Focus: Parchi letterari

Se la scienza 'aiuta' l'ispirazione poetica

Carducci
di Anna Maria Carchidi

I cipressi di Bolgheri cantati dal Carducci, attaccati dal cancro corticale, sono stati salvati dalle moderne tecniche di genetica vegetale. A spiegarci come è stato preservato questo 'verde' monumento storico e letterario è Roberto Danti, dell'Ipsp–Cnr di Sesto Fiorentino

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Nella Maremma toscana, in provincia di Livorno, esiste un parco letterario, il Giosuè Carducci, dove è ancora possibile immergersi nella natura cantata dal poeta, riposando all’ombra de "I cipressi che a Bólgheri alti e schietti van da San Guido in duplice filar". Per colpa di una malattia diffusasi in Toscana e nelle altre regioni del Mediterraneo dagli anni '70 del Novecento, si è rischiato però di perdere questa bellezza ambientale e memoria storica.

“Dalla metà del secolo scorso i cipressi mediterranei hanno subito gli attacchi di Seiridium cardinale, un fungo patogeno introdotto dalla California e responsabile del cancro corticale, una malattia dagli esiti letali”, spiega Roberto Danti, dell’Istituto per la protezione sostenibile delle piante (Ipsp) del Cnr di Sesto Fiorentino. “Le ricerche intraprese dall’Ipsp-Cnr hanno permesso di selezionare decine di varietà resistenti al cancro e di acquisire importanti conoscenze sulla patologia, la genetica e la biologia del cipresso. Sei varietà sono state, inoltre, brevettate e sono distribuite con successo sul mercato da diversi anni”.

Anche i cipressi del viale cantato dal poeta sono stati attaccati dal cancro, favorito dal clima mite e umido della zona, che si trova a meno di 10 km dal mare. “Nel 2000 ha avuto inizio un progetto multidisciplinare di lungo termine (10 anni) condiviso da enti e istituzioni e coordinato dalla Provincia di Livorno, per la cura e la salvaguardia dell’alberatura monumentale”, continua il ricercatore. “Nel progetto è stata prevista la cura e la difesa delle piante tramite un monitoraggio, interventi continuati e la riqualificazione attraverso la messa a dimora di nuovi cipressi resistenti al cancro al posto di quelli mancanti. Inoltre, è stato adottato e perfezionato un sistema informatizzato per l’archiviazione dei dati, basato sull’uso di microchip inseriti nel tronco dei cipressi. Fra le attività del progetto decennale, per la prima volta, è stata prevista la possibilità di selezionare cloni resistenti, originari del nucleo storico, da utilizzare per nuovi impianti sul viale stesso”.

Come si svolge la scelta delle piante da utilizzare? “A partire dal 2000 e fino al 2007 gli esemplari che non avevano contratto la malattia e che mostravano di essere in buona salute sono stati progressivamente moltiplicati per innesto, in modo da ottenere per ciascun candidato un sufficiente numero di repliche tutte geneticamente uguali”, spiega lo studioso. “Dopo un periodo di allevamento in vivaio, le piantine di due anni sono state trapiantate in campi sperimentali dove sono state sottoposte a prove per la valutazione della risposta al cancro attraverso l’inoculazione artificiale. La maggior parte degli alberi non è riuscita a bloccare il parassita ed è morta o è rimasta danneggiata. Solo 24 cloni hanno creato barriere impenetrabili al fungo, confinando i tessuti infetti e poi cicatrizzando la lesione necrotica”.

Le piante resistenti non sono immuni: contraggono la malattia, ma sono in grado di guarire, grazie alla capacità di ostacolare in modo efficace lo sviluppo del fungo nei loro tessuti. “Questa caratteristica e la loro unicità (le piante madri di partenza sono parte del nucleo storico dell’alberatura), fanno di questi cloni gli esemplari più adatti a essere utilizzati per un corretto restauro del verde storico e monumentale”, conclude Danti.

Anna Maria Carchidi

Fonte: Roberto Danti, Istituto per la protezione sostenibile delle piante, tel. 055/5225583 , email danti@ipp.cnr.it -

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