie di Conus, una chiocciola marina che mi aveva entusiasmato tanto perché è ultra-velenosa.

A parte i viaggi e il matrimonio, quali sono gli altri progetti futuri? 

La mostra “Amphibia” occupa buona parte del nostro tempo, io stesso mi occupo degli animali e, tutte le volte che posso e che sono a Genova, vado personalmente ad accudirli. Dovrei riuscire anche a tornare in Costa Rica per poter documentare un fenomeno, legato sempre agli anfibi, che avviene solo in particolari momenti di pioggia molto intensa. È una cosa che ho già provato a fare l'anno scorso senza riuscirci perché non ho trovato il momento giusto, dunque mi piacerebbe tornarci. Un’altra cosa all'orizzonte, su cui rimango vago perché è ancora un progetto in fieri, è il mio quarto libro.