Piste a rischio global warming
Uno studio Ocse prefigura l'instabilità degli impianti sciistici in caso di aumento delle temperature. Una conferma dell'importanza dello studio delle montagne come 'sentinelle' dei cambiamenti climatici. Ne parliamo con Paolo Bonasoni dell'Isac-Cnr
“Le montagne sono le sentinelle dei cambiamenti climatici perché rispondono rapidamente, e in modo spesso amplificato, alle fluttuazioni del clima e agli impatti delle attività umane”, spiega Paolo Bonasoni, dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima (Isac) del Cnr, nel saggio 'Cambiamenti climatici e ambiente montano’, contenuto nel volume 'Il mutamento climatico - Processi naturali e intervento umano’ curato da Alessandro Provenzale, dello stesso Istituto, ed edito da 'Il mulino'. “In questi territori si osservano sensibili variazioni nelle temperature, nelle precipitazioni e nel ciclo idrologico, con ripercussioni sulla copertura nevosa, sugli ecosistemi, spesso fragili e rari, e sulla vita delle popolazioni circostanti, che contano sulle montagne come preziosa riserva d’acqua potabile”.
Gli effetti delle variazioni climatiche sulle regioni montane hanno ripercussioni anche sull’economia. Secondo il rapporto dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) 'I cambiamenti climatici nelle Alpi: adattamento del turismo invernale e gestione dei rischi naturali’, delle 666 aree sciistiche alpine in Italia, Francia, Svizzera, Austria e Germania, 609 sono affidabili dal punto di vista della copertura nevosa. Ma questo numero scenderebbe a 500 con un aumento della temperatura di 1°C, si ridurrebbe a 404 con un aumento di 2°C e ulteriormente a 202 con uno di 4°C. “L’industria del turismo invernale ha adottato misure quali la produzione di neve artificiale, per la quale, nell’analisi dei costi effettivi, spesso vengono considerati solamente quelli diretti e non gli effetti potenziali sul consumo di acqua, sulla domanda energetica, sul paesaggio e sull’ecologia”, sottolinea Bonasoni.
Per la loro sensibilità e vulnerabilità ai cambiamenti climatici, le aree montane sono diventate oggetto di molti progetti di ricerca. Tra questi, Share (Stations at High Altitude for Research on the Environment), coordinato dal Consiglio nazionale delle ricerche e dal Comitato Ev-K2-Cnr, promuove lo studio del clima e la raccolta di dati in regioni d’alta quota, tramite una rete di stazioni di misura in zone chiave, come il Nepal Climate Observatory–Pyramid, a 5.079 metri di quota ai piedi dell’Everest. Il Dipartimento scienze del sistema terra e tecnologie per l’ambiente del Cnr coordina, invece, il progetto di interesse strategico NextData, finanziato dal Miur, che intende costruire un portale ad accesso libero, contenente dati ambientali e climatici raccolti in aree montane e marine. Un progetto Unep (United Nations Environmental Programme) studia le Atmospheric Brown Cloud, vaste nubi di inquinanti composte da aerosol e gas di origine antropica.
Isabella Cioffi
Fonte: Paolo Bonasoni , Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima, Bologna, tel. 050/6399590, email p.bonasoni@isac.cnr.it