A generare questi tsunami sono stati terremoti sottomarini, ma a provocarli possono essere anche lo scoppio e il collasso di un'isola vulcanica o una frana sottomarina. “Il più famoso esempio della prima categoria è stato, in tempi relativamente recenti, il Krakatoa, nello stretto indonesiano della Sonda”, prosegue il ricercatore. “Esploso il 29 agosto del 1883, ha prodotto un fragore udito fino in Australia, a 3.600 km di distanza. L'onda creata non solo ha raggiunto l'Africa, ma l'ha doppiata, risalendo tutto l'Atlantico per essere infine misurata nella Manica”.
Anche il Mediterraneo ha avuto i suoi episodi. Nel 1627 a.C. il vulcano di Santorini (Grecia) è scoppiato collassando. “Si ritiene che il conseguente tsunami abbia distrutto in una notte la civiltà cretese minoica”, sottolinea Cavaleri. “Nel 365 d.C. il terremoto di Creta ha generato uno tsunami che ha devastato Alessandria d'Egitto e il suo porto. Anche l'Italia non è esente da episodi drammatici. Il 28 dicembre 1908 un fortissimo terremoto ha distrutto Messina e Reggio Calabria: cercando scampo, la popolazione si era riversata sulla costa, dove subito dopo è stata colpita dallo tsunami generato dall'associata frana sottomarina”. A Messina, tre giorni dopo il sisma, fu mandato un capostazione per dirigere le operazioni ferroviarie. Suo figlio, all'epoca di 7 anni, era Salvatore Quasimodo che poi, nella poesia “Al padre”, scrisse: “Il terremoto ribolle / da due giorni, è dicembre d'uragani, / e mare avvelenato”.
Ma è possibile prevedere in qualche modo uno tsunami? “Dopo che è stato generato se ne conoscono in anticipo arrivi e implicazioni. Il problema è però che ancora non siamo in grado di fare previsioni sui terremoti. Conosciamo le zone a rischio, ma quando, dove, e quanto forte sarà il prossimo, ancora non è possibile saperlo”, conclude l'esperto del Cnr-Ismar.
Fonte: Luigi Cavaleri, Istituto di scienze marine, Venezia , email luigi.cavaleri@ve.ismar.cnr.it -