Una ricerca dell’Istituto dei sistemi complessi (Isc) del Cnr di Roma pubblicata su 'Nature Communications’, fornisce ulteriori elementi per la comprensione dell’effetto della turbolenza sulla vita di alcuni dei più importanti organismi che vivono negli oceani.
Lo studio, realizzato in collaborazione con l'Università di Torino, il Massachusetts Institute of Technology (Mit), l'Università di Oxford e il Centre National de la Recherche Scientifique (Cnrs) francese, prende in considerazione alcune specie di alghe unicellulari dotate di 'moto proprio’, cioè della capacità di nuotare, anche se a velocità minime, rispetto alle correnti che le trasportano. Combinando esperimenti, simulazioni numeriche e argomenti teorici, la ricerca ha dimostrato che, grazie al loro particolare 'stile di nuoto’ e alla turbolenza dell’acqua che le trasporta, le microalghe tendono ad aggregarsi, con un effetto contro intuitivo. “Una delle caratteristiche della turbolenza è la sua capacità di miscelare in modo efficiente le sostanze che trasporta, rendendole rapidamente omogenee: si pensi ad esempio alle piccole particelle di fumo rilasciate da una sigaretta”, spiega il ricercatore Massimo Cencini dell’Isc-Cnr, tra gli autori della ricerca. “Quando trasporta queste alghe nuotatrici, invece, la turbolenza induce l'effetto opposto, ossia riduce la distanza tipica tra le alghe, che si addensano in aggregati con proprietà frattali. Gli esperimenti mostrano che in assenza di nuoto da parte delle microalghe o di moto da parte del fluido l'effetto scompare”.
Questi organismi sono di importanza fondamentale per l’ecosistema poiché costituiscono una parte importante del fitoplancton alla base della catena alimentare negli oceani e sono tra i maggiori produttori di ossigeno nel pianeta. La loro capacità di nuotare, scoperta in anni recenti, è un meccanismo che ne favorisce la sopravvivenza in termini di maggiore esposizione alla luce e conseguente facilitazione della fotosintesi, reperimento di nutrienti e maggiori chance di sfuggire ai predatori.
“In futuro sarà interessante studiare l’interazione tra altri ’stili’ di nuoto, osservati in altre famiglie di alghe o in microorganismi come i batteri acquatici, e moto turbolento” conclude Cencini. I risultati dello studio pongono, inoltre, domande interessanti anche dal punto di vista evolutivo. “Al momento non è chiaro se l’aggregazione sia semplicemente un prodotto collaterale del nuoto, in quanto utile ad altri scopi, o se è stata selezionata perché 'utile’. La possibilità di formare aggregati può in effetti avere conseguenze contrastanti”.
Scoprire in che modo il moto dell’acqua in cui vivono ha plasmato l’evoluzione di questi microorganismi sarà una delle prossime sfide della ricerca.
Fonte: Massimo Cencini, ISC-Istituto dei Sistemi Complessi, tel. 06/49937453 , email massimo.cencini@cnr.it -
Per saperne di più: - http://www.nature.com/ncomms/2013/130715/ncomms3148/full/ncomms3148.html