Epidemia di disinformazione
L'eccesso di informazioni che si accumulano con ritmo esponenziale agisce in modo analogo a quanto accade con un agente infettivo. Un fenomeno che insidia la credibilità pubblica della scienza e degli scienziati, come sottolinea Giovanni Maga, direttore dell’Istituto di genetica molecolare del Cnr
In una società sempre più globalizzata, il modo di produrre, divulgare e percepire l’informazione può diventare estremamente complesso e, talvolta, ingannevole. Con l’avvento di internet e dei social media si è infatti passati da un sistema di informazione verticale - dalla fonte al lettore attraverso la mediazione di un esperto della comunicazione - a un sistema sempre più orizzontale, in cui il cittadino crea, commenta, condivide con utenti affini, amici e seguaci. Questa contrazione dei tempi di produzione e diffusione fa sì che l’individuo si perda all’interno del cosiddetto “rumore informativo” e sia esposto al rischio di polarizzazione e disinformazione.
L’emergenza sanitaria ha messo in risalto le ombre di questo sistema, tanto è vero che l’Organizzazione mondiale della sanità ha lanciato l'allarme sulla cosiddetta "infodemia". “Le nuove tecnologie digitali, i social media, il web, se da un lato consentono accesso facile e immediato a molteplici fonti di informazione, dall’altro nascondono insidie. Innanzitutto, non permettono di differenziare l’affidabilità delle fonti: notizie vere da fonti accreditate sono presentate con la stessa evidenza delle notizie imprecise o delle vere e proprie fake news”, spiega Giovanni Maga, direttore dell’Istituto di genetica molecolare (Igm) del Cnr. “Ogni notizia, poi, viene amplificata potenzialmente con il meccanismo della citazione ripetuta, per cui a partire dalla fonte originale, la notizia viene ripresa da migliaia di siti spesso senza verifica preventiva della sua correttezza. Nel caso della pandemia, le informazioni più richieste sono ovviamente di carattere scientifico e medico: sulla natura e origine del virus, sui meccanismi di trasmissione, sulle conseguenze dell’infezione, sui vaccini, sui farmaci e così via”.
L’informazione scientifica ha dei canoni precisi, che il direttore del Cnr-Igm illustra. “Innanzitutto la verificabilità: il dato scientifico è basato sempre su elementi oggettivi, verificabili da tutti. Poi la riproducibilità: un’affermazione desunta da dati sperimentali è tanto più affidabile quanto più è riproducibile da ricercatori indipendenti. Infine, l’incertezza: ogni conclusione derivante dalla ricerca scientifica ha sempre un grado di incertezza più o meno elevato a seconda della completezza dei dati su cui è basata. Soprattutto, è sempre suscettibile di modifica al progredire delle conoscenze. Ecco che qui si evidenzia l’insanabile dicotomia tra informazione intesa in senso massmediatico e informazione scientifica: la narrazione di un evento nuovo, come la pandemia causata da un agente virale sconosciuto, da un punto di vista scientifico richiede tempo per la raccolta dei dati e per la loro interpretazione e verifica, e deve sempre includere una stima dell’affidabilità delle conclusioni. Al contrario, la narrazione mediatica vuole risposte immediate, sempre nuove e, soprattutto, non ammette l’incertezza".
L’infodemia nasce allora da questa distorsione di fondo, in cui le conclusioni provvisorie della scienza sono presentate come certezze. "Nel momento in cui poi, al mutare delle condizioni dell’epidemia si palesa la loro inesattezza o approssimazione, si crea una confusione nella percezione da parte del pubblico, che non trova in quelle fonti le certezze che desidera e quindi le cerca altrove. Cresce dunque la domanda non tanto di informazione scientificamente accurata, quanto di parole rassicuranti o di spiegazioni che diano (false) certezze, come le teorie complottiste sull’origine del virus che, da un punto di vista cognitivo, risultano più comprensibili (e quindi più rassicuranti) rispetto all’ammissione (più onesta) di non sapere da dove questo flagello si è originato”, conclude Maga.
La disinformazione, dunque, mina non solo la reputazione e la fiducia nella scienza, ma soprattutto quelle negli scienziati. “Una conseguenza della rappresentazione distorta delle evidenze scientifiche, quando cioè queste vengono presentate come certezze invece che come descrizioni dell’esistente suscettibili di modifiche, è l’inevitabile sensazione da parte del pubblico che gli scienziati ‘non sappiano che pesci pigliare’, ‘tirino a indovinare’, ‘dicano tutto e il contrario di tutto’, per parafrasare alcune delle critiche più comuni. Di qui, un calo nella credibilità e nella fiducia della scienza. In parte questo sentire è figlio di una percezione non corretta della figura dello scienziato", spiega Maga. "Nell’immaginario collettivo, infatti, l’uomo di scienza è colui che ha tutte le risposte, il depositario della verità. In altre parole, le affermazioni della scienza vengono viste come verità, laddove si tratta invece solo di descrizioni, modelli, analisi dell’esistente al meglio dei dati disponibili, ma mai intrinsecamente dotate di valore assoluto. Questo fraintendimento causa delusione nel momento in cui l’affermazione di oggi viene smentita il giorno dopo. In un contesto altamente dinamico come una pandemia, soggetta a cambiamenti repentini e caratterizzata da grandi incognite, essendo causata da un microrganismo sconosciuto, questa delusione si ripete continuamente, minando ulteriormente la fiducia nella scienza”.
La scienza, in realtà, è al servizio della società: l’incremento delle conoscenze è il fondamento di ogni successiva applicazione di quelle conoscenze per risolvere problemi e rispondere ai bisogni dei cittadini, della democrazia. “Ma se la società non ha una idea del percorso logico e dell’approccio sperimentale che sta dietro a ogni deduzione scientifica, il rischio è che si creino false aspettative. Che si chiedano alla scienza risposte che magari non è ancora in grado di dare”, conclude il direttore del Cnr-Igm. “Quindi l’alfabetizzazione scientifica è innanzitutto necessaria per costruire un giusto ed equilibrato rapporto tra scienza e società. Ma ha anche un valore aggiunto. In una società altamente tecnologica come la nostra, verrà sempre più chiesto di esprimere pareri su argomenti di grande importanza, si pensi alle biotecnologie, con elevato contenuto tecnico-scientifico, la possibilità per il cittadino di esprimere un parere consapevole parte dalla sua comprensione dei principi alla base di queste applicazioni e dalla sua capacità di giudicare, tra le diverse fonti di informazione o tra i rappresentati di diverse opinioni, coloro i quali hanno competenza e autorevolezza per fornire gli elementi in base da cui prendere una decisione. Perciò, una maggiore alfabetizzazione scientifica è anche garanzia di una migliore partecipazione democratica alle decisioni della collettività”.
Per saperne di più: https://aulascienze.scuola.zanichelli.it/multimedia-scienze/interviste/pandemia-e-infodemia-cosa-possiamo-imparare-da-covid-19
Fonte: Giovanni Maga, Istituto di genetica molecolare, e-mail: giovanni.maga@igm.cnr.it