Focus: I 150 anni dell'unità d'Italia

Lungo il solco di Fermi

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di Luigi Rossi

Cinque premi Nobel, indagini rivolte soprattutto ai costituenti minimi della materia e spazio alla teoria più che all'applicazione. Si possono sintetizzare così le caratteristiche principali della fisica italiana degli ultimi 150 anni

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L'Italia si appresta a spegnere 150 candeline. L'occasione per provare a tracciare un bilancio di ciò che la ricerca italiana ha prodotto nel campo della fisica. "Sintetizzare un secolo e mezzo di studi italiani in questo settore non è facile", commenta Valerio Rossi Albertini, dell'Istituto di struttura della materia (Ism) del Cnr. "Utilizzando un metodo simile a quello usato per la valutazione di università ed enti di ricerca, si possono però selezionare i massimi rappresentanti, eleggendo il loro contributo a parametro di giudizio. La scelta è quindi obbligata: una squadra di cinque elementi, tanti quanti i nostri premi Nobel. Il padre della radio Guglielmo Marconi, premiato nel 1909. Enrico Fermi, sommo profeta dell'era atomica, vincitore del Nobel nel 1938. Nel 1959 è il turno del suo allievo, Emilio Segrè, scopritore della prima antiparticella pesante, l'antiprotone, stessa massa del protone ma carica opposta. Nel 1984, Carlo Rubbia (nella foto in basso) fu invece premiato per il suo contributo alla comprensione dell'interazione debole, una delle quattro forze universali, descritta per la prima volta proprio da Fermi. Infine, l'astrofisico Riccardo Giacconi, insignito nel 2002 per la scoperta di sorgenti cosmiche di raggi X, grazie alle quali si potrebbe fare la ‘radiografia' a intere galassie".

Considerando questa ‘top five' si nota che la fisica italiana si è dedicata principalmente a indagare i costituenti minimi della materia. "La causa di quest'attenzione", conferma il ricercatore dell'Ism-Cnr, "è l'effetto di ‘trascinamento' che Fermi ha prodotto sulla ricerca successiva: il plinio ha tracciato un solco nel quale si sono mossi i fisici delle generazioni seguenti. A partire dai ragazzi di via Panisperna: Amaldi, Rasetti, Segrè, Pontecorvo e Majorana. Giovanissimi allievi di un altrettanto giovane maestro, capaci di dare vita a uno dei cenacoli della scienza più prolifici di tutti i tempi".

In generale, poi la fisica nostrana dà più spazio alla teoria che all'applicazione. "Con la straordinaria eccezione di Marconi, è così: più attenzione alla comprensione del microcosmo. Ma il confine della portata della nostra ricerca ci sfugge ancora oggi".

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A proposito di confini, gli scienziati italiani spesso hanno iniziato a lavorare nella Penisola, per poi concludere le proprie ricerche oltre Oceano. "La necessità di andare a cercare fortuna in America è atavica: parte da Meucci, seguito da Marconi. Fermi e Segrè furono costretti a espatriare dalle leggi razziali del 1938: Segrè era infatti ebreo, come la moglie di Fermi. In generale, però, questo fatto dipende dalle scarse risorse destinate alla ricerca in Italia, mentre in paesi come gli Stati Uniti la scienza è sempre stata considerata strategica: in tempi di prosperità si investe nella ricerca per crescere, in stagioni di crisi per uscirne al più presto".  Ma cosa si augura un fisico italiano nel 2011? "Che si sviluppi finalmente una più profonda coscienza collettiva del ruolo della ricerca quale motore del progresso culturale, sociale e economico".

Luigi Rossi

Fonte: Valerio Rossi Albertini , Istituto di struttura della materia, Roma, tel. 06/49934146, email valerio.rossi@artov.ism.cnr.it

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