Focus: Mediterraneo

Il binomio della svolta blu

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di Giovanni Canitano

Ecologia ed economia contraddistinguono due progetti ai quali partecipa l’Istituto di studi sul Mediterraneo. PescaPlastica mira a trasformare la plastica non riciclabile raccolta in mare dai pescatori in carburante per le loro imbarcazioni. Celavie propone un sistema che permette di coltivare le piante con la stessa acqua usata per l'allevamento dei pesci

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Un giovane gruppo dell’Istituto di studi sul Mediterraneo (Ismed) del Cnr  di Palermo, composto da ricercatori e tecnici con competenze in economia, biologia, scienze naturali, statistica ed ecologia, utilizza un approccio focalizzato sulla biodiversità come capitale naturale. Su un sistema economico-sociale sviluppato lungo un percorso di sostenibilità. Sulla protezione dell'ambiente in un'ottica di transizione ecologica. Un caso di studio di tali attività, il progetto “PescaPlastica”, rappresenta un paradosso, una visione inversa” rispetto a quella tradizionale. L'inquinamento marino da plastica è, notoriamente, una delle maggiori sfide ambientali, un complesso, multidimensionale e multisettoriale problema globale con effetti ambientali, economici, sulla salute pubblica e sulla sicurezza alimentare. Il gruppo ha iniziato a studiare questo tema con un approccio multidimensionale, partendo dall'impatto che la plastica e la microplastica hanno sul biota e sulla biodiversità, attraverso lo studio dei meccanismi di accumulazione di inquinanti sulle linee cellulari, poi sugli invertebrati e, infine, sui pesci, per comprendere la reazione tra ecosistema e catena tragica.

Studiando l'impressionante quantità di plastica nel Mediterraneo, ci si è resi conto che la sua necessaria rimozione può e deve essere un'opportunità in una visione di economia circolare. Nasce così PescaPlastica, progetto di Regione Sicilia - Dipartimento della pesca mediterranea a cui partecipano l’Istituto per i polimeri, compositi e biomateriali (Ipcb) del Cnr di Catania, la Greenertech, il Csr Pesca, la Op di Trapani e Isole Egadi e l’Università Lumsa. Il progetto, grazie alle opportunità offerte dal DEL PO FEAMP 2014/2020, ha come scopo quello di individuare e applicare un modello virtuoso di gestione e utilizzo dei rifiuti marini. Ed è nella tecnologia della pirolisi, realizzata in piccola scala, che si è trovata la soluzione per trasformare la plastica non riciclabile, raccolta in mare dai pescatori, in carburante per le stesse attività di pesca. I recenti risultati hanno dimostrato infatti che il funzionamento della tecnologia plastica-combustibile può essere logisticamente ed economicamente praticabile per le piccole comunità, come le marinerie, fornendo un esempio pilota. Gli impianti a pirolisi su piccola scala permettono infatti di elaborare rifiuti di plastica misti a basso intervento di differenziazione e di pre-trattamento, per ottenere liquido idrocarburico costituito da polimeri base, da riconvertire in polimeri pregiati. Dopo una sperimentazione di un anno, è oggi possibile ipotizzare azioni di potenziamento delle attività in banchina che, grazie a un aggancio alla governance dei rifiuti attuata a livello comunale, possano risolvere i problemi legati allo smaltimento del materiale sbarcato, promuovendo contemporaneamente un interessante spin-off economico produttivo.

Team del progetto Celavie

Gruppo di lavoro italo-tunisino del progetto Celavie

Il progetto di cooperazione transfrontaliera nel Mediterraneo "Celavie" esplora invece lo scenario futuro di una popolazione mondiale vicina ai 9 miliardi di persone con una disponibilità di suoli fertili sempre più ridotta, che imporrà il passaggio da sistemi produttivi intensivi a tecniche conservative in grado di ottimizzare l’uso delle risorse, per rendere i processi produttivi efficienti e sostenibili. È lo scenario della transizione verso l’economia circolare, e l’acquaponica è considerata tra le soluzioni più promettenti. Si tratta di un sistema produttivo fuori suolo a circuito chiuso, che combina le colture acquatiche e quelle vegetali. Schematicamente, l’acqua di scarico delle vasche di allevamento va a irrigare speciali letti di crescita privi di terra e concime, contenenti soltanto inerti su cui le piantine attecchiscono. Determinante il ruolo delle popolazioni batteriche presenti nei letti di crescita, che trasformano le sostanze di rifiuto provenienti dal metabolismo animale in nutrienti, poi assorbiti dalle radici dei vegetali. Il fattore unificante è quindi l’acqua impiegata per la crescita degli organismi acquatici, prima filtrata per allontanare gli elementi solidi e per convertire l’ammoniaca in nitrati e poi riciclata come soluzione nutritiva. Le piante svolgono un’ulteriore azione filtrante, assorbendo i nitrati attraverso le radici e utilizzandoli come fonte di azoto. L’acqua così trattata ritorna depurata nelle vasche per un nuovo ciclo, e in questo modo è possibile ottenere due produzioni, ittica e vegetale: occorre reintegrare soltanto le piccole quote di acqua evaporate.

Importanti i vantaggi ecologici: l’acquaponica minimizza il consumo idrico (risparmio superiore al 90%), la quantità di reflui immessi nell’ambiente e l’uso di sostanze chimiche per la nutrizione delle piante, l’uso di suolo e non richiede pesticidi. Tutto ciò si traduce anche in minori costi di produzione. Parte importante di questa attività è anche la narrazione, particolarmente nelle scuole, nella certezza che la conoscenza possa cambiare lo stato delle cose grazie alla consapevolezza delle nuove generazioni.

Fonte: Giovanni Canitano, Istituto di studi sul Mediterraneo, e-mail: canitano@ismed.cnr.it

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