Focus: Acqua

Uso idrico sostenibile si può

acqua
di Luigi Rossi

La consapevolezza che l'acqua è una risorsa non rinnovabile accentua la competitività tra i comparti agricolo, civile e industriale. La rete di distribuzione lamenta perdita fino al 40%. Intanto c'è chi studia sistemi per rendere più efficiente la gestione irrigua, utilizzare acque non convenzionali e favorire l'uso sostenibile di acque di scarsa qualità

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Il fabbisogno idrico in agricoltura è legato ai sistemi colturali e dell'andamento climatico. Le stime attuali valutano che in Italia circa il 50% dell'acqua disponibile sia utilizzata per scopi agricoli, per un quantitativo annuo di circa 20 chilometri cubici. Le variazioni climatiche in atto nella regione mediterranea, soprattutto l'incremento della temperatura e la riduzione delle precipitazioni nei periodi estivi, determinano un aumento dell'evapo-traspirazione potenziale e quindi un aumento del fabbisogno idrico delle colture. Contemporaneamente, l'acqua disponibile per l'agricoltura è in continua diminuzione per l'aumento delle esigenze industriali e civili. È quindi necessario adottare misure di risparmio idrico.

"Un'attenta riflessione andrebbe proposta sullo stato delle strutture di stoccaggio della risorsa idrica e sui sistemi di rifornimento delle aziende: le perdite di acqua nei sistemi di distribuzione sono ingenti, anche nell'ordine del 40% durante il percorso di approvvigionamento", spiega  Riccardo d'Andria, direttore dell'Istituto per i sistemi agricoli e forestali del Mediterraneo (Isafom) del Cnr. "Molti studi sono stati condotti sull'applicazione di strategie irrigue che, mantenendo inalterate o con lievi decrementi le rese, prevedano la riduzione o la sospensione dei volumi di irrigazione in alcune fasi del ciclo (stress idrico controllato) oppure innaffiamento solo nelle fasi fisiologiche critiche per la produzione. Inoltre, l'individuazione di fonti di approvvigionamento idrico alternativo è la nuova frontiera della ricerca: l'uso dei reflui urbani e industriali trattati è realtà in molti paesi e anche in Italia esistono alcuni esempi".

L'Isafom-Cnr si occupa proprio di integrare conoscenze agronomiche, ecologiche e tecnologiche per sviluppare strumenti per la gestione sostenibile del territorio mediterraneo. "Stiamo lavorando al progetto 'Sustainable water use securing food production in dry areas of the Mediterranean Region', che oltre all'Italia coinvolge, Danimarca, Regno Unito, Portogallo, Marocco, Egitto, Siria, Turchia e Australia. L'obiettivo è il miglioramento dei sistemi colturali delle regioni a clima mediterraneo arido per l'incremento quali-quantitativo delle produzioni. Una parte rilevante del progetto prende anche in considerazione l'ipotesi di introdurre colture per uso alimentare, innovative per gli attuali ordinamenti colturali (Quinoa e Amaranto) e più resistenti e tolleranti agli stress abiotici multipli, cioè apporti irrigui in deficit, oppure scarsa qualità delle acque d'irrigazione e dei suoli)".

Ma quanto incide il cambiamento climatico sugli scenari possibili? "Gli impatti sono evidenti" conclude il direttore dell'Isafom-Cnr, oggi si considera che circa il 21% del territorio italiano sia a rischio di desertificazione. Le regioni dove il fenomeno è più evidente sono la Puglia, la Basilicata, la Calabria, la Sicilia e la Sardegna. In quest'ultima regione l'11% del territorio risulta già colpito. Il settore agricolo deve adeguarsi alla nuova situazione programmando interventi strutturali e di innovazione delle tecniche agronomiche. Ma soprattutto bisogna sviluppare una vera e propria 'cultura dell'acqua', nel senso più ampio del termine".

Luigi Rossi

Fonte: Riccardo D'Andria, Istituto per i sistemi agricoli e forestali del mediterraneo, Ercolano, tel. 081/7717325 , email r.dandria@isafom.cnr.it -

Per saperne di più: - www.swup-med.dk

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