Focus: Ricominciare

Un murales per rinascere

Murales a Valogno
di Patrizia Ruscio

Queste opere sono spesso utilizzate dagli artisti per effettuare denunce sociali, esprimere sentimenti, riqualificare aree urbane degradate o centri rurali abbandonati. Alla street art è dedicato uno studio condotto per il Cnr da Maria Eugenia Cadeddu dell’Istituto per il lessico intellettuale europeo e storia delle idee, Marco Arizza della segreteria scientifica della Commissione per l'etica e l'integrità della ricerca e Vittorio Tulli del Servizio reti e sistemi informativi

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Fino a pochi anni fa erano solo graffiti sui muri o sui vagoni della metropolitana. Gli autori erano per lo più sconosciuti, etichettati spesso come vandali, nonostante i loro disegni fossero di una bellezza disarmante. A sdoganare il genere ha provato tra gli altri Vittorio Sgarbi nel 2007, quando organizzò “Street Art Sweet Art”, mostra collettiva a cui presenziarono trenta tra i più quotati artisti "di strada". Per l'occasione i bolognesi Ericailcane e Blu realizzarono sulla facciata del museo Animal Factory un girone infernale, dove l'umanità che sniffa è tormentata da schiere di bestie feroci. Da allora il valore artistico dei murales che, da Milano a Palermo, colorano città e piccoli comuni, è stato ampiamente riconosciuto.

I temi proposti spaziano dal sociale all'attualità. Spesso questa espressione artistica viene utilizzata per lanciare un messaggio immediato di denuncia. Durante la pandemia, gli street artist hanno utilizzato i muri per esprimere solidarietà e gratitudine verso i medici, dipinti come angeli salvatori. I graffitari hanno urlato il loro grazie a colori, disegnando la loro interpretazione dell'amore ai tempi delle mascherine e del distanziamento. Nel quartiere romano di San Lorenzo, Cakes_Stencils ha raffigurato due ragazzini che si baciano, mentre Harry Greb, che si ispira al cinema hollywoodiano, ha scelto Trastevere come bottega a cielo aperto e ha affidato a una Uma Thurman in mascherina e un Warren Beatty con le ali il compito di ringraziare il corpo medico.

“Epigrafia urbana. Comunicazione plurilingue sui muri di Roma (in tempo di Covid)” è lo studio del Cnr sulla street art condotto da Maria Eugenia Cadeddu dell’Istituto per il lessico intellettuale europeo e storia delle idee (Iliesi), Marco Arizza, membro della segreteria scientifica della Commissione per l'etica e l'integrità della ricerca e Vittorio Tulli del Servizio reti e sistemi informativi. Nel progetto si prendono in esame i murales e le scritte visibili a San Lorenzo: “La scelta di questo quartiere romano non è casuale, ma è stata determinata da alcuni elementi peculiari tra cui la sua forte connotazione storica e sociale, la presenza di istituzioni e circoli culturali e le raffigurazioni pluripremiate di noti street artist, fra i quali Christian Guémy, in arte c215, Hogre, Lucamaleonte e Alice Pasquini”, spiega Cadeddu.

Lo studio spiega come gli street artist romani abbiano rappresentato la pandemia e il lockdown, lasciandosi ispirare dall'interruzione delle relazioni sociali, dal sovraccarico di informazione e dal lavoro del personale sanitario. “Queste opere sono state rilanciate dai media e dalle piattaforme social, che le hanno rese fruibili a un pubblico vasto. A tratti romantiche e critiche verso la società contemporanea, hanno anche indagato la complessità delle reazioni umane all'emergenza, raffigurando il diffuso senso di inquietudine, di isolamento e insieme le doti di resilienza, solidarietà e speranza”, prosegue la ricercatrice. “Al di là dei giudizi di valore estetico-artistico o delle connotazioni attribuite da ciascun artista al proprio lavoro, queste opere hanno narrato un periodo storico fuori dall’ordinario e reso evidenti contraddizioni e possibilità del nostro vivere comune”.

Murales a San Lorenzo (Roma)

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Parte di questa ricerca si è estesa alle opere di arte urbana dedicate alla pandemia, che ha ispirato gli street artist di tutto il mondo, anche con interventi in prima persona a sostegno di ospedali e centri sanitari. Fra gli autori più conosciuti c'è senz'altro Banksy, che nel maggio 2020 ha donato all'ospedale di Southampton il disegno Game Changer, esposto per qualche mese in un atrio vicino al Pronto Soccorso e destinato a un'asta; c215 ha devoluto alla Fondation Hopitaux del France il ricavato della vendita della stampa d'arte in edizione limitata dell'opera “L'amour au temps du coronavirus”, realizzata a Ivry-sur-Seine nel marzo 2020.

Quando i murales vengano commissionati per riqualificare aree a rischio degrado e abbandono gli autori vivono una sorta di nemesi, si trasformano da "imbrattatori" ad artisti che utilizzano gli spazi edificati come tele, con l’intento di valorizzarli. È ciò che accade tra gli altri a Valogno, una frazione di Sessa Aurunca in provincia di Caserta, tornata a nuova vita grazie all'associazione culturale Il risveglio e a “I colori del grigio”, un progetto di recupero urbano autofinanziato. Dora Mesolella e Giovanni Casale sono gli artefici della trasformazione di questo antico borgo medievale, imbarbarito da colate di cemento che ne hanno cancellato l'identità. La coppia ha chiamato a raccolta street artist da tutto il mondo, i quali hanno ricoperto di murales le grigie facciate degli edifici valognesi. Anche in questo caso l’intenzione è di raccontare una storia e far riflettere anche i più distratti grazie alla forza comunicativa dei colori. Oggi a Valogno ci sono 44 murales, tra i quali spiccano i nomi di artisti conosciuti: Alessandra Carloni che ha dedicato i suoi disegni alla famiglia, Salvo Caramagno sull’Unità d’Italia e due opere per gli ipovedenti, una maternità e l’albero della vita, realizzati da Silvio Fusco. Ogni fine settimana Valogno viene visitata da turisti che partecipano alle passeggiate condivise, durante le quali Casale racconta i messaggi celati dietro i murales dell’incontro tra Garibaldi e Vittorio Emanuele II a Teano e di San Michele Arcangelo, situato davanti al “Pensatoio”, uno spuntone di roccia adibita a sedia, dove il viandante stanco può fermarsi a riposare, pensare e lasciarsi inebriare dai colori delle "opere di strada".

Fonte: Maria Eugenia Cadeddu, Istituto per il lessico intellettuale europeo e storia delle idee, e-mail: mariaeugenia.cadeddu@cnr.it

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