Saggi

Imperi decadenti

Fake
di Marco Ferrazzoli

Lo scrittore Christian Salmon in “Fake”, edito da Laterza, racconta la “spirale del discredito” attivata dai protagonisti politici con l'esplosione del web e dei social network. “Presto governerà il pianeta” una “rete di scatole nere” che l'autore definisce con l'acronimo Gafam (Google Apple Facebook Amazon e Microsoft). La storica Victoria de Grazia in un saggio uscito per Einaudi si riferisce agli Stati Uniti, chiamandoli “nazione del soft power” in cui “indipendentemente dalla ricchezza o dal potere” tutte le persone sono consumatori

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Lo scrittore Christian Salmon è membro del Centre de Recherches sur les Arts et le Langage del Cnrs francese e nel 1993 ha fondato il Parlamento internazionale degli scrittori, con più di trecento intellettuali tra cui Salman Rushdie, Jacques Derrida, Toni Morrison, Javier Marías, Antonio Tabucchi, Claudio Magris, Vincenzo Consolo. In italiano sono stati tradotti i suoi “Intervista con Milan Kundera”, “Diventare minoritari. Per una nuova politica della letteratura” e, per Fazi, “La politica nell'era dello storytelling” e “Storytelling. La fabbrica delle storie”.

In “Fake”, edito da Laterza, racconta quella che Christian Salmon definisce la “spirale del discredito”, nei quattro momenti fondamentali che la scandiscono: l'impasse ideologica e lo sviluppo dello storytelling tra il 1989 e il 2001, l'epoca del sospetto tra il 2001 e il 2008, la “guerra delle storie” tra il 2008 e il 2016, lo scontro a partire dal 2016. Tra i protagonisti politici di queste fasi, che all'inizio hanno beneficiato dell'esplosione del web e dei social network per la produzione e diffusione del racconto, Obama, Trump, Macron, Sarkozy, Berlusconi, Renzi e Salvini. Ma questi media, secondo Salmon, hanno presto prodotto un'inflazione delle storie politiche che ha eroso la fiducia dei cittadini e screditato la voce pubblica. Le campagne di comunicazione di leader politici sembrano non più rispondere a una strategia coerente ma viziate da dinamiche sistematiche di rottura, trasgressione, occasionalità e violenza con cui il racconto raggiunge il pubblico. Trionfa così una cultura del “clash comunicazionale”, in cui “non ci sono più racconti capaci di ordinare gli avvenimenti in una narrazione che abbia un senso”, in cui “la decrittazione dei racconti politici si è sostituita alla ricerca dei fatti”. Per esempio, la “logica del ritardo” o “tattica di temporeggiamento: si tratta di guadagnare tempo in una corsa di lentezza fra la promessa e le azioni, di far sì che nuovi ostacoli richiedano nuove misure atte a scavalcarli; si tratta insomma di rimanere latori di promesse”. “Come riuscire a rimanere una promessa? Questo è il dilemma”, conferma del resto il filosofo Michel Feher: “La retorica è sempre la stessa: si tratta di dire alla gente che questo paese è magnifico ha dei talenti e delle risorse immense a c'è qualcosa che lo blocca”.

Lo spirito del mondo che si manifesta attraverso i social è quello di un “impero senza frontiere” che “presto governerà il pianeta” anche se “non ha esercito né moneta propria”, una “rete di scatole nere” che “non colonizza i popoli che annette, si accontenta di illuminarli con le reti di tuffarli in un bagno di informazioni”. L'autore lo definisce con l'acronimo Gafam (Google Apple Facebook Amazon e Microsoft) e lo paragona al “Palazzo dei Sogni” che lo scrittore albanese Ismail Kadare costruì come “un Inferno” nel 1981, al tempo in cui era ancora in vita il dittatore Enver Hoxha, ma anche a “1984” di George Orwell e a “Minority Report” di Philip K. Dick. “Ciò che pareva utopico alla pubblicazione del libro è diventato banale nell'era dei big data e dell'algoritmica. Di recente un algoritmo è riuscito a produrre 22 secondi di immagini in tempo reale a partire dall'attività cerebrale – un sogno – di un dormiente”.

La metafora de “L'impero irresistibile” è usata anche dalla storica statunitense di origine italiana Victoria de Grazia in un saggio uscito per Einaudi, che si riferisce agli Stati Uniti, chiamandoli anche “impero del divertimento”, “impero su invito” o “nazione del soft power”. Un concetto che de Grazia rimanda ad Adam Smith, alla sua teoria del laissez-faire e della “sovranità dei consumatori” quale nuovo stadio del progresso in cui “indipendentemente dalla ricchezza o dal potere tutte le persone erano consumatori”, ma soprattutto alla Prima guerra mondiale e al presidente Woodrow Wilson secondo cui, nel momento in cui lo stato di diritto si fosse sostituito “alle ideologie dell'autocrazia e del militarismo che avevano portato il mondo sull'orlo del collasso, l'America con la sua “democrazia degli affari” avrebbe anche potuto realizzare la “conquista del mondo con mezzi pacifici”, riuscendo a “imporre i gusti”. All'ascesa degli Usa “in quanto potenza occidentale egemone” fanno poi seguito altri eventi epocali come il Big Bang verso est che porta dieci nuovi Paesi all'interno dell'Ue, la quale prometteva “di promuovere in tutto il mondo il suo modello di gestione delle relazioni tra paesi” come “risposta pratica al deterioramento della situazione internazionale” e l'ascesa di altre potenze egemoni, “la Repubblica Popolare Cinese in testa”. Cosa ne è dunque oggi degli Stati Uniti come “impero irresistibile”? Secondo l'autrice possiamo guardare loro “come a un'incisione pastorale piranesiana che ritrae l'America nelle effigi di Ford in disuso o in montagne di bottigliette di Coca-Cola, alla stregua di acquedotti distrutti e di resi di colonne crollate nella campagna romana”.

Resta però, “contro la radicata convinzione che a innescare i conflitti siano le divisioni politiche e le ingiustizie sociali, anziché le divergenze riscontrabili fra stili di vita differenti”, l'intuizione con cui l'allora presidente Usa si impose quale “primo leader mondiale a capire che alla causa del buon governo avrebbe giovato la comprensione dei bisogni materiali del disagio psicologico e delle inquietudini sociali scaturite inesorabilmente dal consumo di massa. Con non minor acume Wilson pose l'accento non tanto sui cordiali rapporti personali per i quali divenne celebre la sua 'diplomazia aperta' ma piuttosto […] quella che potremmo definire la 'democrazia del riconoscimento' basata su un minimo di elementi comuni come indossare la stessa maglietta o le stesse scarpe da ginnastica o le stesse marche”.

Ecco perché gli Stati Uniti restano l'“Impero del Mercato. Un impero privo di frontiere sorto nel primo decennio del Novecento che toccò l'apogeo nella seconda metà del secolo scorso e che ha iniziato a mostrare segni di disgregazione in questo scorcio di fine millennio”. I precetti rivoluzionari di questo impero trovarono l'applicazione più deliberata e consapevole a Detroit, sede mondiale della Ford, “mettendo a punto la catena di montaggio costruendo la prima utilitaria al mondo – il modello T – teorizzando il salario minimo di cinque dollari al giorno e promuovendo nel resto del mondo la necessità del fordismo: l'innovativo sistema di produzione concepito per consentire la realizzazione di beni in serie a buon mercato versando al contempo agli operai un salario dignitoso che permettesse loro di acquistare quegli stessi beni”. Ma non meno significative sono stati nella visione del saggio Hollywood e il Rotary International, i registratori di cassa e la Gillette, “l'esportazione a tutte le latitudini di quella rivoluzione capitalista e consumistica già realizzata sul loro territorio”. Come nell'impero di Salmon anche in quello di De Grazia i confini territoriali sono più o meno definiti, anche il monopolio politico sugli scambi e sulle risorse conta relativamente, poiché il modello è piuttosto informale, le vere e proprie imposizioni di stampo coloniale “circoscritte e solitamente di durata limitata”. Un “impero a richiesta”, un “impero basato sul consenso” o “impero dello svago” retto da “un'etica della democrazia intesa come uguaglianza consumistica”.

 

titolo: Fake
categoria: Saggi
autore/i: Salmon Cristian 
editore: Laterza
pagine: 203
prezzo: € 19.00

 

titolo: L'impero irresistibile
categoria: Saggi
autore/i: de Grazia Victoria  
editore: Einaudi
pagine: 626
prezzo: € 30.00

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