Gli scavi clandestini sono una grande minaccia per il patrimonio non catalogato o conosciuto, che giace nel suolo italiano. “Grazie alle attività di controllo e di monitoraggio del territorio, con particolare attenzione alle località a rischio, gli scavi illegali sono in parte diminuiti", dice Patrizia Taratara, ricercatrice dell'Istituto di analisi dei sistemi e informatica (Iasi) del Consiglio nazionale delle ricerche. “Inoltre con le prime rogatorie internazionali, molti musei stranieri hanno iniziato a restituire materiali di non ben definita provenienza. Purtroppo in questi ultimi anni è aumentato molto il traffico di opere scavate clandestinamente nei Paesi del Medio Oriente (Siria, Iraq, Afghanistan). Spiace pensare che i manufatti trafugati vengano poi comprati soprattutto in Occidente e nei Paesi di più recente sviluppo economico”.
La conoscenza dei beni presenti nel territorio italiano, soprattutto di quelli ancora interrati e non noti, è il primo passo verso la loro salvaguardia. Spiega la ricercatrice del Cnr: “Abbiamo più volte affrontato questo problema in pubblico, facendo osservare come la percentuale del 'noto' possa variare dal 3-5% al 10-13%, da regione a regione. Inoltre, molto del 'non noto' subisce danni di diverso tipo, proprio perché non conosciuto. Grazie a monitoraggi di zone particolarmente a rischio che da anni effettuiamo in collaborazione con il Nucleo tutela patrimonio culturale dei Carabinieri e con i Nuclei elicotteri Carabinieri, in particolare quelli di Pratica di Mare e di Bari, siamo riusciti a innalzare la conoscenza e a fare prevenzione con effetti di deterrenza”.
Le tecnologie digitali possono offrire un valido supporto per catalogare tutte le informazioni possibili sia su un manufatto , sia su un'area di interesse archeologico. “Da più di 20 anni, il nostro Laboratorio sistemi informativi territoriali per i beni culturali del territorio nazionale, in collaborazione con il Laboratorio di topografia antica dell'Università del Salento, implementa e gestisce i dati che man mano vengono raccolti e immessi nel sistema, creato appositamente per catalogare i beni del territorio, conosciuti e non, visibili e ancora interrati, registrando ove possibile anche i danni e il livello di rischio”, conclude Tartara. “Tutto ciò dà informazioni dettagliate che provengono da bibliografia, archivi pubblici e privati, ricognizioni dirette e capillari sul terreno, fotografie aeree storiche e recenti, prospezioni di vario tipo, informazioni orali controllate sul terreno. Tutti i dati raccolti vengono poi correttamente posizionati sulla cartografia disponibile al miglior dettaglio, le tracce di beni sepolti georeferenziate con precisione, al fine di poter eventualmente essere oggetto di vincolo da parte degli Organi preposti alla tutela".
Fonte: Patrizia Tartara, ufficio Sviluppo e applicazioni dei sistemi informativi territoriali del Cnr, Roma, tel. 06/49933254 , email patrizia.tartara@cnr.it -