Focus: Guerra

La guerra del web

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di Luciano Celi

Internet, nato in ambito militare su impulso del Dipartimento della difesa degli Stati Uniti, nel tempo è diventato il più grande progetto di comunicazione della storia. La rete però è anche un luogo in cui si propaganda il terrorismo e in cui difesa e sicurezza sono temi scottanti. Come dimostra il caso di Edward Snowden, l'informatico che ha reso pubblici i programmi di sorveglianza di massa della National Security Agency

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Leggere la storia che ha portato alla nascita del web come lo conosciamo oggi, ossia una rete globale che collega potenzialmente tutto il mondo, è come scorrere la pagina di una moderna mitologia. Il progetto nasce in ambito militare su impulso del dipartimento della Difesa degli Stati Uniti nel 1969 e il suo nome originario, Arpanet, già conteneva il suffisso che sta per 'network’, rete appunto, e che sarebbe rimasto nella denominazione definitiva del più imponente progetto di comunicazione dell’umanità: internet.

Un progetto militare diventa quindi civile e pacifico, di cooperazione e collaborazione, anche se è chiaro che le guerre di oggi e quelle future si combatteranno anche attraverso la rete. Anzi, l’esito stesso della Seconda guerra mondiale già prefigurava uno scenario del genere. A suggerirlo è la paradigmatica storia di Alan Turing, il matematico che inventò un calcolatore chiamato 'The Bomb’, dalla potenza di un 'Pentium 5’ ma grande quasi quanto una stanza, necessario a decrittare i messaggi di guerra cifrati inviati tramite 'Enigma’ dai tedeschi. Le onde radio con le quali i sottomarini nazisti comunicavano sono diventate 'mutatis mutandis’ i pacchetti binari che passano dai router di tutto il mondo.

Ma facciamo un passo indietro: Arpanet viene progettata per resistere agli attacchi esterni e, nel peggiore dei casi, nucleari. L’idea è che se un nodo di questa rete fosse stato fisicamente distrutto, i dati si sarebbero dovuti instradare sugli altri, magari più lontani, per giungere comunque a destinazione. Questa caratteristica, chiamata resilienza, è stata ereditata in pieno dall’attuale internet.

“La rete è passata da un uso miliare a un uso civile, che però in un primo momento è stato sostanzialmente scientifico-accademico e quindi con le stesse caratteristiche del concepimento iniziale: quelle di una rete chiusa”, spiega Fabio Martinelli dell’Istituto di informatica e telematica (Iit) del Cnr. “La rete quindi inizialmente non ha sviluppato protocolli di sicurezza interni come l’autenticazione e verifica delle utenze: i problemi si sono avuti quando è esploso il boom di internet per come lo conosciamo oggi”.

Il futuro poi annuncia un 'internet delle cose’, dove tutto può essere connesso alla rete, con oggetti che trasmettono e ricevono dati secondo la filosofia 'ip everywhere’, un indirizzo internet in ogni luogo. “In questo senso, non esiste più il concetto di 'esterno’: internet è una rete che comprende ogni cosa e quindi gli attacchi non possono che essere 'interni’”, aggiunge il ricercatore, che conclude: “Ci sono almeno due esempi eclatanti di 'guerra’ che passa dal web: il primo riguarda il tecnico informatico che lavorava alla Cia Edward Snowden, responsabile di aver reso pubblici i programmi di sorveglianza di massa della National Security Agency statunitense; il secondo è il caso del virus informatico Stuxnet, messo a punto da un'équipe statunitense e israeliana per bloccare il programma nucleare iraniano, agendo sui comandi delle centrifughe responsabili delle lavorazioni dell’acqua pesante per le reazioni nucleari”

Uno scenario che sembrava fantascienza e invece è realtà.

Fonte: Fabio Martinelli, Istituto di informatica e telematica, Pisa, tel. 050/3153425 , email fabio.martinelli@iit.cnr.it -

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