La terra scotta sotto le zampe
Il surriscaldamento globale produce effetti su molte specie animali. Emiliano Mori dell'Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Cnr ci spiega cosa sta avvenendo nell'area mediterranea, in particolar modo in Italia
Il cambiamento climatico, sta determinando un progressivo innalzamento delle temperature a ogni latitudine del globo, costringendo gli animali a mutare le proprie abitudini per adattarsi alle differenti condizioni dell’ambiente circostante. In particolare, è la ricerca di cibo che li porta in aree che storicamente non avevano mai popolato. “A causa del caldo, gli erbivori che vivono sulle nostre montagne si spingono sempre più in alto e ad altezze maggiori trovano una flora diversa, visto che le piante - dovendosi anch’esse riadattare - si spostano a una velocità inferiore”, spiega Emiliano Mori, ricercatore dell'Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri (Iret) del Cnr di Sesto Fiorentino (Fi).
Così, per esempio, fa lo stambecco delle Alpi, che per le spiccate doti da scalatore riesce a inerpicarsi senza particolari problemi. Diversa la situazione per il camoscio appenninico, che affronta maggiori difficoltà di (ri)ambientamento a causa delle caratteristiche del suo habitat, costituito da rilievi montuosi meno pronunciati che ne limitano lo spostamento verso l’alto: in conseguenza di ciò, il camoscio sta rischiando l’estinzione. “Alcune specie traggono invece beneficio dall’aumento delle temperature, come l’istrice, originario delle aree tropicali, che ha sfruttato la variazione del clima per raggiungere il nord dell’Italia, dove non era mai stato presente”, prosegue il ricercatore del Cnr-Iret.
Lo stesso sta avvenendo per la specie marine provenienti dalle zone tropicali e subtropicali che, a causa del complessivo surriscaldamento delle acque, hanno attraversato il canale di Suez per ambientarsi nel Mediterraneo. “Nel nostro mare, oggi è possibile trovare pesci pappagallo del mar Rosso, alcune specie di meduse non indigene, il granchio blu e il pesce scorpione. Questo spostamento sta scatenando una competizione tra specie autoctone ed esotiche, che vede prevalere queste ultime in misura maggiore, a causa della loro forza e della loro resistenza”, chiarisce Mori. “Nelle acque dolci, invece, l’intensificarsi di periodi di siccità dovuti alla riduzione della frequenza delle precipitazioni ha limitato la proliferazione degli anfibi: la scarsità di piogge ha infatti diminuito la presenza di pozzanghere temporanee, all’interno delle quali questi animali trovano l'ambiente favorevole alla loro riproduzione”.
Anche gli uccelli vengono influenzati dall’aumento di calore. È il caso dell’assiolo e dell’airone guardabuoi. “Il primo è un piccolo gufo, migratore transahariano, che oggi nidifica nel nostro territorio, con molti gruppi che sono diventati residenti. Così come il secondo, un uccello una volta raro da avvistare, diventato una specie comunissima nel nostro Paese”, conclude l’esperto. Tuttavia, ci sono anche circostanze fortuite che hanno determinato l’inserimento nel nostro ambiente di volatili che arrivano da lontano. “I pappagalli verdi che hanno colonizzato alcune delle nostre città, i parrocchetti, dopo essere fuggiti dalle gabbie di alcuni allevamenti sono stati aiutati dal contesto climatico simile a quello delle loro zone di origine, che ne ha favorito l’insediamento e la diffusione in Italia”.
Fonte: Emiliano Mori, Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri, e-mail: emiliano.mori@cnr.it