Focus: Guerra

Ucraina: a rischio i beni culturali

Kiew
di Sandra Fiore

I conflitti sono causa di distruzione anche di monumenti, siti archeologici e opere d'arte, bersagli accidentali e intenzionali di aggressioni militari. Il territorio ucraino conta un patrimonio culturale inestimabile, con ben otto siti Unesco e 17 candidature per questo prestigioso riconoscimento. Dall'epoca di Napoleone alle Guerre mondiali, artisti di spicco, appassionati d'arte arruolati nell'esercito, studiosi e soprintendenti, quali Pasquale Rotondi e Palma Bucarelli, contribuirono a nascondere o recuperare il nostro patrimonio. Tra loro Antonio Canova, di cui ricorrono i duecento anni dalla morte. Ne parla Sandra Fiore, storica dell'arte dell'Ufficio stampa del Cnr

 

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Odessa

Dalla cattedrale di Santa Sofia, fondata nell’XI secolo al Monastero delle grotte di Kiev risalente al 1051, dal centro storico di Leopoli al Museo d’arte occidentale e orientale di Odessa ai resti archeologici di Sebastopoli, il patrimonio culturale dell’Ucraina in queste ore è messo a rischio dai bombardamenti. Da sempre i conflitti armati arrecano danni inevitabili a templi, siti archeologici, luoghi di interesse paesaggistico, edifici storici  perché in prossimità di importanti obiettivi strategici, ma anche per annullare la memoria storica del nemico.

Sono ancora vive nei nostri occhi le immagini televisive della Siria devastata dal recente conflitto bellico. Grande impatto suscitarono presso l’opinione pubblica mondiale una serie di devastazioni: il crollo delle enormi statue del Buddha della valle di Bamiyan, la distruzione dei siti archeologici di Hatra, a sud di Mosul, e di Nimrud in Iraq, di Palmira e Aleppo sempre in Siria, il bombardamento dell’antico Ponte di Mostarin Bosnia - Erzegovina, l’incendio della biblioteca di Timbuctù nel Mali. Episodi che insegnano come si possa colpire una nazione anche distruggendo simboli identitari.

Il passato è ricco di esempi di offese al patrimonio della collettività. L’esercito di Napoleone Bonaparte tra il 1796 e il 1814, durante le campagne militari francesi, depredò l’Italia di opere notevoli per arricchire il Museo del Louvre, allora Musée Central des Arts, aperto nel 1793. Un bottino, spacciato per legittimo grazie a clausole di trattati di pace e commissioni di esperti. Nel 1815 con il Congresso di Vienna lo Stato Pontificio e le istituzioni italiane ottennero la restituzione di gran parte delle opere. Lo stesso Antonio Canova, scultore di cui quest’anno si celebrano i duecento anni dalla morte, attraverso trattative, conseguì la restituzione dei beni pontifici. Massimo Cultraro, archeologo e ricercatore dell’Istituto di scienze del patrimonio culturale, in una recente pubblicazione, ricorda un interessante episodio relativo alla "riconquista" del nostro patrimonio culturale in seguito all’armistizio del 3 novembre 1918 che impose all’impero austro-ungarico la cessazione delle ostilità contro l’Italia. Il generale Roberto Segre istituì una commissione ‘artistica’ per recuperare opere, manoscritti e volumi antichi che avevano preso la strada per Vienna. “Il nucleo che raggiunge la capitale austriaca il 28 dicembre 1918 è costituito da una decina di persone scelte tra ex combattenti, con laurea umanistica e vicini per fliliazione religiosa. Tra questi, Paolo D’Ancona, Gino Fogolari nipote di Cesare Battisti, Giulio Coggiola, testimoni non solo di distruzioni del patrimonio italiano, come il soffitto affrescato del Tiepolo nella Chiesa degli Scalzi a Venezia, ma anche dei saccheggi dell’esercito imperiale dopo la disfatta di Caporetto”, si legge nell’articolo "Monuments men a Vienna a caccia di tesori trafugati” (La Sicilia, 26 gennaio 2017). “Nel giro di appena due mesi Paolo D’Ancona identifica, nascoste in magazzini e palazzi nobiliari  della Ringstrasse, centinaia di opere d’arte trafugate”.

Il tema delle depredazioni di beni artistici ricorre nel film "Monuments Men", con la regia di George Clooney (2014), tratto dall’omonimo libro di Robert Eisel dove si racconta come soldati dell'esercito alleato, appassionati di arte, durante la Seconda Guerra mondiale ebbero la missione di salvare i capolavori  dalle mani dei nazisti. In Italia, si deve invece a un "esercito" di storici dell’arte, soprintendenti e direttori di musei, come Giulio Carlo Argan, Palma Bucarelli, Rodolfo Siviero, Bartolomeo Nogara, Pasquale Rotondi, Emilio Lavagnino, soprintendenti, direttori di musei, un programma di azioni per mettere in salvo dai bombardamenti e nascondere opere di altissimo valore. Pasquale Rotondi, soprintendente alle Gallerie e alle Opere d’arte delle Marche, ancor prima che Mussolini dichiarasse guerra alla Francia e alla Gran Bretagna, nel giugno  1940, si adoperò per proteggere le collezioni marchigiane nella Rocca di Sassocorvaro, vicino Urbino, dove trovarono riparo anche opere delle raccolte veneziane come, ad esempio, La tempesta di Giorgione e il Tesoro della Basilica di San Marco. Successivamente, si rese necessario reperire altri nascondigli. Nelle Marche arrivarono reperti archeologici del Castello Sforzesco, le opere di Caravaggio provenienti dalla chiesa di San Luigi dei Francesi, i dipinti della Pinacoteca di Brera e dal Museo Poldi Pezzoli di Milano. Nell’estate del 1943 Rotondi arrivò a custodire oltre 3.800 capolavori provenienti da tutta Italia. La Santa Sede fu un nascondiglio insospettabile in quell’epoca: vi furono trasferiti molti manufatti durante la notte, tra strade dissestate dalle bombe e dal maltempo invernale.

La protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato è sancita nella Convenzione dell’Aja del 1954, ratificata in Italia nel 1958. Essa stabilisce che la protezione di tali beni ne comporta la salvaguardia e il rispetto; raccomanda ai Paesi membri di astenersi dall’esporli a condizioni di rischio o distruzione in casi di conflitto, predispone, tra l’altro, nell’ambito delle forze armate, personale specializzato per la vigilanza e istituisce un regime di "protezione speciale" per un numero limitato di rifugi destinati a proteggere tale patrimonio in caso di conflitto.

Il mondo dell’arte si è mobilitato per chiedere la fine di un conflitto da cui deriverebbero gravi conseguenze per la popolazione, per lo scacchiere politico europeo e per il patrimonio culturale del Paese che detiene otto siti Unesco e diciassette candidature alla prestigiosa lista.

Fonte: Sandra Fiore, Ufficio stampa, e-mail: sandra.fiore@cnr.it

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