Le malattie croniche infantili sono in aumento nel Sud America: secondo stime recenti, ogni anno circa 100.000 bambini al di sotto dei cinque anni muoiono per patologie legate all’esposizione ambientale a sostanze chimico-fisiche e biologiche particolarmente pericolose. Nuovi disturbi di natura cronica si manifestano, poi, come conseguenza di minacce ambientali relativamente recenti, come la presenza di pesticidi e metalli pesanti dispersi nell’aria e nell’acqua, cattivo smaltimento di rifiuti chimici ed elettronici, sostanze tossiche, amianto e derivati da processi industriali altamente inquinanti.
Uno studio internazionale a cui hanno preso parte Fabrizio Bianchi e Liliana Cori, dell’Unità di epidemiologia ambientale dell’Istituto di fisiologia clinica (Ifc) del Cnr di Pisa, pubblicato su 'Environmental Health Perspectives’, ha analizzato in dettaglio la situazione. “Il profilo delle malattie cambia a seconda del grado di industrializzazione di un paese: se in contesti di sottosviluppo le principali minacce vengono, ad esempio, da acqua contaminata, scarsa igiene o fattori domestici, come la cattiva combustione delle stufe, man mano che l’industria si sviluppa cresce il rischio ambientale derivante da inquinamento outdoor”, afferma Bianchi L’America Latina è una realtà che contempla entrambi gli aspetti. “Negli ultimi anni ha fronteggiato una rapida e spesso incontrollata industrializzazione, accompagnata da un’ampia urbanizzazione. Con oltre il 72% della popolazione che vive nelle città, è il continente maggiormente 'urbanizzato’ al mondo”, prosegue il ricercatore dell’Ifc-Cnr. “L’unione di questi due elementi ha provocato un aumento dei rischi ambientali per l’intera popolazione e in particolare per i più piccoli che sono più suscettibili, come dimostra la crescita di patologie croniche infantili come asma, malattie cardiovascolari, obesità, diabete, disturbi dello sviluppo neurologico, disabilità e difetti neonatali, tumori infantili”.
Delineando i principali fattori di rischio ambientale del continente, pur con evidenti differenze da paese a paese, l’analisi ha messo in luce i settori su cui è prioritario intervenire e ha fornito un importante strumento di politica sanitaria. “Questo studio contribuisce a tracciare una 'roadmap’ che consente di limitare, e in prospettiva eliminare, i rischi per la salute. Metodologia e indicazioni possono essere estesi a tutti i paesi industrializzati, al di là delle specifiche problematiche dell’America del Sud”, conclude Bianchi.
Tra le strategie proposte, la realizzazione di programmi rigorosi di monitoraggio delle malattie infantili condotti su base regionale, lo sviluppo di network collaborativi di ricerca che implementino e promuovano strategie di prevenzione e l’apertura di spazi di confronto tra la comunità scientifica e i decisori, per individuare le politiche ambientali e sanitarie più opportune.
Fonte: Fabrizio Bianchi, Epidemiologia ambientale e registri di patologia, tel. 050/3152100 , email fabrizio.bianchi@ifc.cnr.it