Nanotecnologie: rischi e benefici
Le nanoparticelle ingegnerizzate hanno invaso il nostro mondo: servono studi che ne valutino il reale impatto ambientale e sull’uomo. Un tema su cui sono impegnati due Istituti di ricerca del Cnr: l’Itb con il progetto 'Nanoreg’ e l’Ibim di Palermo, pioniere della 'marine-nano-ecosafety’
Lo sviluppo dell’industria nanotecnologica ha provocato massicce immissioni nell’ambiente di nanoparticelle (un nanometro è l’equivalente di un miliardesimo di metro), delle quali sono ancora poco noti gli effetti sull’ambiente e sulla salute umana.
Il tema è oggetto di una review curata dall’Istituto di tecnologie biomediche (Itb) del Cnr, pubblicata su 'Progress in Neurobiology’. “Sono moltissime le attività umane che rilasciano nell’ambiente particelle 'nano’: dai processi di combustione alle centrali termoelettriche, dall’industria elettronica a quella chimica, dalle applicazioni biomedicali alla produzione di farmaci e cosmetici fino alla medicina, che la usa come mezzo di contrasto per imaging diagnostico o per il trasporto di sostanze all’interno dell’organismo”, spiega Luigi Zecca dell’Itb-Cnr, curatore della review con Francesca Cupaioli, Fabio A. Zucca e Diana Boraschi. “Le dimensioni di queste particelle, comprese fra 1 e 100 nanometri, fanno sì che possano penetrare nel corpo umano attraverso varie vie: pelle, apparato digerente, vie aeree, sangue. Alcune possono attraversare la barriera emato-encefalica e arrivare al tessuto cerebrale: il particolato atmosferico ultrafine, ad esempio, può raggiungere il cervello per inalazione oppure passando dagli alveoli e dal sangue, e provocare neuroinfiammazione e danni cerebrovascolari”.
Oltre alla necessità di effettuare nuovi e più approfonditi studi a livello tossicologico, è importante che la comunità scientifica internazionale metta a punto regolamentazioni specifiche legate all’utilizzo. È questo l’obiettivo di 'Nanoreg’, a cui l’Itb-Cnr partecipa accanto a istituzioni di tutta Europa. “Il progetto mira a fornire metodi e informazioni per definire una regolamentazione unica e condivisa sull’uso sicuro dei nanomateriali. Il Cnr svolge un ruolo importante, mettendo a disposizione i propri esperti nella fabbricazione e caratterizzazione chimico-fisica delle nanoparticelle e nella valutazione della sicurezza biologica” spiega ancora Zecca.
Un discorso analogo vale per l’ambiente marino, che ospita una quantità sempre maggiore di materiali nano, derivanti ad esempio dallo sviluppo di vernici e coatings per uso navale e acquacolture off-shore, residui di prodotti cosmetici (filtri solari), plastiche, scarichi industriali e molto altro ancora. Una volta rilasciate negli oceani, tali sostanze possono raggiungere concentrazioni elevate e non è chiaro quali siano i rischi per l’ambiente e le ripercussioni per la fauna ittica e la qualità delle acque. Su questi temi è particolarmente impegnato l’Istituto di biomedicina e immunologia molecolare 'A. Monroy’ (Ibim) del Cnr di Palermo, che ha curato la review recentemente pubblicata sulla rivista internazionale 'Acs Nano’.
“A oggi la gran parte degli studi sono concentrati sui nanomateriali presenti nell’aria e nel suolo, mentre scarsa attenzione è dedicata a quelli della 'marine-nano-ecosafety’, che possono essere ancora più rilevanti”, afferma Valeria Matranga, coordinatrice del gruppo di ricerca dell’Ibim-Cnr dedicato a stress cellulare e ambiente. “Esperienze recenti attestano, ad esempio, che in acqua salata la solubilità delle particelle cambia rispetto a laghi e fiumi: il sale tende ad aggregare anziché a disperdere, provocando la formazione di agglomerati dagli effetti ancora sconosciuti. Alcune delle ricerche presentate hanno riguardato la permeabilità di alcuni elementi verso pesci e organismi marini, con evidenti ripercussioni anche su quanto, dal mare, arriva sulle nostre tavole”.
Da qui la necessità di orientare la ricerca verso una maggiore attenzione agli aspetti della sicurezza ambientale (safety), anche per individuare soluzioni sostenibili ed efficaci di utilizzo dei nanomateriali. “È importante che la comunità scientifica lavori alla realizzazione di un quadro normativo che oggi ancora non esiste. Come Ibim portiamo avanti questa attività anche attraverso il cluster 'NanoSafety-Marine Ecotox Focus Group’ della Commissione Europea, di cui siamo coordinatori con l’Università di Siena, nella persona di Ilaria Corsi”.
Fonte: Valeria Matranga, Istituto di biomedicina e di immunologia molecolare "Alberto Monroy", Palermo, email: direzione@itb.cnr.it