Focus: Il nuovo lavoro

Nuovi poveri e distanziamento sociale

Turista
di Rita Bugliosi

La crisi economica che ha colpito l'Italia a seguito della pandemia ha inciso in modo e misura differenti nei vari settori lavorativi e nelle diverse aree del Paese. Ricadute molto pesanti si sono avute nella filiera turistica, evidenzia Giampaolo Vitali del Cnr-Ircres, Istituto che ha condotto un'analisi statistica sulle imprese e sugli occupati

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Crescita dei decessi, incremento di problemi psicologici come ansia e depressione, rottura delle relazioni di coppia, aumento del consumo di alcol e droga sono alcuni degli effetti provocati dalla pandemia negli ultimi mesi. Accanto a questi ce n'è un altro non meno preoccupante e le cui conseguenze non avranno durata breve: la crisi economica. Secondo il Fondo monetario internazionale quella provocata dal Coronavirus è una crisi senza precedenti, che ha colpito il mondo intero e che, congiunta alla crisi sanitaria, anch'essa mondiale, rende difficile una ripresa rapida. Una crisi che ha colpito duramente anche il nostro Paese che, in base alle stime dell'Organizzazione mondiale della sanità, è tra gli stati in cui le ricadute economiche sono state maggiori insieme a Spagna, Francia e Regno Unito, e dove, nel 2020, secondo valutazioni della Coldiretti, i nuovi poveri sono saliti a oltre un milione.

“Il Coronavirus ha generato un forte calo del Pil rispetto al 2019, con una conseguente minore disponibilità dei fattori produttivi capitale e lavoro, che si trasforma in nuova disoccupazione e aumento della povertà, che può essere combattuta innanzitutto attraverso la creazione di nuovi posti di lavoro”, spiega Giampaolo Vitali, economista dell'Istituto di ricerca sulla crescita economica sostenibile (Ircres) del Cnr.

Sebbene diffuso a livello nazionale, l'impoverimento presenta però differenze e vede alcuni settori e alcune zone dell'Italia più colpiti. “I settori che anche nella fase della ripresa economica avranno più difficoltà a recuperare il terreno perso e che, quindi, registreranno un minore livello di occupazione e maggiori problemi sociali sono quelli più influenzati dal distanziamento sociale: hotel/turismo, ristorazione, arte/musei, sport, trasporto passeggeri, l'aggregato economico definito 'filiera turistica'”, continua il ricercatore del Cnr-Ircres. “In Istituto abbiamo condotto un'analisi statistica sulle imprese e sugli occupati relativi a questi ambiti, che hanno una distribuzione territoriale differenziata tra le regioni, tra le province e tra i singoli territori comunali: mentre in media queste attività assorbono il 12,8% dell'occupazione totale, in regioni quali la Liguria (23,7%), la Valle d'Aosta (23%), il Trentino (20,4%) e la Sardegna (19,2% ) il peso arriva quasi a raddoppiare”.

Il Cnr-Ircres ha condotto la stessa analisi anche a livello provinciale ed è emerso che le dieci province più colpite - Rimini 25,6%, Grosseto 25,2%, Genova 24,6%, Savona 23,9%, Imperia 23,2%, Sassari 23,1%, Bolzano 23%, Valle d'Aosta 23%, Nuoro 21,3%, Livorno 19,7% - sono quelle meno legate all'industrializzazione e più alla “filiera turistica”, un comparto in cui ormai convivono in modo sinergico arte, sport, enogastronomia e trasporti. “A questa occupazione va aggiunta quella delle imprese dell'indotto della filiera turistica, cioè delle imprese appartenenti a settori economici diversi, che però lavorano direttamente per la filiera turistica. Si tratta generalmente di attività 'labour intensive', che aumentano ulteriormente la dipendenza delle singole realtà locali dalla congiuntura del comparto soggetto al distanziamento sociale”, precisa Vitali.

Queste asimmetrie della situazione dovrebbero essere considerate negli interventi a sostegno dei lavoratori in crisi. “Il modello di incentivi/sussidi generalizzati andrebbe sostituito con quello di incentivi/sussidi mirati a livello di settore e di territorio. Inoltre, la politica economica potrebbe aiutare gli imprenditori soggetti al distanziamento sociale a essere pro-attivi, cioè a modificare il proprio business in relazione ai vincoli che limitano le opportunità della ripresa”, suggerisce l'economista del Cnr. “Per esempio, il settore della ristorazione potrebbe diversificare le proprie attività nel take-away, nel catering a domicilio, nelle scuole di cucina. Stessa 'fantasia imprenditoriale' occorre applicare alle iniziative culturali, ad esempio con i teatri che organizzano spettacoli online in aggiunta a quelli tradizionali, e le guide turistiche che effettuano pre-visite online e visite on-site più rapide rispetto a quelle tradizionali”.

I cambiamenti da apportare alle attività della filiera turistica per permetterle la ripresa presentano però qualche difficoltà. “Le nuove modalità di lavoro devono prendere in considerazione nuovi investimenti da parte degli imprenditori, nuove difficoltà di gestione, minore domanda dei clienti e, in definitiva, minori ricavi per le imprese”, conclude Vitali. “Di fronte a questo scenario, lo Stato e la politica economica hanno il compito di incentivare gli investimenti necessari ad adattarsi al nuovo contesto economico-sociale, consentendo così un generale rafforzamento del 'sistema turistico' nazionale”.

Fonte: Giampaolo Vitali, Istituto di ricerca sulla crescita economica sostenibile, e-mail giampaolo.vitali@ircres.cnr.it

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