Saggi

La lingua cambia dove il tempo vuole

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di Marco Ferrazzoli

L'interesse per i neologismi e per la “neolingua” va al di là della cerchia degli studiosi, poiché tali dinamiche rispecchiano cambiamenti sociali e culturali ampi e profondi. E questa è la chiave che Ugo Cardinale applica in “Storie di parole nuove”. Da “comodosa” a “spoilerare”, da “palazzo” a “petaloso”, da cioè a “tanta roba”. Non meno vivaci i rinnovamenti indotti dalla cronaca, si pensi alla metafora della guerra nella narrativa del Covid-19, o dall'innovazione tecnologica: telefono “fisso” e “mobile”, “abbattere” un alimento

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La necessità della lingua di evolvere è dichiarata sin dai tempi di Lucrezio, che nel “De rerum natura” lamentava la “povertà della lingua” latina rispetto alla novità dell'argomento introdotta dal pensiero greco con concetti quali l'“atomo” di Democrito ed Epicuro. Detto ciò, l'interesse per i neologismi e per la “neolingua” (Orwell, 1984) è sempre andato al di là della cerchia degli studiosi, poiché anche ai cittadini parlanti e scriventi che ne sono produttori e fruitori è chiaro che tali dinamiche rispecchiano cambiamenti sociali e culturali ampi e profondi. E proprio questa è la chiave che Ugo Cardinale applica in “Storie di parole nuove”. L'autore esercita la professione di linguista da tempo, nel 1986 fu coautore della prima edizione del “Dizionario di parole nuove 1964-1984”, uscito in continuità con l'operazione compiuta da Bruno Migliorini, a sua volta continuatore del “Dizionario moderno delle parole che non si trovano negli altri dizionari” (1905) di Alfredo Panzini.

Nella stesura di questo saggio però enumera ingressi e cambiamenti lessicali, ma soprattutto li riconduce ai fenomeni collettivi, in particolare a quelli politici, la cui analisi occupa buona parte del libro, con molte considerazioni che esulano dalla stretta competenza tecnica. Ci si diverte comunque a scoprire come avvenga l'accoglienza non sempre lineare di forestierismi (ormai criticati persino da persone avvezze all'uso corrente dell'inglese, come il presidente del Consiglio Mario Draghi) come bluff, suspance o spoilerare. Che peraltro trovano speculari esportazioni: ad esempio il francese ferroviaire, derivato dall'italiano per l'impossibilità di creare un aggettivo a partire da chemin de fer. A ricordare l'inventiva dannunziana, da scudetto a vigili del fuoco, i più occasionali comodosa di Forattini, petaloso, cazzaro coniato dal giornalista Marco Travaglio, e altre ascendenze letterarie meno note: palazzo nell'accezione data da Pier Paolo Pasolini di “simbolo del potere politico” in realtà era già una metafora di Guicciardini.

Sempre utile riflettere sul dilagare di espressioni nate a livello gergale come il giovanilistico “tanta roba”, che ha un po' sostituito il “cioè” alternativo degli anni Settanta, il “tutta la vita” ottimista degli anni Novanta, il “quant'altro” un po' qualunquista dei primi anni Duemila. Contagi facili, davanti a cui sorge sempre una certa perplessità: “Peccato, perché la lingua italiana ma anche il dialetto romano hanno un'infinità di bellissime parole. E 'tanta roba' è davvero banale”. Non meno vivaci i rinnovamenti semantici indotti dalla cronaca, si pensi solo alla metafora della guerra nella narrativa del Covid-19, o dall'innovazione tecnologica: dal “nuovo significato della coppia di aggettivi fisso e mobile in seguito all'evoluzione del sistema delle telecomunicazioni” al “nuovo significato di abbattere un alimento”, cioè sottoporlo a un veloce abbassamento di temperatura per ridurre la proliferazione batterica.

Come sottolineava Tullio De Mauro, le lamentele sulla lingua al riguardo “non hanno ragion d'essere e fanno tanto più danno in quanto, evocando gli spettri dell'inesistente devastazione” lasciano “in secondo piano pericoli ben più reali, che minacciano non la lingua italiana ma gli italiani che la parlano”. I meccanismi con i quali cambiamo le parole sono davvero molti: i suffissati, la combinazione verbo+sostantivo (alzacristallo, buttafuori, tiramisù), quella tra due sostantivi (silenzio stampa, parola chiave, terra aria), i verbi coordinati (usa e getta), l'abbreviazione e la riduzione (stereo, frigo, jeans, pillola per anticoncezionale, social al posto di social network, prof o colf), l'uso di sigle o acronimi (si pensi al progressivamente espanso LGBTIQ+ per riferirsi a persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender, intersessuali, queer).

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titolo: Storie di parole nuove
categoria: Saggi
autore/i: Cardinale Ugo
editore: Il Mulino
pagine: 230
prezzo: € 18.00

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