Difficile come bere un bicchiere d'acqua. Di mare
Aumentare le risorse idriche per i circa due miliardi di persone che, nel mondo, hanno un accesso ridotto all'acqua. La crescente richiesta di questo bene fondamentale può essere soddisfatta grazie a tecnologie avanzate, come quella a membrana, che permettono di ottenere acqua potabile a basso costo da quella marina. Lo spiega Lidietta Giorno dell'Istituto per la tecnologia delle membrane
Per l’Organizzazione mondiale della sanità entro il 2025 metà della popolazione mondiale vivrà in zone sottoposte a stress idrico, con sempre più Paesi a rischio siccità estrema, inclusa l’Italia. Una possibile soluzione potrebbe essere la desalinizzazione dell’acqua di mare, cioè togliere il sale (principalmente cloruro di sodio) al suo interno per renderla dolce. Uno studio pubblicato sulla rivista Science Advances evidenzia come fino al 2050 la percentuale di persone che devono affrontare la scarsità di acqua per cucinare, bere e coltivare per almeno un mese all’anno potrebbe raggiungere il 57% della popolazione. “Ottenere acqua dolce dall’acqua salata è uno dei modi più promettenti per aumentare le risorse idriche per un mondo sempre più assetato. L’aumento della popolazione mondiale e la crescente richiesta di acqua dolce hanno stimolato lo sviluppo di tecnologie avanzate per il trattamento delle acque”, afferma Lidietta Giorno dell’Istituto per la tecnologia delle membrane (Itm) del Cnr.
Se fino al 1900, con una popolazione mondiale di quasi due miliardi di persone, il fabbisogno idrico è stato assicurato dal ciclo naturale di purificazione dell’acqua, nel secolo XX e nel XXI, con la popolazione quadruplicata, questa garanzia è venuta meno. “Sono necessarie tecnologie avanzate, quali quelle a membrana, che consentano di ottenere acqua dolce ad alto grado di purezza, con elevate velocità di trattamento, a basso costo, impatto ambientale e impiego di energia”, aggiunge la ricercatrice. “Le membrane sono in grado di operare separazioni selettive a livello molecolare, ossia sono in grado di lasciar passare alcune molecole e trattenerne altre, in base alla dimensione, alla carica elettrica, alla natura chimica. Il processo più utilizzato nella dissalazione di acqua di mare è l’osmosi inversa (in inglese Reverse Osmosis, RO), che è un processo in cui il passaggio dell’acqua attraverso una membrana selettiva (che trattiene i sali e fa passare l’acqua) avviene in senso inverso a quello della naturale osmosi. “Nell’osmosi, quando una membrana selettiva viene messa a contatto da un lato con acqua salata e dall’altro con acqua dolce, si osserva il passaggio spontaneo di quest’ultima verso il lato dell’acqua salata. Nell’osmosi inversa, avviene il contrario, l’acqua passa dalla parte che contiene acqua salata a quella che contiene acqua dolce (mentre i sali non passano attraverso la membrana), e lo si fa utilizzando pompe ad alta pressione in grado di vincere la forza della pressione osmotica dell’acqua salata e spingere l’acqua attraverso la membrana, in senso inverso, così da poterla raccogliere ‘dolce’ dall’altro lato della membrana”.
Alla fine degli anni ’50 questa tecnologia ha aperto la strada commerciale della dissalazione dell’acqua di mare. "Negli anni ’70 l’osmosi inversa ha attirato grande attenzione principalmente grazie al relativamente basso consumo energetico, nonché alla facilità di funzionamento degli impianti e alla loro manutenzione rispetto ad altre tecnologie convenzionali, come quella della dissalazione termica, tanto da affermarsi negli anni quale tecnica più competitiva”, prosegue l’esperta.
Riduzione del consumo di energia, dell’impatto ambientale e dei costi di produzione dell’acqua sono tra gli obiettivi futuri della ricerca nel settore. “Le strategie per la riduzione del consumo di energia e dei costi di produzione includono lo sviluppo di membrane per dissalazione a bassa pressione e l’integrazione di processi, al fine di aumentare il recupero di acqua. Al momento, l’osmosi inversa riesce a raggiungere fattori di recupero tra il 40 ed il 60%. Oltre questi livelli, il processo diverrebbe troppo costoso”, sostiene Giorno. “Per aumentare ulteriormente il recupero di acqua dolce dai concentrati (salamoie) ottenuti alla fine del processo di osmosi inversa bisogna impiegare nuovi processi. In questo settore il Cnr-Itm è pioniere nello sviluppo di nuovi e avanzati processi quali i ‘contattori a membrana’ (distillazione e cristallizzazione a membrana) che consentono di concentrare le salamoie fino ad ottenere sali sotto forma di cristalli”.
A partire dall'attuale decennio il numero degli impianti di dissalazione mediante osmosi inversa supera quelli di distillazione e attualmente le membrane sono diventate la principale tecnologia, anche in termini di dimensione degli impianti. “Attualmente vengono installati impianti in grado di produrre oltre 500.000 metri cubi al giorno e in alcuni casi fino a un milione. Con il miglioramento delle proprietà delle membrane e dell’efficienza dei processi, il prezzo dell’acqua dissalata si è notevolmente abbassato, fino a 0,58 – 0,28 dollari a metro cubo.
Le attività di ricerca relative a tecnologie per la dissalazione sono aumentate notevolmente, anche grazie a numerosi progetti di ricerca finanziati, tra cui il progetto europeo Medina, coordinato da Enrico Drioli, a cui i ricercatori del Cnr-Itm hanno dato un significativo contributo. Tra i Paesi più attivi in tema di dissalazione dell’acqua di mare Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Israele, Giappone, Corea del Sud, Australia e Singapore.
Fonte: Lidietta Giorno, Istituto per la tecnologia delle membrane, e-mail: lidietta.giorno@cnr.it