Focus: Mimetismo

Imitare un risultato (o sue proprietà)

Matematica
di Naomi Di Roberto

Il metodo delle differenze finite mimetiche è una strategia matematica per la risoluzione di problemi tridimensionali descritti da equazioni differenziali, secondo cui il risultato ottenuto, che è un’approssimazione della “vera” soluzione, “imita” la soluzione cercata o alcune sue proprietà. Per capire meglio di cosa si tratta ne abbiamo parlato con Gianmarco Manzini, ricercatore dell’Istituto di matematica applicata e tecnologie informatiche del Consiglio nazionale delle ricerche e staff scientist del Laboratorio Nazionale di Los Alamos, nel New Mexico

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Generalmente al termine “mimetismo” diamo come significato principale quello di camuffarsi o nascondersi, spacciarsi per qualcun altro o qualcos’altro. In matematica, però, le differenze finite mimetiche sono un metodo per la risoluzione al computer di equazioni differenziali alle derivate parziali, che garantiscono che la soluzione approssimata che si trova abbia  alcune delle proprietà della soluzione “vera”, da cui il termine "mimetico", e cioè che “mima” o “imita”. “Questo metodo nasce per risolvere problemi tridimensionali per la semplice ragione che viviamo in un mondo tridimensionale (più il tempo). L'idea alla base delle mimetiche è che si vuole riprodurre nello schema numerico una proprietà di dualità per gli operatori differenziali discreti che approssimano gli operatori differenziali con cui si scrivono i modelli matematici Questa proprietà di fatto accoppia gli operatori differenziali principali (gradiente, rotore, divergenza); per esempio, si accoppiano il gradiente e la divergenza, oppure il rotore con se stesso”, spiega Gianmarco Manzini. “Questa elegantissima proprietà è espressa dal Teorema di Stokes, che definirei come una delle scoperte più importanti nella storia della matematica. Nonostante l'idea dei mimetici sia tutto sommato semplice, ha tuttavia richiesto decenni perché venisse capita e diventasse la base di una vera e propria tecnologia”.

Cervello

La storia dei mimetici si intreccia inevitabilmente con alcune vicende mondiali, come la Guerra Fredda, il crollo dell'Unione Sovietica, l'emigrazione degli scienziati russi ex-sovietici verso l'Occidente negli anni ’90. “Questo metodo nasce più o meno nello stesso periodo, e cioè negli anni Cinquanta, sia nei Paesi occidentali sia in quelli del blocco orientale (che all’epoca formavano l’Unione Sovietica). Tuttavia, a causa principalmente della Guerra Fredda, il lavoro effettuato dagli scienziati sovietici è poco conosciuto in Occidente”, continua il ricercatore. “In questo primo periodo, l’interesse dei ricercatori si è focalizzato su modelli matematici relativamente semplici, che potremmo definire ‘accademici’. Dalla metà  degli anni ’70, i temi di ricerca diventano più applicati in quanto motivati dalla necessità di risolvere problemi più realistici. Poi, nei primi anni ’90, si assiste a un fenomeno di migrazione degli scienziati ex-sovietici nelle istituzioni accademiche occidentali, in particolare in università e centri di ricerca. Questa migrazione sposta inevitabilmente il ‘baricentro’ della ricerca sui mimetici e il testimone viene raccolto principalmente dal Los Alamos National Laboratory, nel Nex Mexico, che già aveva ospitato durante la Seconda Guerra Mondiale il progetto Manhattan per la realizzazione delle prime bombe atomiche. Ed è proprio a Los Alamos che il metodo mimetico raggiunge una prima maturità”.

Ma è verso la metà degli anni 2000 che diventa veramente maturo dal punto di vista matematico. “L’incontro a Los Angeles durante una conferenza mondiale tra alcuni ricercatori di Los Alamos e di Pavia, a metà anni 2000, porterà alla nascita di una collaborazione scientifica che avrà un enorme impatto sullo sviluppo di queste tecniche di calcolo. L’introduzione di un insieme di nuovi strumenti matematici sarà la base per la costruzione di una solida e rigorosa base teorica per le discretizzazioni mimetiche”, conclude Manzini.

Fonte: Gianmarco Manzini, Istituto di matematica applicata e tecnologie informatiche e Theoretical Division, Los Alamos National Laboatory, New Mexico (Usa)marco.manzini@imati.cnr.it

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