Transizione ecologica, un gioco di squadra
Da ventitré anni volto dei pomeriggi di Rai Tre con la trasmissione Geo, Sveva Sagramola parla di come è cambiata la consapevolezza ambientale nel suo pubblico in questo arco di tempo. E afferma di essere convinta che solo se capiamo di essere interconnessi con tutti gli altri sistemi viventi del Pianeta possiamo andare, tutti insieme, verso una completa ed efficace transizione ecologica
Sveva Sagramola esordisce in Rai negli anni '90 con Mixer, programma di informazione diretto da Giovanni Minoli, in cui affronta temi sociali e di costume. Nel 1997 inizia a occuparsi di ecologia e ambiente con “Professione natura”, programma settimanale in prima serata su Rai Tre. Dal 1998 è alla guida di Geo il programma pomeridiano della terza rete televisiva Rai dedicato alla natura e all'ambiente.
In questi anni, com'è cambiato il pubblico e, di conseguenza, il modo di fare divulgazione scientifica?
Quando ho preso il timone di Geo, le tematiche ambientali erano di nicchia. Considerate un ambito per pochi esperti, quasi sempre malvisti come degli esagerati. Oggi la tematica ambientale è al centro delle nostre vite e discussioni. In ventitré anni mi sono trovata a maneggiare una materia che diventava sempre più importante e l'ho fatta confluire in Geo che, prima del mio arrivo, era incentrato solo sull'aspetto naturalistico e di conservazione dei grandi patrimoni di biodiversità della natura. A questi argomenti si sono aggiunti temi come la transizione ecologica, di cui parliamo già da tanti anni, la qualità della vita, il consumismo, la sostenibilità, ma anche la giustizia sociale e le disparità. Posso dire che, grazie anche al lavoro capillare di informazione che abbiamo svolto quotidianamente, c'è oggi una maggiore consapevolezza dei temi ambientali.
Che aiuto vi arriva dalle nuove tecnologie?
I nuovi media e le nuove tecnologie sono un grande aiuto perché l'informazione, rispetto al passato, arriva prima e a più persone, quindi cambia anche il modo di comunicare. A Geo abbiamo sempre scelto una linea editoriale propositiva. Limitarsi a dire che va tutto male e che il Pianeta sta per esplodere sortisce un effetto di fuga delle persone dai problemi. Per questo cerchiamo di indicare soluzioni, opportunità, mostrando realtà positive e virtuose, oltre a esempi negativi. Ad esempio, giovani scienziati e imprenditori che hanno nuove idee, che fanno impresa circolare, che sfruttano i sistemi naturali in modo sostenibile e che, quindi, infondono speranza. La transizione verso un cambiamento reale è in atto. Ovviamente ci vorrà tempo.
È quindi anche una questione generazionale?
Sì, oggi i ragazzi sono infinitamente più avanti. Nascono in una società dove la questione ambientale è sotto i riflettori. Acquisiscono una coscienza e un'educazione ambientale che noi non avevamo. Se vent'anni fa spiegare il cambiamento climatico era complicato, oggi le persone sanno di che cosa si tratta. Ovviamente, c'è chi trova più facilità nell'adottare pratiche rispettose dell'ambiente e chi invece, per pigrizia, fatica a sradicare le cattive abitudini. D'altra parte, il rispetto per la Terra è insito nell'essere umano, che è consapevole che da essa ricava sostentamento.
Cosa si potrebbe fare ancora?
Innanzitutto, un bagno di umiltà, rendersi conto che con l'istinto predatorio verso le altre specie e le risorse naturali, con la quantità di spazzatura che produciamo, con l'inquinamento e la mancanza di rispetto per gli altri esseri umani non andiamo da nessuna parte. Prendiamo l'esempio della pandemia: il Coronavirus ha investito i popoli di tutto il mondo e ci ha fatto sentire inermi. Possiamo farci forza soltanto se tutto il sistema vivente è forte e sano.
Uno degli obiettivi del Green Deal europeo è l'azzeramento nel 2050 delle emissioni nette di gas a effetto serra. Pensa che riusciremo?
Secondo me sì, perché gli europei sono abbastanza virtuosi. L'Europa è un continente avanzato, ha risorse, tecnologie, normative avanzate, quindi può farcela. Il vero grande problema sono la Cina, gli Stati Uniti, i Paesi del sudest asiatico o dell'Africa. Lì occorre un impegno forte per abbandonare l'utilizzo dei combustibili fossili e passare alle energie rinnovabili, ma questo richiede un aiuto di tutti.
Per divulgare temi scientifici più astratti, come la virologia, quali sono le difficoltà?
Ci sono temi molto complicati da divulgare, però tutto dipende dall'esperto che ne parla. A Geo siamo molto rigorosi nella scelta delle fonti, le persone invitate in trasmissione fanno parte della comunità scientifica, sono rigorosamente titolate, sono veri esperti. Ma tra queste persone titolate e bravissime dobbiamo trovare quelle in grado di comunicare in maniera diretta e semplice, che significa essere non superficiali ma chiari. Serve la leggerezza di mettersi in gioco e spiegare con un sorriso una cosa complicata.