Focus: Montagna

L'amore (per l'altitudine) toglie il respiro

montagna
di Silvia Mattoni

Alla comparsa di prime avvisaglie come mal di testa, debolezza, mal di stomaco bisogna fermarsi ed evitare sforzi: sono i primi sintomi dei malori da alta quota che possono portare all'edema polmonare e ad altre gravi conseguenze. Uno studio dell'Ifc-Cnr permette ora di monitorare tempestivamente questo pericolo

Pubblicato il

Condividi

Dolomiti e Marmolada, Cortina e Courmayeur, Monte Bianco e Cervino... Durante l'estate anche le quote più alte vengono invase da turisti italiani e stranieri. Ma le conseguenze per chi non è abituato sono sempre in agguato a causa della rarefazione dell'ossigeno.

"Alla comparsa di mal di testa, debolezza, mal di stomaco", consiglia Lorenza Pratali dell'Istituto di fisiologia clinica (Ifc) del Cnr di Pisa, "bisogna fermarsi e rimanere alla stessa quota, evitando sforzi, fino a quando la situazione non migliora. Se i sintomi si aggravano con difficoltà respiratoria anche a riposo, tosse, confusione mentale e incapacità di camminare in linea retta, allora bisogna scendere a una quota tra 500 e 1000 metri e recarsi nel centro di primo soccorso più vicino".

L'Ifc-Cnr di Pisa ha studiato le malattie di alta quota, sviluppando una nuova metodica non invasiva per evidenziare in anticipo la comparsa di edema polmonare. "È una tecnica ultrasonografica toracica", spiega Pratali, "che si esegue appoggiando una sonda  a ultrasuoni a livello degli spazi intercostali per apprezzare la presenza o meno di acqua negli alveoli polmonari. Sono apparecchi di minime dimensioni, facilmente trasportabili e a basso costo, capaci di diagnosticare velocemente l'edema da alta quota nelle fasi iniziali, senza rischiare la vita".

Tale applicazione è stata testata anche in Himalaya, su un gruppo di trekkers, ad altitudini superiori a 5.700 metri, presentando un quadro compatibile con edema in tre escursionisti", prosegue la ricercatrice.

Altre patologie acute che si verificano in situazioni di ipossia sono la malattia acuta, l'edema cerebrale e la malattia cronica da alta quota. Problematiche che toccano oltre 140 milioni di persone in tutto il mondo, tra quanti risiedono stabilmente, per turismo o per lavoro a un'altitudine superiore ai 2.500 m. Secondo l'Istituto nazionale delle ricerche turistiche (Isnart), nel 2009 hanno scelto le vette italiane ben 9,5 milioni di turisti, di cui oltre 3,5 stranieri.

Ma è possibile prevenire la malattia di alta quota? "È importante seguire semplici accorgimenti", assicura la ricercatrice, "come progredire molto lentamente, bere acqua ed evitare alcool, droghe e sostanze eccitanti; dormire sempre a una quota inferiore rispetto a quella in cui si è stati durante il giorno (climb high and sleep low) e infine fare ascensioni molto graduali. Comunque, una volta escluse eventuali patologie pregresse o non note", conclude la ricercatrice, "è consigliabile programmare un allenamento in base all'attività che si intende svolgere da almeno due mesi prima della partenza. In quest'ambito il turismo 'mordi e fuggi' può essere rischioso".

Silvia Mattoni

Fonte: Lorenza Pratali, Istituto di fisiologia clinica, Pisa , email lorenza@ifc.cnr.it -

Tematiche
Argomenti