Vita Cnr

Il patrimonio culturale è anche sotterraneo

Cave di Matera
di Francesca Gorini

Cinque Istituti di ricerca del Cnr hanno avviato un progetto che classifica le esperienze di utilizzo del sottosuolo per fini antropici e ne valorizza il ruolo storico nello sviluppo delle civiltà meridionali

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C’è un invisibile filo sotterraneo che unisce la Basilicata alla Puglia, è il filo del patrimonio culturale sotterraneo di cui questa zona è ricca: grotte, città e infrastrutture, espressione e testimonianza di esigenze e momenti storici particolari vissuti dalle popolazioni locali. Un patrimonio che ora si tenta di recuperare attraverso il progetto 'Il sottosuolo antropico meridionale’, presentato a Taranto il 15 dicembre: per la prima volta, cinque Istituti di ricerca del Cnr uniscono le competenze in una task force che intende favorire la conoscenza delle più importanti esperienze di utilizzo antropico del sottosuolo nel Meridione.

“L’edificazione in sotterranea ha sempre avuto un ruolo importante nello sviluppo urbano, assolvendo alle funzioni più svariate: luogo in cui professare la religione in tempi di persecuzioni, spazio per infrastrutture volte a veicolare beni e servizi per la collettività, come condotti idraulici e fognature, vie di comunicazione o di fuga”, spiega Roberta Varriale dell’Istituto di studi sulle società del Mediterraneo (Issm) del Cnr. “Nel Sud Italia in particolare, per caratteristiche morfologiche, climatiche e culturali il sottosuolo è sempre stato parte integrante della progettazione urbanistica, talvolta diventando il luogo stesso in cui le città si sono sviluppate. Ne sono un esempio le 'città cavate’, nate per ragioni di difesa e di gestione ottimale delle risorse naturali, oppure le grotte naturali, che rappresentano l’elemento di passaggio dal nomadismo alla vita sedentaria”.

L’evento di Taranto ha fornito l’occasione per illustrare le competenze che il Cnr può mettere a disposizione per la riuscita dell’iniziativa: Vincenzo Lapenna direttore dell’Istituto di metodologie per l’analisi ambientale (Imaa), ha illustrato le metodologie di tomografia geofisica a multisensore per la diagnostica non invasiva del sottosuolo già messe a punto nell’ambito del progetto Smart Cloud Platform and Underground Cities; Gianni Leucci e Dimitris Roubis dell’Istituto per i beni ambientali e monumentali (Ibam) hanno spiegato come integrare geofisica e archeologia del paesaggio; Heleni Porfyriou dell’Istituto per la conservazione e valorizzazione dei beni culturali (Icvbc) ha ricordato l’importanza di recuperare le tradizioni costruttive locali come elemento per valorizzare il contesto urbano; Mario Parise dell’Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica (Irpi) ha puntato l’attenzione sul monitoraggio di rischi e pericoli connessi alle cavità artificiali. 

“La proposta dei cinque Istituti coinvolti mira, attraverso un approccio multidisciplinare, a definire strumenti di conoscenza che permettano alle istituzioni locali di mettere in atto le più opportune politiche di intervento sul territorio”, aggiunge Varriale. “Il piano prevede una classificazione uniforme di tutte le morfologie sotterranee individuate e la successiva creazione di un itinerario del sottosuolo antropico meridionale, ossia un percorso fisico che possa essere integrato nell’offerta turistica e culturale della zona. La recente nomina di Matera a capitale europea della cultura per il 2019 offre un’opportunità unica per valorizzare questo enorme patrimonio culturale”.

Fondamentale è la collaborazione dei centri urbani dell’area; al momento hanno firmato l’accordo di partecipazione le città di Bari (con i comuni di Altamura, Gravina e Monopoli), Matera, Taranto (con i comuni di Ginosa, Grottaglie, Laterza, Massafra, Mottola, Palagianello e Palagiano), Fasano in provincia di Brindisi. “Dalle tracce dei dinosauri e dell’uomo di Neanderthal ai più importanti siti rupestri, alle città sviluppate sotto terra, i turisti potranno scoprire veri e propri tesori sotterranei. Soprattutto, oltre all’aspetto archeologico e paesaggistico, il percorso permetterà di comprendere come l’uomo ha saputo nei secoli sfruttare e gestire le risorse naturali del sottosuolo, con ripercussioni importanti sui temi del dissesto, del rischio geologico e della tutela del territorio: elementi che nel nostro Paese non possono essere trascurati in un’ottica di crescita sostenibile”, conclude la ricercatrice. 

Fonte: Roberta Varriale, Istituto di studi sul Mediterraneo , email varriale@ismed.cnr.i

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