Quel gatto è mezzo morto. E mezzo vivo
Elisabetta Baldanzi, dell’Istituto nazionale di ottica, ricorda l'esperimento mentale a cui il fisico austriaco Schrödinger ricorse per mostrare come la meccanica quantistica fornisca risultati paradossali, secondo i quali un gatto potrebbe trovarsi in una sovrapposizione di stati. Ma qual è il confine oltre il quale le leggi quantistiche lasciano il posto a quelle della fisica classica? L’argomento è tutt’oggi oggetto di dibattito
“La ragione è immortale, tutto il resto è mortale” diceva Pitagora. Il tema dell’immortalità ha sempre affascinato filosofi, poeti, scienziati e più in generale tutto il genere umano. Approfondire cosa sia l’immortalità è un argomento tanto appassionante quanto complesso, entrano in gioco concetti come la vita, la morte e allo stesso momento origini e significati di queste parole. Questi sono concetti apparentemente distinti e a prima vista antitetici. Così immaginiamo che la pensasse anche Erwing Schrödinger, fisico austriaco autore del testo “What is life?” famoso per le sue ricerche e per la celebre equazione che gli valse il Nobel per la fisica.
Siamo nel 1935, in pieno dibattito sulla meccanica quantistica. Da un lato, quella che poi venne chiamata l’interpretazione di Copenaghen, sostenuta principalmente da Niels Bohr e da Werner Heisenberg. Questa scuola di pensiero considera la meccanica quantistica come uno strumento matematico per calcolare la probabilità di ottenere certi risultati a partire dal tipo di esperimento che si desidera realizzare. Afferma che la funzione d’onda descrive un insieme di stati sovrapposti e solo il processo della misura può far collassare il sistema in un unico e solo stato osservabile. Dall’altro, invece, le critiche e i dubbi di molti scienziati per questo nuovo sguardo verso la natura e verso i sui componenti elementari. Tra questi spiccano Albert Einstein, Louis de Broglie e Max Plank. Il loro punto di vista era quello di considerare il formalismo sviluppato come un primo passo verso una teoria più completa ancora da visualizzare, dove le probabilità sarebbero state sostituite da valori determinati e precisi. A questa seconda scuola di pensiero appartiene proprio Erwin Schrödinger che, per esprimere le sue perplessità su come questa “nuova fisica” fosse incompleta, ipotizzò il seguente esperimento mentale.
Immaginiamo un gatto in una scatola ermeticamente chiusa con all’interno un contatore Geiger che contiene una minuscola porzione di sostanza radioattiva. La quantità è talmente bassa che in un’ora non è detto che uno dei suoi atomi si disintegrerà, forse nessuno. Se ciò accadesse il contatore azionerebbe un martelletto in grado di infrangere una fiala di cianuro, in caso contrario nessun evento letale avverrebbe. Che cosa succede al gatto quando rimane chiuso nella scatola con tutto l’apparato descritto? In base alle leggi della fisica classica potremmo assumere che dentro la scatola ci sia il gatto vivo o morto con una certa probabilità che dipende dai dettagli dell’esperimento. Secondo invece i nuovi paradigmi la funzione dell’intero sistema dovrebbe farci affermare che il gatto potrebbe trovarsi in una sovrapposizione di ampiezze quantistiche dei due possibili stati e cioè che possa essere allo stesso tempo sia vivo che morto, evento in apparente contraddizione. Ma è proprio vero che il gatto, nel momento in cui nessuno lo osserva dentro la scatola, si trova in uno stato ambiguo in cui è vivo e morto allo stesso tempo?
La risposta a questa domanda non è univoca e tutt’altro che immediata. Alcune teorie affermano che gli oggetti macroscopici sono inevitabilmente accoppiati con il mondo esterno che li circonda e questo provoca l'inevitabile collasso della loro funzione d'onda; altre che esiste una funzione d’onda universale e un osservatore vede realizzarsi solo una delle due alternative perché fa egli stesso parte di uno dei due possibili "stati" dell'intero Universo. Ma qual è il confine oltre il quale le leggi della meccanica quantistica lasciano il posto a quelle della fisica classica?
L’argomento è tutt’oggi oggetto di dibattito e di confronto. La formulazione dell’esperimento mentale di Schrödinger rimane comunque un magnifico esempio di approccio verso la fisica e di come un evento apparentemente “inspiegabile” per le teorie classiche possa diventare un’opportunità di scoperta. Perché come dice proprio Erwin Schrödinger “il problema non è tanto vedere ciò che nessuno ha ancora visto, quanto pensare ciò che nessuno ha mai pensato su qualcosa che tutti vedono”.