Saggi: Dante Alighieri

Il fondatore dell'Unità nazionale

copertina libro
di Sandra Fiore

È il poeta che inventò l'Italia. Ci ha dato una lingua e un senso di appartenenza che racchiude cultura, arte e bellezza, destinato a un ruolo universale perché raccoglie e custodisce l'eredità del mondo classico e della cristianità. Aldo Cazzullo, nel suo “A riveder le stelle” trasforma la Divina Commedia in un romanzo di viaggio. I principali protagonisti danteschi conducono il lettore "a riveder le stelle" attraverso episodi, scenari politici e geografici coevi, che si agganciano all'attualità e alla storia contemporanea. Alessandro Barbero, invece, nel suo "Dante" racconta l'uomo, il letterato e il politico della Firenze medievale

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Sui banchi di scuola siamo stati abituati a leggere la Divina Commedia solo a piccoli brani, che però amiamo richiamare alla memoria quando se ne presenta l'occasione. Se riflettiamo sulla nostra essenza, ci vene in mente la figura dantesca di Ulisse, che esorta i suoi compagni alla curiosità e al viaggio inteso come arricchimento: “Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”; se pensiamo alla persona amata ci conforta il superbo verso “Amor, ch'a nullo amato amar perdona”, del famoso canto di Paolo e Francesca, citato da Venditti a Jovannotti, a Raf. Il motto “Lasciate ogne speranza, voi ch intrate”, è forse il verso più noto della letteratura italiana: gli studenti amano declamarlo prima di entrare in classe e le tifoserie da stadio lo citano sugli striscioni rivolti contro la squadra avversaria.

Dante è entrato insomma nel linguaggio di tutti i giorni, i suoi versi sono patrimonio comune, anche se in pochi hanno letto l'opera completa. Infatti, la quantità di rime, la molteplicità dei personaggi, la complessità del viaggio nell'aldilà, il significato dottrinale dei versi sono elementi che ne rendono ostica la lettura. Tuttavia, quelle terzine di scolastica reminiscenza hanno toccato le corde del nostro animo e sono rimaste indelebili nella memoria.

In un articolo apparso sull'Internazionale ('Perché uno dovrebbe leggere Dante?' del 15 marzo 2015,) Claudio Giunta, saggista e insegnante, nell'analizzare le difficoltà dell'approccio al poema, sottolinea  che “Nella Commedia c'è una dimensione dottrinale, teoretica che nelle altre grandi opere della narrativa premoderna non c'è, e questa dottrina non è qualcosa che si possa separare facilmente dal racconto: perché il racconto non è fine a se stesso come nel 'Roman de la Rose' o nel 'Furioso' o nel 'Don Chisciotte' ma è funzionale a una dimostrazione, mira a istruire e a persuadere piuttosto che a intrattenere. […] non possiamo mai abbandonarci all'ascolto della storia: ogni rappresentazione cela un concetto”.

Nel leggere il saggio “A riveder le stelle” di Aldo Cazzullo (Mondadori), da poco in libreria, si coglie l'obiettivo dell'autore di rispondere a questa difficoltà. Il giornalista, firma de La Repubblica e scrittore, racconta la Divina Commedia come una “romanzo di viaggio”, attraverso l'Inferno, il Purgatorio e il Paradiso, costellato di incontri illustri, scenari politici e geografici, riferimenti storici e mitologici.

Cazzullo è il Virgilio contemporaneo: egli tratteggia il profilo dei personaggi più famosi dell'Italia medievale, richiamando con similitudini figure della storia a noi più prossima, descrive fatti di cronaca di allora agganciandoli all'attualità, evoca paesaggi danteschi per farci conoscere le meraviglie del “Bel Paese”, termine coniato da Alighieri, richiama testi di cantautori e poeti per mostrare l'eternità di fondamentali istanze umane, quali l'amore, l'odio, il dolore, il pentimento, che attraversano l'opera.

La narrazione ha un ritmo incalzante e a grandi passi ci trasporta nella trama. Dall'inizio del viaggio nell'anno 1300 fino al momento in cui Dante, ovvero ognuno di noi, torna a “riveder le stelle” che, commenta Cazzullo: “sono il vero destino dell'uomo, del suo slancio verso l'alto”, dopo un cammino di rinascita. “Interpretare un poema antico di oltre sette secoli alla luce del presente sarebbe sbagliato”, scrive l'autore. “Ma lo sarebbe anche ignorare l'eterna giovinezza della Divina Commedia”. La sua grandezza, come accade per la grande poesia “sta proprio negli echi che è in grado di suscitare attraverso i secoli”. Il giornalista parte dalla premessa che Dante non è solo il padre della lingua italiana, ma anche dell'Italia. Il poeta, infatti, identifica il nostro Paese con la bellezza, l'arte, la cultura racchiuse entro precisi confini geografici, dalla Provenza al Golfo del Quarnaro.

“Se la divina commedia è anche un viaggio in Italia”, è giusto che la prima tappa sia Rimini, luogo del femminicidio più celebre della storia, quello di Francesca da Polenta data in sposa a Gianciotto Malatesta, e amante del cognato Paolo, uccisa per gelosia dal marito. Invece  a Mantova, patria di Virgilio, Dante riserva la più lunga descrizione e “ce la fa vedere prima come su una carta geografica ripercorrendo il corso del Mincio, il fiume che esce dal Lago di Garda e sfocia nel Po”, vicino alla città. L'incontro di Dante con gli avari e i prodighi nel quarto cerchio dell'Inferno, con le opposte correnti di Scilla e Cariddi, offre l'occasione di un excursus sul rischio sismico del nostro Paese, come dimostra il terremoto di Messina del 28 dicembre 1908 che ha mietuto centoventimila vittime.

Il Golfo del Quarnaro “ch'Italia chiude e suoi termini bagna”, riporta alla memoria una pagina dolorosa della nostra storia che riguarda generazioni di irredentisti e poi di esuli, sudditi austriaci negli anni tra l'unificazione e la Grande Guerra. Nelle pagine del saggio si scoprono anche quelle opere d'arte ispirate dai versi del Sommo Poeta: da Dante Gabriel Rossetti, pittore preraffaellita che ritrae Beatrice baciata da un Angelo, allo scultore Auguste Rodin, autore de “La porta dell'inferno”, opera incompiuta, sulla quale lavorò per più di trent'anni fino alla morte. Cazzullo si sofferma sulla figura di Ulisse emblema dell'aspirazione umana alla conoscenza, che ha continuato a ispirare Giovanni Pascoli, James Joyce, Umberto Saba, Stanley Kubrick.

Nel suo recente volume “Dante” (Editori Laterza), Alessandro Barbero, tra i più originali storici italiani, noto al grande pubblico per la sua capacità di divulgare tematiche “accademiche”, cerca di ricostruire le vicende del poeta negli aspetti della vita familiare, intima, quotidiana, politica, economica, con riferimenti a documenti, testimonianze letterarie e un ricco apparato bibliografico. Cosa vuol dire nascere nel XIII secolo a Firenze? “La città dove egli visse fino a 35 anni”, spiega Barbero, “era per l'epoca immensa: coi suoi 100.000 abitanti era una delle più grandi metropoli d'Europa. I suoi mercanti operavano in tutte le città del mondo cristiano e i suoi banchieri gestivano le finanze del papa… i profitti erano vertiginosi… la mobilità sociale importante più di qualsiasi altro luogo”.

Il racconto delinea la condizione di nascita di Dante, figlio di Alighiero che si era arricchito con traffici commerciali, e le linee di parentela del “clan degli Alighieri”, il loro ruolo a Firenze in un'epoca in cui il concetto di nobiltà si legava al prestigio degli antenati e alla ricchezza, elementi di riconoscibilità nel contesto sociale. Altri capitoli sono dedicati agli amori, come l'incontro con Beatrice Portinari, andata in sposa a Simone de' Bardi. Un'emozione infantile, mai sviluppatasi in un rapporto concreto, ma una conoscenza che fu molto importante sul piano interiore per Dante.

Figlio maggiore di un uomo d'affari, si occupava poco di queste mansioni, perché “oltre agli studi in cui si era buttato a capofitto, verso i trent'anni aveva cominciato a partecipare attivamente alla vita politica della sua città”. Si butta nell'agone dove si scontrano fazioni e si attuano vendette; è esiliato e spera per vent'anni di ritornare nella sua città natale, animato dal desiderio di riscattarsi grazie al suo poema. Barbero non racconta la Divina Commedia, ma l'uomo, il letterato e il politico del suo tempo.

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