Un turismo per pochi. Fortunatamente
I lanci spaziali sono un settore in crescita, ma i suoi effetti a livello ambientale potrebbero diventare significativi, con pesanti conseguenze climatiche e ricadute gravi sul riscaldamento globale. Lo sottolinea l'astrofisico Luciano Anselmo dell’Istituto di scienza e tecnologie dell'informazione “Alessandro Faedo” del Cnr
In questi tempi si parla molto di turismo spaziale, spesso però dimenticando che il volo di astronauti non professionisti è tutt’altro che una novità, essendosi concretizzato già a partire dagli anni ’80 del secolo scorso. Basti pensare ai facoltosi individui che hanno volato sulla Stazione spaziale internazionale nei primi anni 2000. Perché, quindi, se ne è tornati a parlare così tanto adesso? Il motivo principale è che, dopo decenni di promesse mancate e prospettive tradite, sembra proprio che questo tipo di industria sia sul punto di decollare economicamente, grazie alla riduzione del costo dei voli e a un favorevole equilibrio tra domanda e offerta. Esistono inoltre diverse opzioni quella dei voli sub-orbitali, cioè di brevissime escursioni al di sopra di gran parte dell’atmosfera terrestre, attualmente appannaggio di Blue Origin e Virgin Galactic, e le missioni orbitali vere e proprie, offerte per il momento da SpaceX e Roscosmos.
Considerati i costi, sempre molto elevati, stiamo comunque parlando di opportunità accessibili solo a super ricchi e a loro beneficiari. Ma diversi analisti pensano che questa prima fase possa servire a far sviluppare il settore, innescando dei miglioramenti tecnologici e delle riduzioni di prezzo in grado di aprire il turismo spaziale a fasce di popolazione molto più ampie, così come è successo per l’aviazione nel secolo scorso. C'è però un fattore da tenere presente. Fino a oggi, i lanci spaziali hanno avuto un impatto ambientale molto contenuto, a causa del loro numero relativamente ridotto. Ma se dovessero aumentare in modo significativo, come alcune proiezioni prospettano, le conseguenze negative sull’ambiente, in particolare sull’atmosfera, sarebbero tutt’altro che trascurabili. Già da diversi anni non si perde occasione di sottolineare il contributo del traffico aereo al riscaldamento globale. Un volo a lungo raggio, disperde nell’atmosfera da una a tre tonnellate di anidride carbonica per passeggero; per non parlare degli ossidi di azoto e di altri effetti. Ma nel caso dei voli suborbitali o orbitali l’impatto ambientale per passeggero sarebbe da qualche decina a cento volte superiore.
Attualmente i lanci spaziali sono poco più di 100 l’anno, contro gli oltre 100.000 voli aerei al giorno dell’era pre-Covid-19, e la massa dei propellenti bruciati dai razzi è meno dell’1% di quella consumata dagli aerei. Ma al di là della quantità degli inquinanti dispersi nell’ambiente, conta anche la qualità, e nel caso dei razzi c’è da aspettarsi un impatto anche sulla stratosfera, tra i 12 e i 50 km di altezza, solo marginalmente interessata dai voli aerei alle quote più basse, e addirittura sulla mesosfera, tra i 50 e gli 85 km di altezza.
Valutare accuratamente questi effetti non è facile perché gli inquinanti potenziali sono diversi, come le combinazioni di propellenti usate e, i complessi processi fisico-chimici coinvolti. Ma alcune simulazioni preliminari indicano che anche un incremento dei lanci di un fattore dieci - parliamo cioè di un migliaio di lanci l’anno - potrebbe avere conseguenze climatiche significative, non accettabili nell’ambito degli accordi internazionali per contrastare il riscaldamento globale.
Se i pochi lanci attuali di turisti spaziali miliardari prestano il fianco a critiche soprattutto di carattere etico o legate alla sicurezza del volo, in particolare per quanto riguarda le vaste aree potenzialmente interessate da eventuali incidenti, lo sviluppo di questa industria, auspicato da molti, nel giro di qualche anno potrebbe, scontrarsi non tanto con i vincoli imposti dalla tecnologia e dall’economia, quanto con la crescente consapevolezza ambientale che sta maturando a livello globale. E sarà sempre meno facile, se non altro in termini di immagine, tollerare il futile divertimento di pochi privilegiati mentre il resto dell’umanità sarà chiamato a sostenere i costi e i sacrifici di dolorose riconversioni produttive, ambiziose transizioni energetiche e profondi mutamenti comportamentali.
Fonte: Luciano Anselmo, Istituto di scienza e tecnologie dell'informazione “Alessandro Faedo”, e-mail: luciano.anselmo@isti.cnr.it