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In Italia, 20 milioni di tonnellate di alimenti - per un valore di mercato di 37 miliardi di euro (515 euro annui a famiglia), circa il 3% del Prodotto interno lordo italiano - finiscono nella spazzatura. Ogni giorno viene buttato via il 19% del pane, il 39% di prodotti freschi, il 17% di frutta e il 4% di pasta: una quantità che basterebbe a sfamare 45 milioni di persone, i tre quarti della popolazione italiana. E non si tratta di cibo deteriorato o scaduto. È quanto emerge da uno studio di Last Minute Market, condotto nell'ambito delle attività promosse dalla facoltà di Agraria dell'Università di Bologna.
Lo spreco comincia già nei campi, dove viene buttato il 3% della produzione. Diverse le cause: estetiche (frutta rovinata dal freddo o dalla grandine), dimensioni (prodotti troppo grandi o troppo piccoli rispetto agli standard), ragioni di mercato (costi di raccolta più alti del prezzo corrisposto agli agricoltori).
Lo sperpero continua poi nelle cooperative o organizzazioni di produttori, che ritirano parte della produzione per evitare crolli dei prezzi. Ma questi alimenti, che potrebbero essere destinati alle fasce deboli della popolazione o all'alimentazione degli animali, finiscono per la gran parte nelle distillerie per la produzione di alcol etilico o nella biodegradazione.
A completare la lista degli 'spreconi', i centri agroalimentari, i distributori al dettaglio, l'industria alimentare e i consumatori.