Saggi

The never ending Covid

Copertina del volume Il lungo Covid
di Marco Ferrazzoli

“Il lungo Covid” (Utet) di Agnese Codignola ricorda che dal 10 al 30 per cento di sintomi, per settimane o mesi dopo la negativizzazione dei malati presenta una persistenza ancora non completamente compresa. Dalla stanchezza cronica alla nebbia cognitiva, dall’anosmia alla depressione. Si chiamano “long hauler” e solo in Gran Bretagna, ad aprile 2021, erano già più di un milione

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Qualche tempo dopo la sua uscita, “Il lungo Covid” (Utet) di Agnese Codignola rafforza la sua attualità. Nella comunicazione emotiva, frettolosa e superficiale caratterizzata dalla “cacofonia di opinioni troppo spesso basate più su pensieri in libertà che su dati”, si è infatti persa la consapevolezza di quanto questa malattia si sia rivelata grave per una parte dei malati, al di là dei suoi sintomi immediati. Dal 10 al 30 per cento di persone accusa ancora settimane o mesi dopo la negativizzazione, una persistenza di segni che non è stata completamente compresa.

Si tratta del cosiddetto Long Covid, una problematica che si è scontrata con l’incredulità degli stessi medici, comprensibilmente concentrati sul trattamento dei pazienti più severi ma anche superficialmente convinti che il tempo avrebbe curato ogni disturbo. Peraltro, poiché sono soprattutto le donne bianche con elevato livello di scolarizzazione a presentare questi sintomi a lungo termine, si è formato un quadro epidemiologico distorto. La problematica è divenuta più evidente durante il secondo inverno di pandemia, grazie ai sempre maggiori dati forniti, che però riguardavano oltre duecento sintomi diversi, a carico di almeno dieci organi. Alcuni dei quali però misteriosissimi: “Un elettroshock. Una scarica elettrica che mi scuote all’improvviso quando passo dalla posizione seduta a quella in piedi e che mi costringe a fermarmi”, riferisce ad esempio una malata.

Per fortuna, almeno in alcuni Paesi, c'è chi ha raccolto gli appelli di questi “Long hauler” che non si sono arresi alla sottovalutazione generale. Dalla loro parte si è anche schierata la rivista Nature, in un editoriale dell’ottobre 2020 intitolato: “Long Covid: let patients help define long-lasting Covid symptoms” (“lasciamo che i pazienti aiutino a definire i sintomi persistenti”). All’inizio del 2021 gli Stati Uniti stanziano 1,15 miliardi di dollari per un piano dedicato, chiamato Recover; e lo stesso la Gran Bretagna, che nell’aprile 2021 stima questi malati in 1,1 milioni. Anche ad altri Paesi “a cominciare dall’Italia” si devono studi fondamentali, quale il report condotto dai medici del Policlinico Gemelli di Roma e pubblicato su JAMA, la principale rivista scientifica medica statunitense, nel luglio 2020. Italiana è peraltro anche la studiosa cui si deve l’espressione “Long Covid” Elisa Perego, docente presso l’University College di Londra.

Ma “in questa vicenda c’era molto di più”, dice Codignola. Con questa materia in continua evoluzione “continueremo a confrontarci probabilmente per anni” da un punto di vista scientifico, storico, immunologico, sociologico, poiché le “soluzioni per malati così complessi, se impostate correttamente, potrebbero costituire un modello per la medicina dei prossimi anni”. Nel Long Covid c'è la fatigue, la stanchezza cronica o encefalomielite mialgica (ME/CFS), cosa diversa dal normale post-ricovero per il quale si consiglia genericamente un periodo di riposo. E c'è la temutissima brain fog o nebbia cognitiva, un senso di ottundimento, di difficoltà a ricordare, probabile conseguenza dell’infiammazione scatenata dall’infezione giunta al cervello. Infine, l’anosmia e la disgeusia che sono tra i sintomi precoci più noti che del Covid e "colpiscono il 65 per cento dei malati. Tra questi, “la situazione forse più paradossale è quella di Michele Crippa, "un uomo di trentadue anni che prima del Long Covid con gli aromi si guadagnava da vivere”: docente di Scienze gastronomiche, lavorava come esperto di odori e profumi dei cibi.

Non meno sconvolta è la vita del terzo dei guariti che sviluppa una depressione tendenzialmente cronica, con una minoranza che manifesta addirittura i sintomi di una vera e propria psicosi. La sintomatologia depressiva è spesso sottovalutata, ha ammonito Carmine Pariante del King’s College di Londra su The Guardian: “Dire a un paziente che questi sintomi sono solo nella sua mente è del tutto inaccettabile per qualunque medico e questa attitudine non deve avere posto nella medicina moderna”.

Titolo: Il lungo Covid
Categoria: Saggi
Autore/i: Agnese Codignola
Editore: Utet
Pagine: 227
Prezzo: 18,00

 

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