Il libro “Killer High” (Meltemi) di Peter Andreas prende in esame, in particolare, sei sostanze: alcol, caffeina, tabacco, oppio, metamfetamine, cocaina, “le più determinanti per il rapporto tra droghe e guerra”, secondo il periodo storico in cui hanno fatto la loro comparsa come motore o oggetto di un’azione bellica di rilievo. La narrazione prende le mosse quindi dall’alcol, che con la “sua longevità e popolarità è diventata la droga di guerra senza rivali”. Seguono la nicotina, in quanto furono proprio i soldati a diffonderla in tutta Europa e nel mondo tramite il tabacco, la più blanda caffeina assorbita come caffè o tè, e l’oppio, che ha fatto il suo ingresso sulle scene di guerra a partire dal XIX secolo. Le amfetamine, invece, compaiono per la prima volta durante la Seconda guerra mondiale, molto diffuse tra i soldati dell’esercito nazista e tra i kamikaze giapponesi. All'ultimo posto la cocaina, che “dagli ultimi decenni del Novecento fino a oggi è diventata il bersaglio di una guerra sempre più militarizzata”. Intrecciando dimensioni diverse, l’autore mostra in cosa consistono la “guerra sotto effetto di droga”, la “guerra grazie alla droga”, la “guerra per la droga”, la “guerra contro la droga”, la “droga dopo la guerra”.
Il consumo da parte dei soldati per sostenere lo stress durante gli scontri bellici “è una pratica che ha resistito fino al XX secolo”. Nel corso della storia, altrettanto spesso, sono stati i proventi derivanti dalla vendita di sostanze a finanziare le casse degli Stati per permettere loro di sostenere i costi delle guerre. Altre volte l’uso della forza militare è servito per difendere i narco-mercati. Oggi i protagonisti delle guerre tese a difendere o diffondere sostanze non sono più gli Stati di diritto, ma entità criminali che però dispongono di risorse ed eserciti di rilievo analogo: il caso più emblematico è quello del cartello di Medellín gestito dal colombiano Pablo Escobar. Nel mondo antico l’espansionismo romano contribuì a diffondere nei territori occupati la pratica di bere vino; la guerra dell’oppio ne incentivò la produzione in Cina; il whisky, negli Usa, prese il posto del rum come bevanda simbolo dell’indipendenza delle colonie.
Infine, la stessa guerra può essere considerata una droga. I combattimenti, se lunghi, possono “friggere il cervello dei soldati”, cioè produrre cambiamenti a livello dei neuroni, esattamente come le sostanze. La guerra può causare dipendenza e molti soldati, di ritorno dal fronte, hanno provato a contrastare questa astinenza ricorrendo appunto ad altre droghe.
titolo: Killer High
categoria: saggi
autore/i: Peter Andreas
editore: Meltemi editore
pagine: 368
prezzo: € 20,00