Giorgio Zanchini non lascia, raddoppia
Voce storica della radiofonia, conduttore di “Radio anch'io”, il giornalista dal 9 settembre prenderà il posto di Corrado Augias alla conduzione di “Quante storie”, il programma di libri di Rai Tre. “Ruolo non facile, lo so, cercheremo di puntare sui saggi che consentono di animare dibattiti di attualità. Tecnologia e scienza avranno quindi uno spazio fondamentale”
Colonna portante della radiofonia italiana in quanto conduttore storico di “Radio anch'io”, il giornalista Giorgio Zanchini sta per sbarcare in televisione, dove dal 9 settembre andrà a prendere il posto di un altro monumento della televisione culturale come Corrado Augias alla conduzione di “Quante storie”, il programma di libri di Rai Tre. Ruolo al quale certo Zanchini non giunge impreparato: esperienza giornalistica a parte, è da anni direttore assieme a Lella Mazzoli del Festival del giornalismo culturale dell'Università di Urbino-Istituto di formazione al giornalismo, ed è autore di un diversi saggi dedicati a questo delicato tema – da “Giornalismo culturale” a “Leggere, cosa e come” – che si affiancano al suo ultimo “La radio nella rete”, già recensito su queste pagine.
Come vive, un conduttore radiofonico di fama, il passaggio al video, cioè dalla voce alla faccia, che è una sorta di salto nel fuoco, o nel vuoto, mediatico?
A dire il vero, ha già avuto qualche esperienza tv ma certo, ne sono consapevole. Sotto un certo aspetto potrà essere un trauma per gli ascoltatori che sono abituati a conoscermi solo via audio. In realtà però da qualche anno ci sono degli esperimenti di radiovisione, soprattutto in Francia ma anche in Italia, dove coinvolgono anche “Radio anch'io”, nei quali un programma radiofonico viene almeno in parte anche mostrato in video: Rtl per esempio si vede in digitale e in tanti locali pubblici. Al riguardo, lo dico, sono perplesso: se non c'è una forte dinamica di studio o l'inserimento di contenuti supplementari, si rischia la noia ed è meglio il tradizionale ascolto radiofonico.
Secondo salto nel buio, la sostituzione di Augias: un bel fantasma si aggirerà per lo studio…
Ah, ah, ah… Sì, questo è un rischio che temo ancora di più. In realtà Corrado mi ha invitato a casa, dato molti consigli e spero di partire con la sua benedizione e il suo supporto morale. Non voglio né posso comunque mettermi in gara con un maestro della divulgazione televisiva con 40 anni di video sulle spalle e con tendenze e gusti, dalla musicologia alla storia urbana in parte diversi dai miei. Ne seguirò il meglio ma cercando una mia strada con l'aiuto della redazione.
Sempre dell'oggetto libro parlerete, però. Ne discutevamo lo scorso numero sull'Almanacco con Gianarturo Ferrari: far risorgere la lettura nell'era digitale e in Italia sembra avvero una missione impossibile. Come sperate di farcela?
Insistendo intanto sulla mia cifra giornalistica e quindi sui saggi che consentono di animare dibattiti di attualità, potenzialmente di interesse ampio. E poi sta di fatto che tra le mille difficoltà di questo settore, in Italia si continuano a pubblicare 60 mila titoli l'anno – tra questi noi ne potremo scegliere solo 180 – e che i passaggi televisivi aiutano comunque la diffusione, la vendita, la lettura di un libro. Lo dicono i dati degli editori. Certo, sappiamo che soprattutto i giovani sono distratti da altre forme e strumenti di comunicazione, ma la tv può fare di più per arrivare proprio alle fasce anagrafiche e sociali dei non lettori.
Solo saggi, quindi? Vi farete nemici i romanzieri. E la divulgazione scientifica che spazio e ruolo avrà?
Do prima di tutto una risposta di carattere proprio personale, di gusto: moltissima, perché è una saggistica che mi appassiona, la seguo, la leggo. E poi scienza e tecnologia sono sempre più centrali nella nostra vita, il lavoro dei ricercatori e di chi li racconta va quindi adeguatamente valorizzato. Soprattutto in Italia, dove abbiamo ereditato un predominio eccessivo della cultura umanistica, quella vieta distinzione tra le “due culture” che davvero non ha più senso, se mai ne ha avuto. La cultura è una e noi cercheremo semplicemente di essere ecumenici dal punto di vista tematico. Per i narratori mi spiace, ma hanno altri spazi in cui possono farsi conoscere.
La nuova esperienza tv si affiancherà alla quotidiana conduzione di “Radio anch'io”, che da qualche tempo è divisa in parti e temi diversi: non è un peccato avere perso la connotazione di spazio di ampio approfondimento che la caratterizzava, in un mondo mediale che va sempre di più verso il talk frettoloso e superficiale?
Da un certo punto di vista, avere un'ora di tempo per un solo tema è un'opportunità che mi manca. La contemporaneità e i palinsesti ci hanno imposto una divisione ma ci sforziamo di dare agli ascoltatori un minimo di dimensione verticale, di farli entrare nel tema, rispetto a un'orizzontalità pindarica che in effetti sembra dominare la comunicazione.
Torniamo a “Quante storie”. Un giornalista caratterialmente molto garbato, sempre cortese, che non alza mai la voce, alla conduzione di un programma di libri non rischia di ridursi al ruolo del bravo presentatore, o addirittura promoter?
La redazione sarà severissima nella stesura dei testi e avremo in studio ragazzi e studenti proprio con questo scopo, stimolare un dibattito aperto, franco, senza omettere domande scomode. Ma soprattutto non sceglieremo solo “bei libri” ma testi che facciano parlare del presente, ragionare sull'oggi, aiutati da video e servizi in tema.