Quei “mondi lontanissimi” ci incuriosiscono tanto
Tra le tematiche affrontate dal cantautore siciliano non mancano i riferimenti all'astronomia. È il caso di "No time no space”, in cui si parla di quelli che gli scienziati chiamano esopianeti. Ne abbiamo parlato con Luciano Anselmo dell'Istituto di scienza e tecnologie dell'informazione “Alessandro Faedo” del Cnr
Tra i tanti temi toccati da Franco Battiato nelle sue canzoni - dall'esoterismo alla filosofia, alla scienza - in “No time no space”, contenuta nell'album “Mondi lontanissimi” del 1985, fa riferimento a “scie di comete come avanguardie di un altro sistema solare”. Il cantautore siciliano parla dunque dei cosiddetti esopianeti, pianeti al di fuori del nostro sistema solare, sui quali si sono concentrate nel tempo le ricerche di numerosi astronomi e sui quali, a causa delle loro caratteristiche, solo di recente si sono compiute scoperte significative. “Il motivo per cui è stato necessario tanto tempo è che i pianeti sono oggetti piccoli e scuri, astronomicamente parlando, vicini a una stella che è molto più luminosa”, spiega Luciano Anselmo dell'Istituto di scienza e tecnologie dell'informazione “Alessandro Faedo” (Isti) del Cnr. “In luce visibile, un pianeta può essere oltre un miliardo di volte meno luminoso della propria stella. I migliori telescopi e strumenti disponibili oggi sono talmente sensibili da poter rilevare anche oggetti così deboli se fossero isolati nello spazio, ma la luce della loro stella è talmente più intensa da obliterarne quasi l'esistenza”.
Questa caratteristica rende complicato individuarli e per riuscirci si è dovuto ricorrere a metodi particolari. “Oltre il 95% degli esopianeti scoperti finora, a partire dagli anni '90 del secolo scorso, non sono stati rilevati con l'osservazione diretta, ma ricorrendo a tecniche indirette, quali la misura di piccole variazioni periodiche della velocità di una stella nella nostra direzione, segno della presenza di uno o più corpi oscuri in orbita attorno a essa (19%), o anche mediante la rilevazione di una minuscola variazione della luminosità di una stella causata dal transito di un corpo oscuro di fronte a essa, che eclissa una piccola percentuale della luce diretta verso di noi (76%)”, chiarisce il ricercatore del Cnr-Isti. “Un altro metodo indiretto, che però funziona solo con pianeti molto massicci, è quello che cerca di individuare i piccolissimi spostamenti periodici della posizione di una stella prodotti dalla presenza di uno o più corpi oscuri che le girano attorno”.
Numerosi sono comunque gli esopianeti scoperti finora. “Sono quasi 4.400, appartenenti a poco meno di 3.300 sistemi planetari, ma altri 6.000 circa sono i candidati in attesa di conferma. Degli oltre 1.000 pianeti di cui si è potuta stimare la massa, solo il 4,5% ne ha una inferiore a tre volte quella della Terra, mentre più del 69% ne ha una almeno 30 volte superiore e il 37% addirittura maggiore di quella di Giove, il pianeta gigante del nostro sistema solare”, continua Anselmo. “Questo non deve però sorprendere dal momento che le tecniche usate rendono più probabile la scoperta dei pianeti più massicci e vicini alle loro stelle; quelli meno massicci sono probabilmente molto più frequenti, ma non siamo ancora in grado di scoprirli in gran numero”.
Oltre a conoscere la loro esistenza, c'è però un altro elemento che suscita interesse nei confronti di questi corpi celesti: sapere quanti sono potenzialmente abitabili. “Quelli che hanno una probabile composizione rocciosa e si trovano a una distanza dalla propria stella in grado di permettere l'eventuale esistenza di acqua liquida in superficie sono appena lo 0,5% del totale, ossia due dozzine, con masse comprese tra quella di Marte e cinque volte quella della Terra e dimensioni che vanno dalla metà a una volta e mezza quella del nostro pianeta”, conclude l'esperto. “Appartenenti a 17 sistemi planetari diversi, distano da noi dai 4,2 anni luce della stella più vicina al Sole, cioè Proxima Centauri, ai quasi 1.200 anni-luce di quello più lontano individuato finora. Il fatto che siano classificati come 'potenzialmente abitabili' non significa però che lo siano effettivamente; anche considerando forme di vita elementari, sappiamo infatti ancora troppo poco sul loro conto e sulle condizioni ambientali che li caratterizzano. Ma una cosa è certa: con le tecniche di rilevazione e gli strumenti che si stanno sviluppando, oltre che con le ambiziose missioni spaziali previste nel prossimo decennio, scoprire esopianeti gemelli della Terra sarà sempre più facile e frequente, così come misurarne le condizioni ambientali della superficie e le proprietà dell'atmosfera. Sta quindi per aprirsi un'altra fase di scoperte straordinarie”.
Fonte: Luciano Anselmo, Istituto di scienza e tecnologie dell'informazione "Alessandro Faedo", Pisa , email luciano.anselmo@isti.cnr.it -